“Onore” e “disonore”, i pilastri della società patriarcale di fine anni ’60 nel sud Italia, due semplici parole dietro le quali si nascondevano storie di violenze, imposizioni, rapimenti e matrimoni riparatori.
La storia di Franca Viola fu destinata a cambiare radicalmente il corso degli eventi sociali che prima di allora erano ritenuti prassi ineludibile. La certezza che rapendo una giovane donna si potesse lederne l’onore e che il carnefice sarebbe stato l’unico con il potere di risanarlo, attraverso un matrimonio riparatore, induceva infatti i malintenzionati ad approfittare delle convenzioni sociali per i propri fini. Oltretutto, anche la legge italiana attraverso l’art. 544 del Codice penale legalizzava questa prassi nei casi di violenza sessuale, reati definiti “contro la morale” secondo la legislazione del tempo, a cui si poteva rimediare contraendo matrimonio tra l’accusato e la parte offesa.
Franca Viola è il nome della donna straordinaria la cui determinazione e forza portarono alla modifica del reato di violenza sessuale da reato contro la morale a reato contro la persona. Una vicenda dura ma dai risvolti storici in cui ruolo fondamentale fu quello giocato dalla giovane, irremovibile sul non voler sposare il proprio carnefice, ma anche e soprattutto quello della famiglia, che per la prima volta in una società schiava del giudizio dell’opinione pubblica, rifiutò la proposta del matrimonio riparatore e si batté con tutte le proprie forze a far pagare i colpevoli.
La storia
La vicenda che coinvolse la famiglia Viola ebbe luogo ad Alcamo, un paese della provincia di Trapani che si estende dal mare della costa occidentale dell’isola siciliana e si inoltra nelle campagne dell’entroterra.
La giovane Franca, figlia di coltivatori, all’età di 15 anni viene autorizzata dalla famiglia a fidanzarsi con Filippo Melodia, di famiglia benestante e legato dalla parentela con il boss mafioso Vincenzo Rimi.
Un fidanzamento quello tra Franca e Filippo ovviamente destinato al matrimonio, così come prevedevano le consuetudini dell’epoca, se non fosse che Melodia venne arrestato per diverse vicende in cui venne coinvolto a livello giuridico e che portarono allo scioglimento del fidanzamento.
La scelta, condivisa tra il padre Bernardo Viola e la giovane Franca, portò con sé diverse ripercussioni, tra cui atti vessatori da parte dello stesso Filippo Melodia che non accettò la rottura del fidanzamento e si ostinò nel terrorizzarli con ripetute minacce, alle quali però la famiglia di Franca non diede seguito.
Il 26 dicembre del 1965 Franca, appena diciottenne, venne prelevata con la forza da casa e rapita da un gruppo di dodici uomini capitanati da Filippo Melodia, i quali distruggendo la casa della famiglia Viola e aggredendo la madre portarono via la giovane.
Insieme a lei venne portato via anche il piccolo fratellino di 8 anni, il quale venne poi rilasciato poco dopo. Per Franca però non fu lo stesso, venne portata contro il suo volere in un capannone nelle campagne di Alcamo, dove venne violentata, picchiata e segregata per otto giorni per poi essere trasferita a casa della sorella di Filippo Melodia.
Il 1° gennaio 1966, il padre Bernardo fu contattato dai parenti di Melodia per mettere la famiglia di fronte al fatto che Franca essendo stata coinvolta in questa “fuitina” forzata fosse ormai compromessa, così come il suo onore. Questo tipo di incontro, in realtà, fungeva da colloquio che avrebbe dovuto suggellare il patto di matrimonio riparatore, consentendo non solo il riscatto di Franca, ma anche evitando il carcere a Filippo.
Questo atto risolutivo, che oggi potrebbe sembrare lontano anni luce dalla logica odierna, in realtà sarebbe stato possibile e del tutto legale in funzione dell’ articolo 544 del Codice penale, il quale recitava: "Per i delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530 (corruzione di minore), il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali".
