Dopo aver scritto l’articolo L’immaginazione non è confinabile ci si aspetterebbe una presa di posizione netta da parte di chi scrive queste parole in favore della fantasia. L’immaginazione è una facoltà molto eccitante, in dotazione all’uomo. Permette alla mente di fare molte operazioni, alcune delle quali utili, se non necessarie. Tuttavia, l’uomo non vive di fantasie. La vita non è una fantasia. Hegel diceva: “Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale”. La realtà è razionale e l’uomo che la abita è molto più logico di quel che ritiene di essere. L’uomo compie di continuo gesti logici, razionali. In un certo senso, è costretto a farlo. Se ho sete, e voglio un bicchiere d’acqua, mi alzerò da questa sedia, mi condurrò in cucina, aprirò il frigorifero e prenderò una bottiglia d’acqua. Chiuderò il frigorifero, appoggerò la bottiglia su un tavolo, prenderò un bicchiere da uno stipetto, aprirò la bottiglia, verserò l’acqua nel bicchiere, prenderò il bicchiere con una mano, trangugerò a piccoli sorsi l’acqua fresca, poserò il bicchiere, prenderò la bottiglia, la rimetterò nel frigorifero, sposterò il bicchiere nel lavello. Compirò insomma una serie di gesti uno concatenato all’altro in modo da ottenere il soddisfacimento del desiderio di dissetarmi.
Chiaramente, l’esempio è modificabile a seconda delle varie necessità. Potrei tenere una bottiglia d’acqua nella stanza dove scrivo, questo modificherebbe la sequenza di gesti. Potrei tenere la bottiglia non in frigorifero, ma fuori frigo. Oppure versare l’acqua dal rubinetto senza bisogno di bottiglia. Trangugiare in una lunga sorsata e non a piccoli sorsi. Già questo esempio molto semplice dice molto sulle problematiche connesse alla razionalità insita nella realtà e alla realtà insita nella razionalità.
Prima di tutto, l’esempio, per quanto verisimile, è immaginario. Sto usando l’immaginazione. In secondo luogo, l’esempio è solo uno dei possibili esempi relativi a come soddisfare il desiderio di dissetarmi. Possono esserci infiniti modi, com’è facile intuire, di dissetarsi. Poi, cosa più interessante, la sequenza di gesti compiuti è solo una delle tante possibili. In più, questa sequenza potrebbe non essere la più chiara. Ci sono gesti che consideriamo semplici e banali, ma per alcuni potrebbero non esserli. Alzarsi dalla sedia, ad esempio. Se per soddisfare il desiderio di dissetarsi è necessario alzarsi dalla sedia, tutti coloro che non potranno compiere questo gesto saranno tagliati fuori in partenza. Se il mio esempio assurgesse a paradigma di ciò che bisogna fare quando si prova il desiderio di dissetarsi, tutti coloro che non potessero alzarsi dalla sedia, incontrerebbero una difficoltà. Insomma, ciò che pensavo fosse un banale esempio per descrivere un gesto banale e ordinario, se analizzato, mostra subito i suoi limiti.
Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale. Ciò che è reale deve essere razionale poiché la realtà è tale se e solo se descrivibile attraverso una serie di gesti consequenziali, ai quali gesti non è possibile sottrarsi: l’uomo sulla Luna per andare sulla Luna deve compiere gesti che lo conducano sulla Luna. Questi gesti sono concatenati e basta non compierne uno, uno soltanto, e l’uomo non andrà sulla Luna.
Ma anche ciò che è razionale deve essere, si perdoni la tautologia, razionale. Quanto più mi è chiara la sequenza di gesti atti a raggiungere un obiettivo, quanto più ampia la descrizione di tali gesti, tanto più saremo in presenza di razionalità. La razionalità è la capacità di descrivere la realtà – di rendere conto a se stessi e agli altri, potremmo dire, della sua descrivibilità. Di averla difronte. Di guardarla. Più si danno per scontati certi gesti che compongono la catena di atti che conduce al conseguimento di un obiettivo, meno si è razionali. Ratio vuol dire “porzione”.
