Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.
(Agenda 2030, Obiettivo 14)
Luglio 2022, alba. Seduta, sulla riva del mare, guardo verso l’orizzonte la grande palla del sole che sale verso il cielo. Ai miei piedi l’immensa distesa d’acqua assume i colori più sgargianti dell’arancione, del rosso e del giallo. L’azzurro resta ai margini prima di riprendersi la scena con le sue mille sfumature. È una splendida alba nella mia città che si sveglia piano piano. Gli ombrelloni degli stabilimenti balneari iniziano ad aprirsi lentamente in attesa dei bagnanti che arriveranno nelle prossime ore a scompigliare la quiete mattutina. Arriveranno i bambini con la loro voglia di tuffarsi in acqua, i nonni con la loro pazienza e le borse frigo per la merenda. Più tardi scenderanno i ragazzi e le ragazze che vivranno le loro piccole e grandi avventure in un’estate che crederanno di non dimenticare mai. Intanto si espande, dai bar sulla spiaggia, l’odore dei cornetti appena sfornati che contrasta con quello salmastro che viene soffiato dalla brezza e che, chi qui è nato e vissuto, conosce benissimo. È il profumo dell’infanzia. Si dice che sia impossibile spiegare il mare a coloro che non vi abitano accanto e perché si abbia tanta nostalgia quando bisogna allontanarsi da quella che in fondo è solo una distesa d’acqua salata. Ma per chi lo ha sempre davanti agli occhi diventa una parte imprescindibile del proprio vissuto. Si dice infatti: “Siamo gente di mare!”.
Ancora mi stupisco quando, percorrendo in auto la costa dei trabocchi da Ortona verso Sud, il paesaggio mi regali scorci di mare blu che contrastano con il verde e il giallo della macchia mediterranea che esplode lungo le sue coste. Mi affascina poter osservare le infinite sfumature dell’azzurro nei giorni limpidi e del grigio nei giorni di cielo coperto. Ma il mare non è solo ciò che vediamo in superficie, il mare è soprattutto quello che c’è sotto. E negli ultimi anni le cose lì giù stanno cambiando velocemente. È dal mare che arriva un grido d’allarme. L’inquinamento, l’innalzamento delle temperature e quindi il cambiamento climatico, la pesca intensiva e lo sfruttamento delle risorse stanno cambiando velocemente lo scenario tanto che, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha dedicato uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 proprio alla salvaguardia del mare e degli oceani.
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è un insieme di linee guida e di azioni firmato nel settembre 2015 dai governi di 193 Paesi membri dell’ONU, un vero e proprio programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità che orienta l’umanità verso uno sviluppo sostenibile attraverso 17 obiettivi. L’obiettivo numero 14 è focalizzato sulla conservazione del mare e delle sue risorse. Dal Centro regionale di informazione delle Nazioni Unite leggiamo che: “Gli oceani del mondo influenzano i sistemi globali che rendono la terra un luogo vivibile per il genere umano. L’acqua piovana, l’acqua che beviamo, il meteo, il clima, le nostre coste, molto del nostro cibo e persino l’ossigeno presente nell’aria che respiriamo sono elementi in definitiva forniti e regolati dal mare. Nel corso della storia, gli oceani e i mari sono stati e continuano ad essere canali vitali per il commercio ed il trasporto. Un’attenta gestione di questa fondamentale risorsa globale è alla base di un futuro sostenibile”.
Questo significa che, se vogliamo garantire un futuro sostenibile a chi verrà dopo di noi, non possiamo prescindere dalla salute del mare che condiziona la vita anche di chi non abita le sue coste. Il tempo scorre e prendere provvedimenti diventa sempre più complesso. Per questo è necessario avviare una riflessione su come intervenire e quali politiche mettere in atto, ma da domani mattina e non tra dieci anni, per far sì che il malato blu torni a pullulare di vita. Ovviamente si deve intervenire ad ogni livello. Noi, nel nostro piccolo però, possiamo fare qualcosa?
Ho girato la domanda a Paolo De Iure che, da oltre trent’anni studia il mare e lo frequenta, se così possiamo dire, in maniera più che intensa essendo istruttore di subacquea e presidente di un’associazione, Ortona sub, che da sempre s’impegna a divulgare la conoscenza del mare e in particolare della distesa blu di fronte alle coste ortonesi.