Quanto stabilito dalla legge permetteva il perpetrarsi della violenza subita dalla vittima che, anche in ultima istanza, veniva praticamente costretta a sposare il proprio aggressore contro il proprio volere, molto spesso perché purtroppo la vittima si ritrovava da sola, abbandonata anche dalla famiglia che premeva per il matrimonio a difesa dell’onore.
Questo per fortuna nel caso di Franca Viola non avvenne. Infatti, il padre e la madre collaborarono con la polizia, fingendo di accettare le nozze riparatrici. Il giorno successivo, 2 gennaio 1966, la polizia fece irruzione nell'abitazione in cui la giovane era ancora detenuta, liberandola ed arrestando Filippo Melodia insieme ai suoi complici.
Le conseguenze
Secondo la morale del tempo, una ragazza coinvolta in questo tipo di vicende avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo stupratore per rimediare al torto subito, ed essendo la violenza sessuale un reato contro la morale e non contro la persona, la ragazza coinvolta sarebbe rimasta “svergognata” e non sarebbe stata presa in considerazione per nessun altro matrimonio, destinandola a rimanere nubile e, cosa peggiore, additata dall’opinione pubblica a vita.
Il caso sollevò in Italia diverse polemiche divenendo oggetto di diverse discussioni sul tema. Tutto il Paese si interessò alla vicenda disquisendo sulla legge vigente e sulla poca tutela delle donne in casi come questi, anche in parlamento la questione trovò larga discussione.
Il processo avvenne all’incirca un anno dopo. In aula Melodia accusò Franca, minimizzando l’accaduto e screditandola agli occhi della corte. Inoltre, l’accusa si impuntò nel dimostrare che in un primo momento la ragazza fosse consenziente, al fine di dimostrare che fosse solo una “fuitina” programmata tra i due ragazzi. L’arringa, del tutto falsa, non convinse i giudici. Melodia fu infine condannato nel dicembre del 1966 a 11 anni di carcere, ridotti il 10 luglio 1967 a seguito del processo di appello a Palermo a 10 anni, con l'aggiunta di 2 anni di soggiorno obbligato a Modena. La sentenza fu confermata in Cassazione nel maggio 1969. La Cassazione condannò inoltre i complici di Melodia a 5 anni e 2 mesi ciascuno.
L'articolo 544 del Codice penale, nominata “causa speciale di estinzione del reato” che vedeva il matrimonio come riparazione allo stupro, verrà in seguito abrogata con la legge 442, promulgata il 5 agosto 1981, a distanza di sedici anni dagli accaduti di Alcamo che coinvolsero Franca Viola. Questo portò finalmente nel 1996 a inquadrare lo stupro come reato compiuto contro la persona e non “contro la morale”.
Dopo la battaglia condotta a tutela dei suoi diritti e dei diritti di tutte le donne, nel 1968 Franca Viola si sposa con un giovane compaesano e amico d'infanzia, Giuseppe Ruisi. Come una donna libera scelse di amare e legarsi all’uomo che aveva scelto. Il Presidente della Repubblica Italiana, Giuseppe Saragat, inviò alla coppia un dono di nozze per manifestare a Franca Viola la solidarietà e la simpatia sua e degli italiani. In quello stesso anno i due sposi furono ricevuti anche dal papa Paolo VI in udienza privata.
Il suo gesto e la sua caparbietà hanno sollecitato l’Italia a numerosi cambiamenti e enormi passi avanti soprattutto per le donne, ecco perché ancora oggi Franca Viola rimane un simbolo femminile di coraggio. L'8 marzo 2014, Franca Viola è stata insignita al Quirinale dell'onorificenza di Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente della repubblica Giorgio Napolitano, "Per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore - si legge - che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell'emancipazione delle donne nel nostro Paese".