Blusa a collo alto in pizzo, tono su tono, e gonna a pieghe in crêpe georgette écru.
Di un candore che si lega al prezioso avorio delle zanne dell’elefante, perché di un gigante può pigmentarsi la gloria di un gesto semplice e naturale come la vestizione di una “dea” quando porta il nome Kennedy e la classe dei Bouvier. Jackie è archetipo di stile sulla scena quotidiana della vita, straordinaria come ogni istante dell’esistere, ma ancor più unica quando, come in questo caso, si coniuga ad un dio che porta il nome di un filosofo: Aristotele.
L’abito che lei sceglie, per le sue seconde nozze con l’armatore greco Onassis, viene dalla collezione più applaudita, di un ragazzo originario di Voghera che è già un nome scintillante della moda di quel tempo: Valentino Garavani.
Si tratta di una piccola casacca, sovrastata dalla regalità verticale di un collo alto che gioca, inespugnabile, con l’immaginazione, incastonata dalle trasparenze floreali del pizzo, come in un giardino all’italiana, curato e educato all’armonia della geometria formale di festoni danzanti attorno al cuore.
Merlature orizzontali, tra pieni e vuoti, e poi una cascata di pieghe fendenti e leggere che, nel germinare di lineari chiaro-scuri, si aprono all’atmosfera e s’interrompono dove il passo si declina, al ginocchio di Venere, nel rapporto, a due, tra il couturier e la sua musa.
Valentino incontra Jackie Kennedy nel 1964, ma questa “Petite robe blanche” viene realizzata quattro anni dopo, nel tempo della primavera rivoluzionaria dei costumi sessuali e del senso civico dell’esistere ed agire.
Lo stile di Valentino è eleganza assoluta, una sorta di guscio perfetto, dentro come fuori, che viene impresso con il fuoco nel DNA di chi lo incontra, e così è stato per Jackie.
Era il '63, a Jacqueline Kennedy piacque un vestito portato da un’altra signora a un party, a New York; si informò da dove veniva il vestito, mi venne a cercare. Ero a New York per uno show di beneficenza al Waldorf Astoria, e portare la mia intera collezione, una sarta, un’assistente, un’indossatrice all’appartamento di lei fu nella mia vita un momento centrale. Mi aiutò molto come cliente. Quando indossò il mio vestito per le seconde nozze ebbi trentotto altre ordinazioni; è un numero altissimo per un solo vestito nella storia della moda.
(Valentino Garavani)
Le immagini di quel 20 ottobre del 1968 provenienti dall’isola di Skorpios rapiscono l’attenzione al punto da innalzare la cronaca di un matrimonio a modello mitologico che proprio dalla forza modellante dell’antica Grecia trae la sua identità.
A favorire il naturale carisma dei protagonisti, e la loro immagine, sono i luoghi cari ad Omero da cui Valentino ha tratto la sua formazione, nella Parigi del primo couturier greco della storia della moda francese: Jean Dessès.
Fu lui ad introdurlo all’arte della Haute Couture e alle sue antiche tecniche di lavorazione del tessuto drappeggiato direttamente sul corpo (moulage) ispirandosi alle pieghe delle tuniche della statuaria classica.
La deificazione della donna Valentino passa attraverso la costruzione anatomica del mito come proiezione ideale del corpo femminile che dall’Egeo s’infrange sull’anatomia umana: un modello di glamour, adottato dallo stile hollywoodiano e che Valentino ha saputo incarnare.
Il mito racconta che di quel modello 202, ne furono richieste centinaia di copie:
Si disse che Valentino ebbe quattrocento ordinazioni per quel modello – quella frizzante e svolazzante gonna – e top – simbolo di una nuova modernità. Talvolta il “si dice” diventa realtà. Il vestito fu copiato, imitato, diffuso, con gran piacere per Valentino, da fabbricanti di basso livello e da pirati della moda.
(André Leon Talley, Valentino, FMR)
Valentino e Jackie diventano una coppia indissolubile dello stile e la straordinaria chimica acromatica che li unisce sviluppa il terreno fertile del colore per antonomasia: il rosso…Valentino.
È Gloria Schiff, Fashion Editor per Vogue America che crea i presupposti per l’incontro in quanto è sorella gemella di Consuelo Crespi, grande estimatrice, ed amica di Valentino, donna sofisticatissima anch’essa accreditata a Vogue, ma residente in Italia.
Nel 1963 Valentino realizza per la Schiff un completo di organza nero che indossa ad un party dove partecipa anche Jackie Kennedy. L’ex First Lady impazzisce letteralmente alla vista dell’abito e vuole incontrare il suo creatore.
La Schiff organizza una piccola sfilata di “Valentino” nell’appartamento di Jackie, sulla Quinta Strada a New York, e la cosa è fatta: l’ordinativo conseguente, di abiti bianchi e neri, è sbalorditivo.
I primi tempi io ero Mr. Valentino e lei Mrs. Kennedy. Poi diventammo Jackie e Valentino.
(Valentino Garavani)
Valentino ed il bianco sono l’addizione perfetta così come Valentino e Jackie. Da quella collezione così osannata si è aperta la strada allo chic internazionale di “The Chic”, come veniva definito dagli americani.
La “Collezione Bianca” rimane negli annali della storia della moda ed il 1968 diviene l’anno della consacrazione di Valentino.
Eleanor Lambert, esperta di moda che ha creato il concetto della settimana della moda come modalità espressiva delle presentazioni del Fashion-System, ed ha ideato la “Best-Dressed List” (l’elenco delle celebrità meglio vestite), definì la collezione bianca di Valentino: “Abbagliante”.
Il Times definì gli abiti, Primavera-Estate 1968, di Valentino: “Candidi, incantevoli e dalle linee armoniose”. I più riusciti di sempre.
Women’s Wear Daily scrisse che:
I buyer erano a corto di superlativi quando lasciarono il suo salone… È il bianco su bianco della collezione di Valentino… Quando un capo rosso acceso è arrivato sulla passerella, è stato uno shock dopo tutto quel bianco. Valentino include sempre una cosa rossa per scaramanzia, ma davvero non deve preoccuparsi. Egli possiede una magia di antica eleganza, incorporata.
(Eugenia Sheppard, Women’s Wear Daily, gennaio 1968)
Il candore della tavola cromatica di Valentino, agli esordi, gli ha permesso di esprimere le sue passioni più vere verso un ideale di bellezza assoluta che è divenuto, di fatto, una pagina bianca scritta di “rosso” (cod. ED463E) tra Jackie e il couturier di Voghera.