“Il mare peggiora a vista d’occhio purtroppo”, commenta De Iure, “sotto il profilo biologico la mia trentennale esperienza rappresenta un tempo molto breve ma la magia che mi aveva spinto ad approcciarmi al mondo sottomarino sta scomparendo. Mi riferisco in particolare all’impoverimento della vita che prima potevamo vedere sulle rocce presenti sui fondali. Per esempio, sono scomparsi i mitili (Mytilus galloprovincialis), organismi fondamentali per la salute del mare perché sono indicatori biologici importanti che svolgono la fondamentale funzione di filtri naturali. Rari gli esemplari di Pinna Nobilis. Scompare anche la fauna bentonica della sabbia, parliamo di cannolicchi e telline, mentre arrivano specie non autoctone come i pesci serra, voraci predatori, il granchio blu, gasteropodi giunti dal Giappone e specie vegetali senza competitori. I motivi che hanno portato a questa situazione sono molteplici e vanno dai cambiamenti climatici all’inquinamento passando per lo sfruttamento delle risorse. Dobbiamo aver bene in mente che, mentre la capacità riproduttiva delle varie specie resta costante, aumenta la pressione antropica. L’ambiente sembra sterilizzato. Questo significa che il mare che ho conosciuto io trent’anni fa oggi non c’è più. Adesso però dobbiamo prendere atto dei cambiamenti e fare qualcosa iniziando dalla valorizzazione della peculiarità del nostro mare e continuando con l’educazione ambientale nelle scuole per far conoscere ai bambini e ai ragazzi di Ortona quali sono le potenzialità e l’importanza del nostro mare”. Secondo De Iure una via, iniziando localmente per poi guardare più lontano, è possibile.
“Noi siamo solo dei testimoni e sappiamo che il nostro mare presenta delle peculiarità”, continua, “la conoscenza può fare la differenza. Allora raccontiamo che esiste un mare possibile di cui dobbiamo prenderci cura attraverso una riprogettazione ambientale. Raccontiamo agli altri ciò che abbiamo. Esistono altri mari più affascinanti di questo, non c’è dubbio, ma è importante curare il nostro patrimonio. Questo mare si è modificato sotto le mie pinne, non è da buttare ma è da curare e valorizzare. Mezzo grado in più di temperatura e un’acidità di poco più alta modificano l’ambiente in maniera pesante ma dobbiamo credere che sia possibile iniziare ad invertire la rotta tramite l’educazione, la regolamentazione e la tutela, facendo sistema. Un tentativo di svolta anche se in piccola scala dobbiamo farlo. Ci sono biotipi endemici della nostra costa che sono incredibili e che possiamo trovare anche in posti dove crediamo che sia impossibile vederli come, per esempio, il bacino portuale. Abbiamo un’opportunità ma è ora di coglierla. Non c’è più molto tempo. C’è un giardino segreto che aspetta solo di essere conosciuto”.
Tornando alla dimensione globale, possiamo guardare i dati forniti dall’ONU per capire quanto sia importante salvaguardare l’ambiente marino. Gli oceani coprono i tre quarti della superficie terrestre, contengono il 97% dell’acqua presente sulla Terra e rappresentano il 99% di spazio, in termini di volume, occupato sul pianeta da organismi viventi. Oltre tre miliardi di persone dipendono dalle risorse marine per il loro sostentamento. Dato importante da tenere in considerazione è che “gli oceani assorbono circa il 30% dell’anidride carbonica prodotta dagli umani, mitigando così l’impatto del riscaldamento globale sulla Terra”. Di contro il “40% degli oceani del mondo è pesantemente influenzato dalle attività umane, il cui impatto comprende l’inquinamento, l’esaurimento delle riserve ittiche e la perdita di habitat naturali lungo le coste”.
L’Agenda 2030 si pone obiettivi grandiosi la cui realizzazione deve coinvolgere obbligatoriamente tutti i Paesi che l’hanno sottoscritta. Con la risoluzione 72/73 del 2017, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2021 – 2030 il Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile con l’obiettivo di mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica a favore della salvaguardia degli oceani e del mare. Intanto, ispirandoci agli obiettivi di sviluppo sostenibile, anche noi nel nostro piccolo, possiamo partecipare al tentativo di invertire la rotta per lasciare, a chi ci sarà dopo di noi, uno scrigno di biodiversità e ricchezza che, se curato e tutelato, continuerà a regalarci magia e meraviglia.