Lo sguardo razionale spezzetta, segmenta, scompone. Vedrà tutto come sequenze, istruzioni, 1), 2), 3)… e così via. Il problema è il “non sequitur”. Il problema sono i buchi nella sequenza. Esempio. Se voglio bere, vado in cucina e prendo un bicchiere d’acqua. Questa sequenza così ordinaria, rispetto all’esempio iniziale, ci appare ora piena di “buchi”. Vengono date per scontate azioni che conosciamo benissimo e che siamo in grado di dedurre facilmente. Interessante, questi “buchi” non sono possibili nella realtà. Dunque, stando così le cose, il “buco” è lo scarto tra razionalità e realtà: tra descrivibilità della sequenza e sequenza in quanto tale. Nella realtà non si possono saltare i gesti. Non posso alzarmi e aprire il frigorifero senza prima recarmi in cucina. Non lo posso fare e stop. Posso dirlo, ma non farlo. Se ho una pistola nella fondina sotto l’ascella, e voglio servirmene, dovrò prendere la pistola dalla fondina sotto l’ascella. Lentamente o velocemente. Come per magia o in modo maldestro. Ma dovrò passare attraverso questi atti. Se invece voglio scrivere di un pistolero che prende la pistola dalla fondina sotto l’ascella posso anche saltare la sequenza: “L’uomo teneva la pistola in una fondina sotto l’ascella. La pistola gli si materializzò all’improvviso nella mano. Il gringo davanti a lui prese a sbattere le palpebre incredule”.
Facile. A parole. Ma i “buchi”, i “salti” su come l’uomo abbia potuto essere così veloce da ingannare la vista del gringo sono la differenza tra sensazione e razionalità, tra favola e realtà.
C’è sempre un “buco”, questo è il problema. In ogni narrazione, anche la più fedele, c’è un buco. Ogni teoria scientifica presenta fenomeni inspiegati. Buchi, appunto. Per un po’ questi buchi sembrano “buchetti”, ma alla lunga appaiono come voragini. Questi buchi dimostrano che la teoria tutta va cambiata, che il suo andare bene, funzionare fosse, in fondo, fin da principio, una mera coincidenza. Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale. A questo punto, viene da chiedersi se esista, la razionalità. D’altra parte, viene anche da chiedersi, e qualcuno se lo chiede, la realtà stessa se esista. L’adaequatio rei et intellectus è possibile? Probabilmente sì, in linea teorica, ma solo se si avesse a disposizione una mente in grado di scomporre ogni elemento di un gesto e di descriverlo punto per punto: operazione che ci rimanda a Zenone. Questo sì, sarebbe razionale. La descrizione dell’infinito che sta in mezzo al percorso lungo un millimetro tra il punto A e il punto A1. L’uomo dunque è un essere approssimativamente razionale.
D’altra parte, non bisogna sottovalutare un punto e il punto è il seguente: la nostra mente fa sogni. La mente è in grado di fabbricare sogni, i quali sono per lo più visioni confuse e alogiche, totalmente prive di razionalità. Dove l’asino vola (e come?). Dove la formica muggisce (e come?). Dove la chitarra suona il plettro e il violino l’archetto (e come? E come?). Invece, la mente non partorisce, di norma, progetti urbanistici fatti e finiti. Non esegue, durante il sonno, equazioni matematiche. Ci possono essere intuizioni, questo sì, ma la razionalità è faticosa: bisogna appunto destreggiarsi tra le mille strettoie della fantasia, del sogno, dell’allucinazione. Cercarla come una pepita d’oro in un mare di sabbia. Questo punto non è banalissimo. Siamo portati infatti a considerare il cervello la sede della ragione; ma l’immaginazione, il sogno, l’allucinazione, la memoria la fanno molto più da padrone della ragione. D’altra parte, basta riflettere un momento per rendersi conto che l’uomo è logico, in quanto vive nella realtà, e dato che ciò che è reale è razionale, per forza di cose è costretto a compiere gesti razionali in continuazione. Perché allora la natura non ha dotato l’uomo di un cervello dove essere razionali è la cosa più semplice? Perché i sogni? Perché l’immaginazione?
