Durante i primi trent’anni del ventesimo secolo, la marchesa Luisa Casati fu la protagonista delle scene mondane internazionali, promotrice delle arti e regina della Belle Époque.
Raffinata, stravagante ed egocentrica, Luisa Casati si pose come obiettivo quello di trasformare il suo corpo in opera d’arte e ben presto il suo obiettivo divenne un’ossessione. Supportata dalle sue ricchezze economiche diventò mecenate, scopritrice di talenti e Musa per i maggiori artisti europei degli anni Venti e Trenta del Novecento.
Luisa Adele Rosa Maria Amman, nacque a Milano il 23 gennaio 1881, secondogenita del ricco produttore cotoniero Alberto Amman e di Lucia Bressi, in poco tempo divenne l’ereditiera più ricca d’Italia.
A 19 anni sposò il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, nobile milanese di antico lignaggio e nel 1901 diede alla luce la sua unica figlia, Cristina.
Il richiamo alla mondanità la rese insofferente al ruolo di madre e moglie, così pochi anni dopo la nascita della primogenita, la coppia decise di condurre due vite separate. Fu la sua relazione con Gabriele D’Annunzio a darle la spinta necessaria per iniziare a essere se stessa.
La Marchesa e lo scrittore si incontrarono per la prima nel 1903 durante una battuta di caccia e lo scrittore ne rimase perdutamente innamorato. A partire da questo incontro la Marchesa cambiò il suo look: tinse i suoi capelli di un acceso rosso fuoco, iniziò a usare la cipria per rendere più pallido il suo incarnato e marcò i suoi grandi occhi verdi con del trucco nero.
Costruì la sua immagine ispirandosi alla Principessa Cristina di Belgioioso da cui prende il nome per la sua primogenita e dalla quale eredita il trucco macabro e l’interesse per l’occulto, a Sarah Bernardt con i suoi capelli rosso brillante e alla Contessa di Castiglione, superba costruttrice. Nel 1910, su consiglio di D’Annunzio, si trasferì a Venezia dove scelse come sua dimora Palazzo Venier dei Leoni; da quel momento Venezia divenne il grande palcoscenico dove cominciò a prendere vita il mito della Casati come incarnazione della femme fatale.
Nella sua nuova casa la Marchesa accolse numerosi animali esotici come una boa, che amava indossare intorno al collo durante le sue passeggiate, ma anche pavoni bianchi addestrati a rimanere nelle vicinanze delle finestre per essere ammirati dal Canal Grande.
Le sue stranezze divennero in poco tempo leggenda: le sue passeggiate di notte nuda per Piazza San Marco con al guinzaglio il suo ghepardo e le sue favolose feste che vedevano Piazza San Marco come la sua personale sala da ballo, divennero tra gli eventi più chiacchierati dell’alta società.
La Marchesa voleva stupire a ogni costo e in poco tempo gli artisti divennero adulatori della sua immagine. A partire dal 1908 affidò a Giovanni Boldini il compito di ritrarre la sua bellezza e al contempo i due iniziarono una storia d’amore che continuò per molti anni.
Di questa collaborazione rimangono: “ritratto della marchesa Luisa Casati con levriero” del 1908 e “ritratto della Marchesa Luisa Casati” del 1914. In entrambi i ritratti Boldini riesce a rappresentare al meglio l’energia, l’eleganza, lo sfarzo e la forza magnetica della marchesa. Nel primo dipinto la Casati è ritratta in un lungo abito nero, che rende sinuosa la sua figura e quasi si confonde con il manto nero del suo levriero, di cui spicca un brillante collare di diamanti.
Nel ritratto del 1914, la marchesa è invece rappresentata seduta e protesa in avanti, spiccano sullo sfondo scuro i suoi iconici capelli rossi adornati da piume di pavone, l’incarnato pallido e le labbra rosse. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale terminò la Belle Époque, ma la marchesa trovò il modo di reinventarsi avvicinandosi al movimento Futurista e diventandone la musa.
Frequentò e acquistò opere di Marinetti, Carrà, Boccioni, Depero e Balla, quest’ultimo creò per lei la scultura dal titolo “la marchesa Casati con il cuore di mica e gli occhi di legno”.
Anche Man Ray rimase colpito dal magnetismo della marchesa e nel 1922 ne realizzò un ritratto fotografico. A causa di un errore fotografico Luisa Casati venne rappresentata con quattro occhi; un dettaglio che mortificò Man Ray, ma che al contrario affascinò la marchesa che per la prima volta si sentì rappresentata nell’anima.
Dalla foto spiccano i suoi inquietanti occhi truccati di nero, gli stessi che colpirono così profondamente Boldini durante il suo primo incontro con la Casati.
Nel 1923 la marchesa si trasferì a Parigi, dove acquistò il Palais Rose, visse poi a Capri e successivamente si trasferì a Londra dalla figlia Cristina. A cinquant’anni si ritrovò sommersa di debiti, il suo stile di vita estremo, il collezionismo e il finanziamento di opere d’arte la ridussero al lastrico.
Morì in povertà, ma ancora ad oggi rimane una leggenda.
La nipote scelse per lei il suo epitaffio: “L’età non può appassirla, né l’abitudine rendere insipida la sua varietà infinita”.