Come sempre cerchiamo di analizzare le risorse che lo yoga ci mette a disposizione per migliorare la nostra pratica, maturare a livello psico-emotivo e far crescere la coscienza collettiva. In particolare, oggi parliamo di Ashtanga, uno stile di yoga che a partire dagli anni '80/'90 è diventato uno tra i più diffusi e famosi nel mondo occidentale.

L'Ashtanga Yoga è una forma dinamica di yoga, caratterizzato da una pratica vigorosa. Prevede una serie di posizioni (asana) collegate tra loro ed eseguite in sincronia con una particolare respirazione (ujjayi) in modo da formare una sequenza continua e armonica (meditazione in movimento). Seppur in modo graduale la pratica di Ashtanga richiede un lavoro piuttosto intenso in termini di forza fisica, flessibilità e resistenza. È sicuramente una delle forme più disciplinanti di yoga, grazie anche alla sequenza sempre uguale, e per questo molto efficace per mantenere mente e corpo sani e forti. Se non l'avete ancora provato consiglio di iniziare a integrare una lezione o due a settimana nella vostra pratica quotidiana (6/7) perché:

Lo yoga è 99% pratica e 1% teoria.

Così scriveva Pattabhi Jois, uno dei padri dell'Ashtanga Vinyasa Yoga (AVY da qui in poi) nel suo prezioso Yoga Mala1, il testo di riferimento per chi pratica questo stile. Ne avevamo parlato in un precedente articolo.

La storia

È di quelle che potrebbe dare inizio a un film di avventura. Le prime note scritte sulla sequenza e sul metodo che oggi conosciamo come Ashtanga Yoga sembrano risalire ad un antico manoscritto, di cui oggi non è rimasta traccia, e noto come Yoga Korunta, scritto da Vamana Rishi. Pare sia stato ritrovato in un'antica biblioteca in India a metà degli anni ’20 dal grande maestro Sri T. Krishnamacharya e dal suo allora giovane studente Sri K. Pattabhi Jois. Dobbiamo a quest'ultimo la versione dell’Ashtanga Vinyasa che conosciamo e pratichiamo ancora oggi in Occidente. Pattabhi Jois (1915-2009) dedicò infatti tutta la sua vita alla diffusione dell’AVY. A partire dagli anni '70 trasmise le sue conoscenze e il metodo ai primi studenti occidentali tra cui David Williams, Nancy Gilgoff e David Swenson. Furono in seguito suoi diretti allievi anche David Life e Sharon Gannon, a loro volta fondatori dello stile Jivamukti. L'Ashtanga Vinyasa Yoga divenne in seguito molto famoso e popolare in Occidente quando anche alcune celebrità come Madonna, Gwyneth Paltrow e Sting iniziarono a praticarlo.

La pratica

La pratica di Ashtanga Vinyasa è suddivisa in sei serie.

First series is very important, second series is somewhat important, advanced series are for show”, diceva lo stesso Patthabi Jois.

La prima serie (Yoga Chikitsa) infatti è studiata per allineare e purificare il corpo fisico. Nella maggior parte delle scuole si insegna questa, perché ci vogliono anni per arrivare a farla propria ed eseguirla in modo corretto prima di poter passare alla successiva.

La seconda serie (Nadhi Shodhana) lavora in modo specifico sul sistema nervoso e l'apertura dei canali energetici.

Nelle serie avanzate A, B, C e D (Sthira Bhaga) si uniscono la forza e la potenza fisica con la grazia del movimento. In questo modo si raggiungono livelli più elevati di flessibilità e ogni aspetto della sequenza si sincronizza e armonizza in una cosiddetta 'meditazione in movimento'.

Impossibile passare da una serie all'altra senza prima padroneggiare ogni livello di ciascuna, seguendo l'ordine stabilito. Le sequenze sono infatti organizzate con precisione in modo che ogni posizione (asana) prepari a quella successiva. L'ordine consequenziale va dunque rispettato in modo meticoloso. Il che permette di rafforzare e migliorare la flessibilità del corpo con gradualità e di purificare sempre più a fondo gli organi e i canali energetici attraverso la sincronia tra movimento e respiro che crea calore (tapas=fuoco interiore).

