Era un giorno del 2012, mi hai telefonato dicendomi che avevi letto il mio libro Ravenna ravenna; ti era piaciuto e mi hai chiesto se potevi intervistarmi.
Dopo alcuni giorni tu e Luisa siete saliti nel mio studio e non ve ne siete più andati.
A volte le affinità elettive nascono così -al primo incontro un colpo al cuore.
Tu, milanese, avevi un cognome che ha fatto parte di un periodo storico legato a quella fucina di artisti e di intellettuali che fu, qui a Ravenna, il bar Byron e tuo zio, direttore della biblioteca Oriani ne faceva parte.
E sono state le vacanze estive, da bambino e da adolescente, in questa città, a creare una sorta d'imprinting, a creare l'origine della tua passione per la storia e la bellezza piena di mistero di questa città. Ma hai preso subito coscienza anche degli errori, dei vuoti e delle negligenze delle istituzioni culturali locali. No, a te, non sfuggiva proprio nulla. Milanese sì, ma ravennate di adozione. Innamorato di questa città, qui avevi amiche e amici artisti e poeti. E nelle passioni, caro amico mio, andavi in profondità. Non ti sfuggiva proprio niente. Abbiamo condiviso esperienze dandoci piena fiducia. Tu, sempre puntuale e generoso, hai scritto brani sulla mia persona e sul mio lavoro che ho tutti qui, al mio fianco e li leggo e rileggo e ogni volta mi danno la forza di continuare.
Non voglio dimenticare e così scrivo veloce e vado per frammenti. Da una settimana la mia mente è volata nel tuo ricordo e lì si è fissata. Faccio cose strane e penso che sia in arrivo una specie di demenza senile; dimentico di prendere medicine, ma faccio ancor peggio, non so se le ho prese o no. Rimango con il dubbio. Dormo meno di niente. E come faccio ora, guardo fuori, il cielo, le montagne, le nuvole, il volo dei gabbiani, il fumo dei camini. Guardo e dall'esterno pare che stia perdendo tempo. Distratta e imbambolata, combino guai. Invece la mia mente è lì che macina immagini e lavora ininterrottamente impegnata ad incarnare ricordi.
Te ne sei andato come hai vissuto, senza creare disturbo.
Alle 22.14 avevo terminato la "conversazione" via WhatsApp con Luisa e alle 01.45 il suo messaggio: "Giovanni morto stanotte. Non so dire altro".
Non ci ho voluto credere. Pensavo a qualche diavoleria dell'iPhone. Faccio fatica anche ora ad accettare la tua assenza. Eri una garanzia di momenti felici, ora così rari. Penso ai nostri incontri a Ravenna e a Marina Romea. Sempre feste della mente e non solo, infatti, spesso ci ritrovavamo seduti attorno ad una bella tavola imbandita.
Non hai aspettato che venissi a trovarvi in quel paradiso terrestre che era il vostro meraviglioso rifugio sul lago. Non mancava niente. Avevate tutto a portata di sguardo. Tutto. Passeggiate nei boschi, montagne e albe e tramonti che segnavano con la loro imponenza l'acqua del lago. E infine le visite dei piccoli animali del bosco. Il vostro rifugio anche come difesa, lontananza dalla pandemia. E così, da tempo non ci incontravamo, ma ero sicura che ci saremmo rivisti questa estate.
Mi fermo per contemplare questo tramonto terso; perfetto. Il vento ha portato via la foschia e la Luna è qui sopra la mia testa. Luna crescente e sento in me tutta la sua potenza.
Ora mi riesce impossibile continuare a parlare solo con te. Lo sai anche tu. La prima volta siete arrivati da me in due e così ho continuato a condividere la mia amicizia con una emozione che mi ha attratto immediatamente. Non so come sia stato possibile; voi due eravate un uno armonico completo, perfetto. Ognuno con doti e difetti compresi, ben distinti; Luisa, "la strizza cervelli", la psicoanalista dotata di una intelligenza esplosiva, da brividi, estroversa, piena di sorprese e tu storico e scrittore appassionato, riservato ma contemporaneamente determinato e direi anche ostinato, formavate un unicum perfetto. Non potevate vivere separati.
Stessi interessi, stessa passione per la grazia e la bellezza della natura tutta e dell'arte, fosse questa poesia, musica, teatro, cinema, con le loro diramazioni però tutte rigorosamente condivise. Non era prevista l'assenza di una parte - dell'uno - perché sto parlando di un unico sguardo sul mondo. E i segni di questo sguardo sul mondo li avete realizzati in questi tre libri: Ravennati a viso aperto: persone e personaggi di ieri e di oggi (2014); Milano è donna: le milanesi che fanno grande la città (2017); Milano al femminile: i talenti delle donne (2020).
Nel primo, le pagine, a volte, sono attraversate da miei disegni a china raffiguranti insetti ed è proprio qui che ti fai testimone con attenzione e sensibilità poetica delle persone che hanno vissuto e vivono questa città tanto amata.
Negli altri due libri, si manifesta il vostro essere un unico armonico.
Date, così, vita e riconoscimento a quelle donne, che mantenendo intatta la loro autenticità e la loro autonomia, fanno grande Milano. E non è poco. La vostra è stata un'operazione rivoluzionaria ed è anche un invito a tutte le altre donne a partecipare rimanendo fedeli a se stesse.
Amico mio carissimo, Luisa ora deve ricomporre, ricostruire quell'anima e quel corpo, quella parte mancante che se ne è andata con te. Deve ritrovarti ovunque tu sia. Anche se sei in quel nulla che da sempre tanto mi attrae. Con la memoria dovrà fare un lavoro duro, difficile, doloroso, di ricomposizione dell'uno e così, insieme, ritornerete al lago, a Milano e da me, come la prima volta, qui in studio, dove più in alto, questa sera, c'è solo la Luna.
Caro amico mio ti saluto con le parole della poeta Marina Cvetaeva per la morte di Rainer Maria Rilke
...ti sento immancabilmente dietro la mia spalla destra. ...non sei ancora in alto e lontano, sei proprio qui vicino, la fronte sulla mia spalla. Non sarai mai lontano...