Dopo gli amati spettacoli L’asino albino (2004), Angelica (2005), Primi passi sulla Luna (2007), Esercizi di rianimazione (2012) che ogni tanto si ha la fortuna di rincontrare, Andrea Cosentino è ora sulle scene di tutta Italia con il nuovo spettacolo Not here, Not now, con la regia di Andrea Virgilio Franceschi: esilarante incontro e confronto tra teatro e performance, sorto dall’esperienza diretta del Metodo Abramovic presso il PAC di Milano.
Per gli spettatori novizi Cosentino sarà una vera e propria epifania: formatosi alla scuola di teatro mimico e gestuale di Philippe Gaulier e Monika Pagneaux di Parigi, è stato per anni autore e unico interprete dei propri spettacoli. Il suo teatro, ormai garanzia per gli affezionati, si distingue per la complessa costruzione della pièce: abilissimo intreccio di trame dalla comicità colta e orditi popolari, riflessioni attente e acute stemperate con maestria in un intrattenimento universalmente fruibile.
In questo ultimo spettacolo Cosentino si appropria delle operazioni della celebre artista serba rivisitandole, confrontandosi con i suoi stessi strumenti, oltrepassando la scena per immettersi nel mondo dell’esperienza (Here and now) rivendicato dalla contemporaneità dell’arte, poichè “L’arte è vita, il teatro è finzione” o, come dice l’Abramovic stessa “In teatro il coltello è finto e il sangue è ketchup, mentre nell’arte performativa il coltello è un vero coltello e il ketchup è sangue”.
Qui e ora dunque, carne, sangue - ed esperienza: il teatro è sminuito dalla naturalezza dei performer che non hanno più nessuno da interpretare se non se stessi. Ma nella teatralità ostentata del gesto giace il paradosso di cui Cosentino si appropria per realizzare video ridicolizzanti, curati da Tommaso Abatescianni, talvolta ritracciando ironicamente e talvolta ideando ex-novo esilaranti performance d’artista. E con l’irruzione del video in scena, e dunque della performance, l’attore scompare: d’altronde, quando si esperisce la vita che bisogno c’è della scena? Ma dove risiede il limite invisibile?
In un teatro di esperienze rivisitate, Cosentino si interroga sul ruolo dell’artista contemporaneo immedesimandosi in esso, fino a una dicotomia aporetica rarefazione/affermazione: “Più scompare l'arte, più appare l'artista”. Rimane una firma dunque, (quella dell’Abramovic, scritta a penna su migliaia di certificati di partecipazione alla performance) e, talvolta, l’attore-drammaturgo. Cosentino difatti, pur sporgendosi con curiosità nell’esplorazione dell’altro, detiene la capacità di condurre una multinarrazione, mantentendo intatta, su almeno un livello, la propria identità: solida sul concetto di una rappresentazione di se stesso attraverso le proprie vicende (vere o no poco importa), in quel disordine che Artaud definisce come oscillazione tra la “disponibilità” di abbandono al ruolo, allo spettro dell’altro che abita il comédien, e il “controllo” di sé.
Nell’intreccio caratteristico del suo teatro, Cosentino riserva sempre un momento in cui non solo abbandona l’interpretazione dell’altro ma sfonda la quarta parete per svelarci le complesse dinamiche di costruzione della pièce: ciò che in linguaggio cinematografico potremmo paragonare allo sguardo in macchina. Il fuoriuscire dalla rappresentazione è sempre spiazzante e palesa nello spettatore il suo sincero seppur vigile attaccamento alla messa in scena: sappiamo che Cosentino interpreta un personaggio e consapevolmente accettiamo il nuovo codice. Ma nell’istante in cui l’attore dismette il ruolo come fosse una parrucca, ci risvegliamo dal sogno cosciente, spiazzati e paradossalmente stupiti da noi stessi per averci creduto.
Ed ecco dunque che nello scacco il teatro si rende inevitabilmente partecipativo, qui e ora, in un’azione “performativa” che coinvolge il pubblico in un attivo sforzo mentale d’immaginazione e ricostruzione costanti. Nel disordine cosentiniano costellato da molteplici personaggi/fantasmi che abitano l’attore o che si riproducono all’esterno mediante l’utilizzo di uno smatphone, si articola dunque una complessa conversazione sullo statuto dell’Arte, dell’artista e del loro rapporto con il marketing: l’incolmabilità del quesito è propria della contemporaneità dell’Arte e Cosentino non avanza nessuna pretesa di esaustività.
Come lui stesso afferma - “faccio spettacoli su ciò che non capisco”- e Not here, Not Now è un riuscito tentativo d’enfasi sui paradossi e le falle più noti dell’arte performativa autoproclamata, che depenna il concetto di rappresentazione a favore dell’esperire autentico. Cosentino, attraverso il suo acuto e sempre brillante flusso di considerazioni e fantasmi, sembra vincere questo personale duello con la performance, pugnalandosi, protetto dalla finzione della scena, in un mare di ketchup.
Prossimi appuntamenti:
Roma: Dall'11 al 17 Marzo, Teatro Tordinona (Primi passi sulla luna)
Napoli: 23 Marzo (Primi passi sulla luna)
Tagliacozzo (AQ): 5 Aprile (Primi passi sulla luna)
Not here, Not Now
di e con Andrea Cosentino
Regia: Andrea Virgilio Franceschi
Video: Tommaso Abatescianni
Produzione: Pierfrancesco Pisani
In coproduzione con Fondazione Campania dei Festival E45 Napoli Fringe Festival, con la collaborazione di Litta_Produzioni, Associazione Olinda, Infinito srl, Teatro Forsennato e con il sostegno del progetto Perdutamente del Teatro di Roma.