Mentre osservo Fabiola, stesa sul letto addormentata senza indumenti addosso, una volta di più mi prende rabbia nel vedere il suo corpo ricoperto di tatuaggi. Ci sono un metro e settantasei centimetri di carne morbida e polposa distesa sul letto. Capelli lunghi fluenti e fibrosi. A volte dorati, il suo colore naturale. A volte rosei, a volte di pece. Oggi, al momento presente, turchesi. Occhi cerulei. Adesso socchiusi. Mandorle orientali. Leve lunghe, per danzare, far l'amore. Leve lunghe sì, ma pure strette - sottili e ulteriormente assottigliate nei punti estremi. Protuberanze ossee affioranti tra masse carnose: clavicole, anche. Un corpo cartilagineo. Vetroso. Frangibile. La carnosità si addensa prorompente solo in punti proibiti. Punti ipnotici. Fissati troppo a lungo possono condurre uomini alla follia. Eppure, quella meraviglia Fabiola vuole celarla.

Perché, Fabiola? Perché? le ho spesso chiesto osservando il tessuto deturpante del sipario fatto di simboli calato sulle sue fattezze. Perché non hai avuto rispetto della Materia per sovrapporvi la Tua Idea? La materia è colore, sapore! Quando ti assaggio sul palato mi rimane il gusto dei tuoi tatuaggi. Non riesco ad assaporarti! Perché lo hai fatto?! Fabiola scoppiava a ridere, e mi spiegava.

I tatuaggi proteggono.

I tatuaggi rendono invulnerabili.

"Non devi spaventarti, Ottavio. Sono una brava ragazza. Guarda. Qui sulla spalla ho tatuato il volto di Cristo e sotto la scritta "Resurrection". Proviamo scandalo per il concetto di resurrezione. Roba da farci prendere il Vangelo e i suoi precetti e buttare tutto nella monnezza. Invece, Ottavio, la resurrezione è concetto fondamentale. Il Vangelo è un discorso tutto quanto contro le superstizioni; e la resurrezione della carne serve vieppiù a contrastare una delle credenze superstiziose maggiori ossia l'idea di poter tornare dopo morti fantasmi. L'aldilà è inattingibile. Platone ce lo insegna. I fantasmi non esistono. Non si possono contattare.

L'anima, secondo Platone, è minuscolo frammento d'Essere imprigionato nella tomba del corpo e nelle tombe delle cose del mondo, ma essendo l'Essere impercepibile, anche ogni suo frammento lo è. L'anima non la possiamo toccare con le mani né la possiamo squadrare difronte a noi, non la possiamo cogliere coi sensi, ma rimane nondimeno imprigionata in qualche modo nella materia. Forse perché lo vuole (su mandato del Demiurgo, il quale ha forgiato il mondo dal caos magmatico della Chora e non certo dalla cristallina perfezione dell'Iperuranio), forse perché si sacrifica. L'Essere, dico io, si sacrifica per noi. Per farci esistere.

Farci provare l'ebbrezza, dice Platone, la bellezza dell'Essere. Se e quando torneremo, comunque, stando al Vangelo, Ottavio, torneremo carne: non saremo sostanza aerea, eterea, pura frequenza. Captabile con l'antenna di una radio a transistor; o con un decoder. O con una seduta spiritica. Si ritorna sulla Terra in carne: ma non come zombie, morti viventi. Gesù Risorto è vivo vivente. È vivo. Vivo. Non meno di me o di te. Anzi, è possibile che la Vergine Maria, Mosè e il profeta Elia e il patriarca Enoch siano anima e corpo sulla faccia scura della Luna. Lì si sono fermati, dopo l'assunzione in Cielo. Coordinati dalla Santissima Trinità, ovviamente.

Guarda, Ottavio, su quest'altra spalla. Sai chi è? Non è Leonardo da Vinci, no. È Platone. Come sappiamo, Platone si scaglia contro la mitologia tradizionale della polis. I miti, insomma. Ma mito, noi, Ottavio, tendiamo a considerarlo erroneamente favola, fiaba, storiella. Con un contenuto veritativo, sì, e tuttavia pur sempre favola. Ma ci sfugge il centro della questione, Ottavio. Ci è sfuggito da sempre... da Gadamer, da Ricouer. Mito dice soprattutto non tanto favola, quanto credenza superstiziosa. Alle figure mitologiche erano collegati riti e sacrifici. Erano, insomma, i miti, antiche superstizioni. Noi a Cappuccetto Rosso non tributiamo alcun sacrificio di sangue squartando un lupo cattivo una volta l'anno. Gli antichi pagani, invece, sì. Alle loro "favole" collegavano gesti reali, atti nella realtà.

