L’assenza di gravità o la microgravità rappresentano certamente un elemento di non poco valore nel futuro dell’umanità proiettata verso lo spazio interstellare e verso altri mondi. Non è una sorta di mantra come quello che faceva da motivo conduttore della serie tv Star Trek, ma sicuramente un obiettivo di medio e lungo termine per quella che potrà essere la vita dell’umanità nel cosmo. Se questo pensiero lo raffrontiamo con le condizioni attuali del mondo, con le guerre, le divisioni e il loro corollario tutto può sembrare utopico, futuribile e tutto sommato lontano dalle nostre esigenze concrete.
Un concetto certamente comprensibile ma come le grandi scoperte scientifiche e tecniche del passato anche recente dimostrano, il cammino della conoscenza procede comunque anche nelle travagliate vicende umane, ora lentamente ora con improvvise accelerazioni. E oggi noi viviamo a contatto con strumenti un tempo non lontano impensabili ma oggi considerati necessari al miglioramento della vita del globo.
È in questa chiave che possiamo descrivere l’esperimento condotto dall’agosto scorso con il lancio diretto alla Stazione Spaziale Internazionale di quello che è stato chiamato ZePrion, esperimento che avrà il compito di confermare il meccanismo molecolare alla base di un innovativo protocollo farmaceutico per contrastare le malattie da prioni.
Un’idea e un’iniziativa sviluppata da un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui le scienziate e gli scienziati italiani delle università di Milano-Bicocca e Trento, della Fondazione Telethon, dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ibba). Obiettivo quello di testare possibili ricadute importanti anche per altre malattie. Se i risultati conclusivi dovessero confermare l’idea di partenza, si potrebbe giungere alla validazione del meccanismo di funzionamento di un protocollo del tutto innovativo per lo sviluppo di nuovi farmaci contro gravi malattie neurodegenerative e non solo. Secondo quanto apparso in un comunicato dei gruppi interessati, la collaborazione internazionale ha permesso di coinvolgere diversi istituti accademici e l’azienda israeliana SpacePharma. Tutto è decollato con la missione spaziale robotica di rifornimento NG-19 dalla base di Wallops Island, in Virginia (USA).
Alla base della decisione di testare le condizioni spaziali, ZePrion si propone di sfruttare le condizioni di microgravità presenti in orbita per verificare la possibilità di indurre la distruzione di specifiche proteine nella cellula, interferendo con il loro naturale meccanismo di ripiegamento (noto agli scienziati come folding proteico).
Il successo dell’esperimento ZePrion fornirebbe un possibile modo per confermare il meccanismo molecolare alla base di una nuova tecnologia di ricerca farmacologica denominata Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting (PPI-FIT), sviluppata da due ricercatori delle Università Milano-Bicocca e di Trento e dell’INFN.
L’approccio PPI-FIT - si legge nei documenti diffusi - si basa sull’identificazione di piccole molecole (dette ligandi), in grado di unirsi alla proteina che costituisce il bersaglio farmacologico durante il suo processo di ripiegamento spontaneo, evitando così che questa raggiunga la sua forma finale.
“La capacità di bloccare il ripiegamento di specifiche proteine coinvolte in processi patologici apre la strada allo sviluppo di nuove terapie per malattie attualmente incurabili”, sottolinea Pietro Faccioli, professore dell’Università Milano-Bicocca, ricercatore dell’INFN, coordinatore dell’esperimento e co-inventore della tecnologia PPI-FIT. Un tassello finora mancante per la validazione della tecnologia è la possibilità di ottenere un’immagine ad alta risoluzione del legame tra le piccole molecole terapeutiche e le forme intermedie delle proteine bersaglio (quelle che si manifestano durante il ripiegamento), in grado di confermare in maniera definitiva l’interruzione del processo di ripiegamento stesso.
