Florentino Ariza aspettò cinquantatré anni, sette mesi e ventitré giorni - notti comprese - il suo unico e grande amore Fermina Daza, lontana molti steccati sociali dalle sue umili origini. Gabriel Garcia Marquez ci racconta questa storia soavemente malinconica dicendo che succedeva nei Caraibi ai tempi del colera e raggiungendo una magistrale eccellenza in un copione tante volte sperimentato dagli scrittori di tutti i tempi.
Se questo è vero per l'amore, il mondo delle emozioni è stato assai meno esplorato dalla letteratura. A parte le ricerche scientifiche di Darwin ed Ekman sull'origine biologica delle espressioni provocate da turbamenti improvvisi, a parte anche le spiegazioni della psicologia, in realtà le emozioni continuano a restare un'incognita della nostra sensibilità. Per questo il tentativo di ricostruire la loro storia - dal Medioevo fino ad oggi - attraverso la traduzione pittorica è una sfida a inoltrarsi nel labirinto dei turbamenti così come sono stati vissuti nei secoli, dalla sofferenza alla gioia, dall'entusiasmo al terrore, dal piacere al dolore.
Ci hanno provato Dominique Lobstein, storico dell'arte, e Georges Vigarello, storico, organizzando un'esposizione in uno dei templi delle emozioni, il museo Marmottan-Monet, che custodisce, oltre a numerose opere da batticuore di un grande artista del Novecento come Claude Monet, anche quella tela - Impression, soleil levant - che dette origine all'Impressionismo.
In questo bel palazzo parigino, al confine con il Bois de Boulogne, Lobstein e Vigarello hanno portato 80 dipinti e disegni provenienti da collezioni private e musei suggerendoci un lungo repertorio di impressioni provenienti dal nostro mondo interiore, dai muti ritratti medievali al grido soffocato delle Teste di ostaggio di Jean Fautrier, che fanno riferimento non solo al dramma del periodo bellico, ma anche al malessere dell'uomo novecentesco, ferito e mutilato nel corpo e nella coscienza.
“Nel Medioevo le emozioni sono evocate dalla presenza di oggetti o di attributi, attraverso un vocabolario allusivo e simbolico”, ha spiegato Lobstein. “Nel Rinascimento comincia l'interesse per l'individuo e per la sua interiorità, poi, nel XVII secolo, con la pittura caravaggesca, le passioni vengono esasperate e l'emozione entra in scena. Nel periodo dell'Illuminismo rappresentazioni galanti traducono i turbamenti amorosi, prima dei grandi tormenti romantici del XIX secolo”.
Hanno chiamato l'esposizione Il teatro delle emozioni ed è stato un modo per riscrivere la storia dell'arte secondo un punto di vista assolutamente poco conosciuto. Uno dei pregi della mostra è anche quello di portare alla ribalta artisti meno noti al grande pubblico, come Louis-Leopold Boilly, che intorno agli anni Venti dell'800 riesce a raggruppare su una tela di piccolo formato ben 35 ritratti, ognuno dei quali manifesta un'emozione diversa: dal divertimento allo scherno, dalla rabbia alla tristezza, dal disgusto alla paura. Una grande commedia umana che diventa caricatura, in cui l'eccesso delle emozioni infrange qualsiasi codice di correttezza e buona educazione. Pochi anni più tardi Boilly ripete l'esperienza con un'altra opera di piccole dimensioni (L'effetto del melodramma), dove una folla di spettatori reagisce con espressioni diverse di fronte ad un personaggio centrale che sviene nel palco di un teatro. Uno spettacolo nello spettacolo.
Tutto questo rivela come nell'Ottocento l'uomo e le sue emozioni abbiano assunto un'importanza centrale nell'arte come nella società. Già nel Seicento l'interiorità affiora nei volti e nei gesti, come nel caso de L'organizzatrice di incontri, tela attribuita al caravaggista Angelo Caroselli, e alla stessa famosissima Gioconda, il cui sguardo denota emozioni su cui ancora oggi si discute. Sono l'amore e la passione a tenere banco negli anni dell'Illuminismo, Fragonard in testa con il suo La serratura, mentre la follia colpisce le generazioni romantiche ed è dipinta, tra gli altri, da Emile Signol ne La fidanzata di Lammermoor.
Certo, colpisce vedere affiancati il volto inespressivo di una giovane donna con pendente rosso e dalla ricca veste, dipinta nel 1525, con la disperazione di un'altra donna che Picasso ha raffigurato nel 1937. Il titolo della prima opera è Santa Maddalena in lacrime, ma solo la presenza di un fazzoletto nella mano sinistra ci riferisce la sua emozione. La seconda è La supplicante, ma anche senza bisogno del titolo rivela la sua angoscia, provocando un'emozione in chi la guarda. I secoli sono trascorsi, alcune emozioni si sono trasformate sull'onda dei cambiamenti storici e filosofici che hanno mutate le coscienze, e, nello stesso tempo, la loro rappresentazione si è evoluta seguendo le dinamiche culturali delle società che hanno attraversato, compreso il progresso della scienza.
Appare evidente, tuttavia, una grande differenza tra l'arte contemporanea e quella di tutti gli altri tempi. Se in passato, infatti, gli artisti si preoccupavano di rendere visibili le emozioni, oggi il tentativo è invece quello di provocarle. Non solo la Testa di ostaggio di Fautrier, le Grandi mani rosse di Martine Martins e Noi non siamo gli ultimi di Zoran Music, presenti in mostra, sono le evidenti prove di questa tendenza artistica. Gli stessi 'tagli' di Fontana, i corpi scarnificati di Giacometti, quelli martirizzati di Bacon e quelli amputati di Mitoraj, non sono che l'urlo di un'umanità fragile che cerca di ottenere attenzione.
Come analgesico potente il web corre oggi incontro alle nuove generazioni che gettano le loro emozioni nel mare magnum dei siti Internet pensando di colpire gli altri, ma di nascondersi a se stessi. Così quella sorta di arti visive che sono i social network si trasformano in decongestionanti capaci di ridurre i sintomi da 'infezione dei sentimenti'. Ma quello che esce dalla porta sempre rientra dalla finestra e le emozioni represse, come una bomba a orologeria, sono pronte a scoppiare senza avvertimento. Come spesso accade.
Si dice che un signore giapponese dal nome importante, Soichiro Honda, ingegnere e fondatore della grande azienda di auto e moto, abbia ripetuto più volte che il valore della vita può essere misurato da quante volte la nostra anima si è profondamente emozionata. Dovremmo ascoltarlo e imparare a lasciarci andare.