Ed è questa la fondamentale differenza tra la mitologia classica e quella elaborata da Platone. Questo signore qui, sulla mia spalla. I miti di Platone fondano la razionalità: non danno luogo ad alcun rituale, ad alcuna forma di religiosità. Di sciocca superstizione. Servono solo a fondare... la filosofia. Hegel aveva torto! La metafisica non è affatto la progenitrice della logica. È solo una premessa, e la premessa ha a oggetto il fondamento della realtà. Ma se il fondamento è indimostrabile e inconoscibile, e così ha da essere, non può non essere, se è persino inimmaginabile, matematizzarlo vale tanto quanto mitizzarlo, farlo diventare favola. Ma dopo la premessa, segue la parte vera, quella che conta: il discorso razionale. Segue la realtà. Volete le favole?, dice Platone. Bene, e io non ve le nego. Ma dopo, ragioniamo".

"Questi volti qui sul gomito? Appena visibili?"

"I presocratici"

"Ti sei fatta tatuare Talete, Anassimandro, Anassimene e compagnia?!"

"Anche Leucippo, Senofane e Melisso, se è per questo. Se guardi bene, ci sono tutti. Platone ha rielaborato i presocratici... dicunt. "La filosofia nasce grande" tuona Emanuele Severino. "La filosofia nasce completa" riecheggia Roberto Celada Ballanti. Platone, invece, i presocratici li ha messi sotto i piedi e ha schiacciato il tacco. Non è semplice superamento. È stato uno sbeffeggiare. L'ho capito dal Simposio, Ottavio. Lì ho avuto ciò che le dottrine orientali chiamano il satori. Il momento della rivelazione. Il mito della creazione dell'uomo, Platone, nel Simposio, lo narra ridendo. Per celia. Allo stesso modo, quando Platone ci parla dei pitagorici o dei milesiani? Nei miti. Li riutilizza sì, ma nella mitologia. E a Menone, un analfabeta, Socrate riesce, con opportuno metodo maieutico, persino a far dimostrare il Teorema di Pitagora. Ti pare possibile? Ti pare serio?

Platone odiava i presocratici. Platone non deriva affatto dai presocratici. I presocratici erano individui spregevoli. Sociopatici. Negavano ogni dimensione sociale dell'essere umano. Ogni possibilità reale di comunicare. Platone invece apre a una dimensione socio-politica ad ampio respiro dell'individuo, universale. Pensa alle comunità iniziatiche pitagoriche, con la loro dottrina fatta di numeri inodore, insapore, incolore. Parmenide nel suo poema Perì Fusis (che non vuole dire La Natura Crepò, ma poco ci manca) nega la realtà tutta: la realtà è un'illusione dei sensi, mica esiste la trasformazione delle cose, è solo un inganno di vista, udito, tatto, olfatto, sapore. E ancora più sociopatico, negativo e odiatore della realtà fu l'allievo Zenone con i suoi radicali paradossi.

Il pensiero presocratico è antisociale a tutti i livelli; ed è eversivo. Platone ha messo un freno a questa tendenza. Ha fondato un modello di società. Ha fondato un metodo di interazione tra le parti. Nei suoi scritti Platone i Presocratici non si è limitato a superarli, li ha sbeffeggiati. Pensaci, Ottavio! I dialoghi platonici hanno il tono di una commediola. Di una farsa. Di cui lo stesso Socrate - lo stesso Socrate, Ottavio! - fa parte. Platone non risparmia nessuno, nella sua commedia: tutti gli attori fanno parte della farsa. Tutti i maledetti attori. Ecco perché Platone, nel Simposio, chiama in causa Aristofane. Quale miglior padrino, nume tutelare, del padre della commedia, per la sua, di commedia! Il Simposio lo vedo come la mappa concettuale dell'intero spirito del corpus platonico! Platone satireggiava! Si faceva beffe.

