Innanzitutto, il termine “autostima” deriva dal latino aestimare, ovvero “determinare il valore di” qualcosa o qualcuno. Perciò, avere autostima significa dare a sé stessi un valore sulla base della percezione che si ha della propria persona.

L'autostima si costruisce in modo graduale sin dall’infanzia, momento della vita in cui ogni individuo inizia ad ottenere reazioni e rimandi da parte dell’ambiente in cui è inserito e da coloro che lo circondano, a partire dalla propria famiglia che rappresenta la prima agenzia educativa di riferimento nella vita.

Non preoccuparti se gli altri non ti apprezzano, preoccupati se tu non apprezzi te stesso.

(Confucio)

Vi sono due livelli di autostima: alto e basso.

Per quanto concerne il basso livello di autostima, può esprimersi in due modi differenti: -Sottovalutazione di sé stessi: l’individuo si concentra in modo particolare sui suoi difetti, fisici o caratteriali. -Sopravvalutazione di sé stessi: l’individuo si concentra soprattutto sui suoi pregi, fisici o caratteriali. Come può, quindi, una famiglia aiutare il proprio bambino a sviluppare una buona autostima?

Affinché il piccolo possa sviluppare un livello alto di autostima tale da consentirgli di raggiungere gradualmente i suoi traguardi in termini di autonomia, di affrontare difficoltà e frustrazioni con un atteggiamento positivo vivendole come opportunità di crescita e non come un qualcosa che fa paura, i genitori o le sue figure di riferimento (caregiver), potrebbero attuare alcuni dei seguenti comportamenti:

  • Amarlo in modo completo e senza riserve: ovvero accettarlo esattamente per quello che lui è, a prescindere dai suoi comportamenti e dai risultati che ottiene in ciò che fa. Dimostrargli, quindi, affetto e stima utilizzando il linguaggio verbale ma anche con il contatto fisico, quindi abbracciandolo spesso.

  • Stabilire poche ma chiare regole che siano ferme e gestibili dal bambino: sulla base dell’età del piccolo, le regole dovrebbero risultare per lui facilmente chiare da comprendere e da attuare. Quindi, è necessario utilizzare poche parole seguite dall’azione concreta rappresentante la regola stabilita. Ad esempio: “Quando si entra in casa, si tolgono le scarpe e si posano nella scarpiera” seguita dall’azione concreta di quanto appena affermato. Ancor meglio se la regola viene attuata quotidianamente da tutti coloro che compongono il nucleo familiare. Essa verrebbe interiorizzata dal bambino in tempi più ristretti.

  • Dedicargli tempo di qualità: il bambino non ha necessità che il genitore gli presti costantemente attenzioni e che annulli sé stesso, le sue esigenze e le sue attività personali e di lavoro per dedicarsi a lui. Egli ha bisogno che le sue figure di riferimento gli donino tempo di qualità. Un esempio potrebbe essere una lettura insieme di una favola o di qualche pagina del libro preferito ogni sera prima di addormentarsi; di una merenda insieme in cui scambiare due chiacchiere guardandosi negli occhi e privi di distrazioni quali smartphone, TV ecc., un pomeriggio al parco. Momenti, quindi, in cui il bambino abbia la possibilità di sentire che è amato e che i suoi caregiver sono interessati a lui, al suo benessere, alle sue esigenze anche dal punto di vista emotivo. Alla sua felicità.

  • Lasciare che sperimenti cose nuove e mettere in conto che possa sbagliare: Il bambino, affinché possa diventare un futuro adulto con una buona autostima e pronto ad affrontare ostacoli ed eventi anche traumatici con resilienza e atteggiamento positivo, dovrebbe essere posto nelle condizioni di sperimentare, di esplorare, di conoscere nuovi oggetti, nuovi cibi, nuove persone. Il caregiver dovrebbe porsi in una posizione di attenzione e di aiuto solo nel momento in cui si rende conto che può esserci un pericolo per l’incolumità del piccolo o quando è il bambino stesso a richiedere il suo aiuto. L’adulto dovrebbe lasciare che il bambino commetta errori senza riprenderlo, per esempio, con una sgridata. È consigliabile portare il piccolo alla riflessione e alla comprensione di ciò che ha sbagliato e su come fare meglio la volta successiva. L’errore è un’opportunità di crescita. Ad esempio, se il bambino in età scolare è giunto in classe privo di diario, del quaderno di matematica o di altro materiale indispensabile per affrontare la mattinata scolastica e ha ricevuto un monito dal proprio docente, è importante che il genitore accompagni il piccolo alla riflessione del suo errore, utilizzando toni calmi e pacati. Il bambino dovrebbe giungere alla comprensione che la gestione del materiale scolastico diviene gradualmente una sua precisa responsabilità e che quindi, la prossima volta, dovrà porre maggiore attenzione nel momento in cui prepara il suo zaino.

Questi comportamenti e tanti altri, da parte dell’adulto di riferimento, aiutano il bambino nello sviluppo di una buona autostima che in futuro lo aiuteranno ad affrontare in modo proattivo le sfide della vita in tutti i suoi aspetti, in famiglia, sul luogo di lavoro, nelle relazioni interpersonali.