La storia di un artista eclettico che non fu solo pittore, ma anche incisore, illustratore, disegnatore di abiti di moda e di tessuti.
Le sale di Palazzo Cipolla a Roma hanno ospitato la più grande mostra italiana del pittore Raoul Dufy, uno dei grandi maestri dell’arte moderna, con una selezione di dipinti, xilografie, tessuti e ceramiche, che mettono in risalto gli elementi chiave dello stile del pittore francese.
Il percorso ha voluto raccontare l’evoluzione stilistica dell’artista, ripercorrendo le tappe della sua vita, caratterizzata da un desiderio di modernità che adotta non solo nella pittura, ma anche in tutte le altre arti visive e decorative, rendendolo un personaggio affascinante e poliedrico.
Raoul Dufy nacque nel 1877 a Le Havre, una città portuale in Francia. Sin da adolescente, si appassiona al mondo dell’arte e decide di studiare all'École des Beaux-Arts, dove viene a contatto con artisti del calibro di George Braque e Claude Monet. Si avvicina all'impressionismo, il movimento artistico che puntava a catturare le fuggevoli “impressioni” della vita quotidiana. Durante il suo primo periodo artistico, Dufy utilizzò soprattutto l'acquerello, e si ispirò ai paesaggi normanni e ai paesaggi marini da dove proveniva, lavorando sulla luce e sulla brillantezza dei colori.
Riguardo al mare il pittore disse che l’artista: “ha un bisogno costante di avere, davanti agli occhi, un certo tipo di luce, una qualità scintillante, una carezza aerea che bagna ciò che vede".
I colori sgargianti e le forme definite, sono stati i protagonisti indiscussi di questa esposizione, che lo hanno fatto conoscere come pittore della gioia, proprio per la vivacità e l’intensità delle sue opere.
La mostra è stata suddivisa in diverse sezioni, partendo dalle tele contaminate dall’ispirazione post-impressionista, in particolare dalle opere di Cezanne, che gli trasmette l’amore per le geometrie e per la creazione di forme attraverso l’utilizzo di colori e volumi intensi. Difatti dopo essere stato ammesso all’École nationale supérieure des Beaux-Arts, si trasferisce a Parigi ed entra nel Salone degli Indipendenti di Cézanne, Guaguin ed Henri de Toulouse-Lautrec.
Questo allontanamento, si evince in particolar modo nelle nature morte, un genere pittorico che permette l’indagine approfondita dell’arte come riscoperta della realtà e delle emozioni, un chiaro sintomo di allontanamento dall’impressionismo che, all’inizio della sua carriera, lo aveva sedotto.
La sua ispirazione deriva da ogni stimolo esterno che la società moderna gli offre: bagnanti, corse con i cavalli, paesaggi e il divertimento mondano.
Intorno al 1910, Dufy si avvicina alla xilografia, dalla quale derivano le illustrazioni su stoffa, come nel caso della copertina in tessuto della raccolta Bestiaire dello scrittore Apollinaire. Collabora appassionatamente anche con il grande couturier Paul Poiret, nella realizzazione di stampe e bozzetti a tema floreale ed esotico. Accomunati dal gusto per la decorazione e la sperimentazione di tecniche diverse sui tessuti, tra i due nasce un rapporto di amicizia e collaborazione, che confluisce nella creazione di una nuova tecnica di stampa per stoffa che gli permette di trasferire su tessuto gli elementi tipici della sua pittura come le tinte brillanti e i contrasti stridenti.
A chiudere la retrospettiva l’opera La Fée Electricité (La Fata Elettricità), uno dei dipinti più grandi al mondo, di una lunghezza complessiva di 6 metri e composto da 250 pannelli. L’opera gli era stata commissionatogli dalla Compagnie Parisienne de Distribution d’Électricité per essere esposta nel Padiglione dell’elettricità all’Esposizione Internazionale del 1937 a Parigi.
La versatilità di questo artista è sorprendente e crea una continua commistione tra le arti visive e decorative, abituando il pubblico ad un nuovo gusto, fatto di vivacità e leggerezza, e ponendo le basi del dinamismo, proprio delle correnti che lo seguiranno.