Se Nietzsche ha scritto La nascita della tragedia con sottinteso che la nascita della tragedia dell'uomo a Nietzsche contemporaneo è l'inferno industriale, la morte di Dio e l'approdo al nichilismo, Platone avrebbe dovuto intitolare la sua opera, e non certo limitandosi al solo Simposio, “La nascita della commedia”: la presa di coscienza della non esistenza di un possibile fondamento interno a un qualunque sistema - neppure quello inerente la vita, la realtà, l'esistente, come lo chiama Schelling. Prova ne sia, Ottavio, che una volta messa a punto la superscienza della dialettica Platone afferma che sulla Terra non è possibile alcuna forma di epistemologia, essendo tutto troppo imperfetto, e si esercita allora sul punto più esterno e lontano possibile dalla Terra ovvero gli astri, le sfere celesti, gettando le basi per l'ormai inquietante sistema aristotelico-tolemaico medievale.

Chi mai sarebbe riuscito a smentire Platone? Invece, far scienza sulle cose terrestri sarebbe stato uno studio molto più facilmente falsificabile, per usare la oggi ben nota espressione popperiana. Lo ha fatto per furbizia, Platone? O l'ha fatto per lungimiranza? Se avesse applicato la sua superscienza gnoseologica ai fenomeni terrestri, e fosse stato smentito, si sarebbe in quattro e quattr'otto dubitato pure dell'efficacia del metodo dialettico presto cassandolo, come l'uomo sa fare così bene: Marx ci ha dato il leninismo-stalinismo, e dunque, ragionamento fallace, disfiamoci di Marx. Certo! Dimentichiamo la critica al capitalismo! Lasciamo campo libero ai capitalisti - se l'alternativa è la sedicente minaccia comunista! Platone fu astuto. Lungimirante, come dico. Fece fuori il modo atomizzato e monadico di intendere la realtà dei presocratici e fondò... be', la civiltà. Non meno di quanto il Vangelo abbia fatto con le altre tradizioni religiose: altro che sincretismo! Le ha schiacciate sotto i calcagni, invece!"

Mi beavo della Tua voce di colibrì e canarino, non osandomi di ribattere, o forse con espressione più consona in sede filosofica: di contro argomentare, che Platone, in fondo, costituì una pratica non dissimile da quella religiosa, con le sue comunità iniziatiche, la sua Accademia; né che i sistemi di pensiero filosofico sono la Bibbia alla base di molti atti terroristico-eversivi. Pensiamo al già citato Marx (che Tu lo volevi autore del Manifesto del Partito Comunista assieme a Hegel: Friedrich Engels, secondo il Tuo informato parere, sta lì a ricordarci per assonanza il vero padre del pensiero marxista ovvero Friedrich Hegel; non una semplice coincidenza, non una semplice assonanza - come sempre, come tutto) o al già citato Nietzsche, ma anche a Marcuse e persino ad Aldous Huxley. Filosofia e terrorismo. Filosofia ed eversione. La filosofia non è una via d'uscita dall'uomo.

"Questo con la barba lunga, invece, chi è? Mago Merlino?"

"Il Trismegisto. Quelli sotto più piccoli sono Er e Teuth, e sulla chiappa ho tatuato pure Thot. A volte queste figure tatuate sulla mia pelle si animano e la notte si danno convegno sulla mia pancia."

E poi, ci sono quei... nomi. I nomi dei Tuoi ex, Fabiola. Indelebilmente marchiati sulla tua splendida pelle lattea. Hai cominciato molti anni fa, mi ripeto per consolarmi. Non sono l'unico, ad averli accettati. L'unico no. E che strana felicità euforica mi ha presa (come tutto con Te) quando hai fatto tatuare il nome mio sul tuo costato. Ho un nome di sette lettere. Almeno non mi chiamo Vercingetorige! Ma per distinguerlo dal nome uguale di un altro ex, come hai fatto per altri due ex, te lo sei fatto tatuare di un colore differente. Ed io estatico, manco fossi la Walk of Fame!