Ma perché andare nello spazio e in assenza di gravità? In genere, questo tipo di immagine viene ottenuta analizzando con una tecnica chiamata cristallografia a raggi X cristalli formati dal complesso ligando-proteina. Nel caso degli intermedi proteici, però, gli esperimenti necessari non sono realizzabili all’interno dei laboratori sulla Terra, in quanto la gravità genera effetti che interferiscono con la formazione dei cristalli dei corpuscoli composti da ligando e proteina, quando questa non abbia ancora raggiunto la sua forma definitiva. Ecco perché ricercatrici e i ricercatori della collaborazione ZePrion hanno pensato di sfruttare la condizione di microgravità che la Stazione Spaziale Internazionale mette a disposizione.
“Esiste infatti chiara evidenza che la microgravità presente in orbita fornisca condizioni ideali per la creazione di cristalli di proteine”, come descritto da Emiliano Biasini, biochimico dell’Università di Trento e altro co-inventore di PPI-FIT, “ma nessun esperimento ha provato fino ad ora a generare cristalli di complessi proteina-ligando in cui la proteina non si trovi in uno stato definitivo”. Esattamente l’obiettivo scientifico di ZePrion. In particolare lavorando sulla proteina prionica, balzata tristemente agli onori della cronaca negli anni Novanta durante la crisi del ‘morbo della mucca pazza’.
Una malattia, questa, causata da una forma alterata della proteina prionica chiamata prione, coinvolta in gravi malattie neurodegenerative dette appunto ‘da prioni’ tra le quali la malattia di Creutzfeld-Jakob o l’insonnia fatale familiare. Di particolare importanza secondo Biasini, il sostegno di Fondazione Telethon, che da sempre supporta le ricerche per individuare nuove terapie contro queste malattie.
“Abbiamo l’opportunità di validare il meccanismo di funzionamento della tecnologia PPI-FIT, che potrebbe rappresentare veramente un punto di svolta in questo settore”. In buona sostanza, in orbita vengono generati cristalli formati da complessi tra una piccola molecola e una forma intermedia della proteina prionica, che in condizioni di gravità ‘normale’ non sarebbero stabili. Questi cristalli potranno poi essere analizzati utilizzando la radiazione X prodotta con acceleratori di particelle, per fornire una fotografia tridimensionale del complesso con un dettaglio di risoluzione atomico. Campioni non cristallini ottenuti alla SSI verranno inoltre analizzati per Cryo-microscopia Elettronica di trasmissione (Cryo/EM)”.
ZePrion si compone di un vero e proprio laboratorio biochimico in miniatura (lab-in-a-box) realizzato da SpacePharma, che opera a bordo della Stazione Spaziale Internazionale e verrà controllato da remoto. Oltre alla componente italiana, la collaborazione ZePrion si avvale della partecipazione delle scienziate e degli scienziati dell’Università di Santiago di Compostela.
Per tentare di avvicinarci alla comprensione basilare ricordiamo che la forza di gravità è la forza di attrazione che si esercita tra due oggetti dotati di massa; è una forza, di cui possiamo percepire gli effetti solo se almeno uno dei corpi ha una massa molto grande, paragonabile a quella della Luna, dei pianeti o del Sole. Grazie ad essa la Terra attira a sé tutti i corpi che si trovano sulla sua superficie. In realtà anche i corpi attirano la Terra, ma il loro effetto è sempre trascurabile a causa della enorme differenza di massa.
Dunque la microgravità potremmo comprenderla come una quasi assenza di questa forze così importante che come si ricorda storicamente ed un po’ fantasticamente venne intuita da Isacco Newton con la caduta dall’albero al suolo della famosa mela. Non è facile avere con chiarezza quel che accade e trasferirne la sensazione, come anche capire l’immediato vantaggio per l’uomo, ma certamente sapere che la ricerca scientifica si occupa sempre più dell’infinitamente piccolo e di quel che accade intorno a noi alle prese con malattie spesso difficili da comprendere non può che rassicurarci o comunque sollevarci un pochino il morale, almeno guardando al futuro. Ovvero a quel domani che dall’alba della vita sulla Terra costituisce senza dubbio una molla mai ferma nel cammino intricato e difficile che l’uomo porta avanti per arrivare a comprendere il più possibile del mondo nel quale la vita e le sue manifestazioni ci circondano!