In effetti, la razionalità è la cosa più semplice. Scagliare un dardo verso un obiettivo non è difficile. Ci si coordina e si scocca la freccia. Forse, anche i gesti che compiamo sono ragionamenti. Sono forme di pensiero. La volontà di compiere un gesto è innanzitutto il pensiero di quel gesto: e questo è un fatto. Il pensiero permea il nostro agire, lo avvolge. E si tratta di un pensiero razionale, logico, consequenziale. Altro è il discorso razionale sui gesti. Anche qui, molti filosofi hanno ragionato sulla questione. Ciò che è razionale, come detto, deve essere razionale. Tautologia che si spiega così. Ciò che è reale è razionale, allora anche un discorso razionale per essere reale (reale nella sua razionalità, razionale nella sua presenza alla realtà di “razionale”) deve essere razionale. Un discorso può essere razionale in quanto tale, anche se non rispecchia nulla di reale: è reale come discorso razionale anche se non contiene nulla di reale. Questo è un grande problema.
La realtà è descrivibile, ma lo sono anche i fantasmi nella nostra testa, e i miti e gli dei dell’infanzia. Posso descrivere per filo e per segno zoo popolati da liocorni e ornitorinchi, ircocervi e unicorni, e il sarchiapone. Non sono reali, ma sono reali in qualità di discorso. Pertanto, esiste la razionalità ed esiste il razionalismo, esiste la scienza ed esiste il rigore scientifico, la scientificità. Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale, ma quel che conta a questo punto è chiedersi: in che cosa è reale, in cosa razionale?
Ma perché, insistiamo, la mente ci dà la possibilità di sognare, di avere allucinazioni, di immaginare? Forse perché l’umano consiste nello stare al mondo in modo morbido. L’irrazionalità (ossia una capacità annebbiata di descrivere la realtà) è quello stato di ubriachezza connaturato che ci permette di sostenerla, la realtà. Se fossimo in grado di comprenderla del tutto, se realizzassimo l’adaequatio rei et intellectus propugnata della scolastica medievale, probabilmente non faremmo un passo: saremmo come tanti Zenone e ogni volta che andassimo dal parrucchiere non ne usciremmo più perché quello, con la forbice, spaccherebbe in quattro ogni capello sulla nostra testa. Sono i “buchi”, i “salti” a permetterci di sopravvivere. La nozione non del tutto chiara della realtà al di fuori di noi. La mente è un ostacolo (c’è chi dice che i sensi siano un limite). Noi crediamo di potere tutto con la mente e invece abbracciamo l’ostacolo come se fosse il mezzo per superarli, gli ostacoli.
Dovremmo renderci conto di queste cose e domandarci se ciò che la nostra mente ci chiede non è razionalità quanto un immaginare più consapevole. Ciò che crediamo razionale non è del tutto razionale. Perciò, è inutile creare istruzioni, costruire sistemi, impartire comandi. Stupido è crederci fino in fondo. Assolutizzare. La nostra mente (individuale e collettiva) non è costruita per fabbricare stabili sistemi razionali. È fatta per narrare, immaginare, almanaccare ipoteticamente. Di sicuro sogna. La nostra mente sogna. Di questo dobbiamo essere consapevoli. Fare queste cose con consapevolezza. Consapevoli anche che l’uomo è logico. Compie gesti di continuo logici. La fantasia gli permette di muoversi. La fantasia gli permette di rischiare. Di scoccare la freccia sperando arrivi a destinazione. A grandi linee. Grosso modo. Per una ragione o per l’altra. Per tentativi. Fortuna. Vai. Provaci. Buttati. Vinci.