I principi

In sanscrito "ashta" si riferisce al numero otto, mentre "anga" significa arto o parte del corpo. Da qui deriva il significato più conosciuto di ashtanga inteso come “otto livelli“ o “otto parti”, le stesse descritte da Patanjali negli Yoga Sutra. Per quanto riguarda i principi etici, la filosofia e le diverse componenti della pratica infatti, l’Ashtanga Yoga si basa sul sistema classico degli “otto rami” di Patanjali2: Yama (codici morali), Niyama (autodisciplina), Asana (postura), Pranayama (controllo del respiro), Pratyahara (ritiro dei sensi), Dharana (concentrazione), Dhyana (meditazione) e Samadhi (unità con il sé).

Tra gli aspetti più caratteristici di questo stile di yoga Pattabhi Jois ne sottolinea in particolare alcuni.

1. Vinyasa

Ovvero il coordinamento e la sincronia che si esegue tra ciascuna respirazione e il suo movimento corrispondente, al fine di purificare a fondo l'organismo e la mente. Come dicevamo la precisa corrispondenza tra l'esecuzione di un asana e il suo ciclo di inspiro/espiro permettono al corpo di scaldarsi e di purificare in primis il sangue per renderlo più fluido e disintossicato. Questo gioverà su tutto il sistema, sia a livello di organi che di tessuti, legamenti e articolazioni. In questo modo, e anche grazie al processo di sudorazione che si attua al contempo, si rimuovono dolori fisici, malattie e impurità. Questo è solo il primo passo per avere una mente libera, ma grazie alla costanza della pratica e ai ripetuti vinyasa saremo sempre più capaci di portare l'attenzione rivolta verso l'interno e a rimanere nel flusso senza giudizio.

2. Tristhana

I 3 cardini della pratica, ovvero: le posture (asana), il sistema di respirazione (pranayama), e la direzione dello sguardo (dristhi). Vanno praticati insieme e servono per purificare rispettivamente il corpo, il sistema nervoso e la mente. Vediamoli in dettaglio:

  • Asana: ovvero le posture da mantenere per cinque respiri ciascuna (in/es), seguendo in modo rigoroso la sequenza prevista.
  • Ujjayi pranayama: si tratta di una specifica tecnica di respirazione che viene utilizzata in modo specifico durante la pratica di Ashtanga. Detto anche “respiro vittorioso” corrisponde a una respirazione sempre dal naso (in/es), lenta, regolare, di uguale lunghezza tra in/es, rumorosa (nell'espiro si chiude leggermente la glottide come per appannare un piccolo specchietto sotto il naso). Questa tecnica permette di riscaldare ed energizzare il corpo, nonché di aumentare parecchio la concentrazione e purificare il sistema nervoso.
  • Drishti: in ogni asana viene utilizzato uno specifico drishti, o punto focale, in modo da creare una pratica più focalizzata e meditativa. Ci sono 9 drishti: punta del naso, tra le sopracciglia (terzo occhio), l’ombelico, i pollici, le mani, i piedi, verso l’alto, verso destra e verso sinistra. A seconda dell'asana ci saranno uno o più punti focali da mantenere durante le cinque respirazioni previste.

3. Bandha (sigillo, legame)

Si tratta di una componente fondamentale del sistema di respirazione. Ne abbiamo parlato qui. I bandha sono contrazioni muscolari volontarie che si eseguono a livello pelvico (mula bandha), diaframmatico (uddiyana bandha) e della gola (jalandhara bandha) durante l’esecuzione degli asana, per canalizzare e ottimizzare il respiro, per sigillare l'energia all'interno del corpo e creare stabilità centrale. Non è possibile praticare AVY in modo corretto ed efficace senza l'attivazione dei bandha. A seconda dell'asana se ne dovranno attivare uno o più.

Infine ricordiamo che l'AVY è concepita come una pratica quotidiana, preferibilmente da svolgere al mattino, con una routine di sei giorni a settimana. I giorni di luna piena e nuova sono considerati giorni di riposo.

Il lavoro intenso che questa pratica richiede mira al superamento dei blocchi mentali ed emotivi. Coltivando forza fisica, flessibilità, resistenza e una respirazione consapevole si giunge ad una sempre maggiore chiarezza mentale.

"Attraverso la pratica continua dell'ashtanga yoga, la mente e il corpo vengono purificati e la nostra innata saggezza risplende"3.

Note

1 Sri K. Pattabhi Jois, Yoga Mala, North Point Press, New York 2010.
2 Patanjali, Yoga Sutra, cap. II, sutra 29.
3 Patanjali, Yoga Sutra, cap. II, sutra 28.