Facevamo l'amore, e c'erano quei nomi, tra dragoni e demoni nipponici. E Gesù. E Platone. E i Presocratici. E l'ho accettato. Sei riuscita a farmelo accettare. Il mio nome ti proteggerà? Certo, dici Tu. I nomi dei tuoi ex ti proteggono? E Tu scoppi a ridere e non rispondi. Siamo un corpo, citi. Siamo anime. L'epidermide è l'esterno della mia anima. Questi nomi sono dentro me. Forever. Perché nasconderlo? Chi guarda la mia pelle, legge la mia anima. Cosa ho dentro. Quali paradigmi. Quali comandamenti incontrovertibili. Le vie di verità. Il Pentacolo Wicca, ad esempio... e proseguivi nelle Tue modulazioni new-age e cross over, fin quando arrivavi a un nome di ex, e a dire quanto fosse stato centrale, le cose da lui apprese. Parlavi degli ex come di maestri spirituali. Tu oggi ventiseienne e loro quasi sempre alle soglie dei cinquanta.

Del resto, ovvio dirlo, ma sciroccata lo sei, Fabiola. Non ho scorti i tatuaggi sulla tua pelle radunarsi in un punto del tuo corpo per discutere, no, ma la sera, mentre dormivi, deliravi. Ti agitavi e ti dibattevi posseduta. Una sera hai gridato e sussurrato per decine e decine di volte:

"Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale! Ciò... che... è... reale... è... razionale... e... ciò... che... è... razionale... è... reale! Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale!"

Un'altra volta, Fabiola, un'altra volta è stato quasi insostenibile. Non so cosa mi abbia trattenuto dal ridestarti; quale siero paralizzante. Ti sei sbattuta giù dal letto, dibattendoti e rotolandoti e gridando e piangendo ripetendo: "Perché l'Essere e non Il Nulla? Perché l'Essere e non il Nulla? Dio!, peeeerché l'Essere e noooon il Nuuulla?! Perché, Dio, perché? Meglio sarebbe non essere mai nati! Meglio sarebbe non essere mai nati! Meglio sarebbe non essere mai nati!"

Gridavi e ti rotolavi finendo contro i mobili facendo cadere suppellettili e oggetti da tavoli e comodini.

"L'Essere, Dio! L'Essere! - deliravi trai singhiozzi esasperata - L'Essere! Gottfried Leibniz capì che l'Essere parmenideo, l'Essere platonico, l'Essere è in realtà un... essere. Un essere mostruoso. Un essere come quando si mette in guardia ammonendo: "Stai lontana da quell'essere!". L'Essere è un Mostro! Un Alien! Un Frankenstein! E allora ecco il domandare disperato di Leibniz: perché il Mostro e non il Nulla? Perché il Mostro e non il Nulla?! Perché il Mostro?! Perché il Mostro?! Un pantagruelico, gargantuesco insetto extraspaziotemporale ci aspetta alla fine dei tempi dietro questa presa in giro di realtà fittizia! Questo scherzo! Questo... scherzo! E Leibniz lo aveva capito! Leibniz lo aveva capito! O forse... Forse un'immensa colonna di luce bianca, ma spaventosa, bella ma letale, ipocrita, e più ti avvicini più senti una di quelle nenie dei Goblins o quelle filastrocche alla Nightmare..."

Singhiozzavi e singhiozzavi, in questa libera, del tutto selvaggia e bistrattante ermeneutica del povero Leibniz; poi, ti svegliasti.

Ma questi episodi sono poca cosa, nel mio cuore, rispetto ai nomi dei tuoi ex tatuati sulla tua candida pelle di velluto. Non di tutti gli uomini da Te conosciuti hai tatuati i loro nomi. E non so se consolante o meno. Se punto d'onore o meno. Sarò indelebile. Sarò per sempre. Sarò anche l'ultimo? Questo il mio assillo. L'ossessione. Il chiodo fisso (più simile a un punteruolo del ghiaccio) di questi giorni, di questi mesi. Tu, quando chiedo, ridi.

Fabiola.

I tatuaggi proteggono.

I tatuaggi rendono invulnerabili.

Fabiola.

Sarò anche l'ultimo?

Diego. Massimo. Umberto. Roberto. Emanuele. Saverio. Mauro... Tutti quei nomi... Tutti quegli ex...

Sarò anche l'ultimo?

I tatuaggi rendono invulnerabili.

Zenone. La freccia di Zenone.

I paradossi di Zenone.

Mi avvicino.

Sarò anche l'ultimo?

La freccia.

La freccia di Zenone.

Mi avvicino con la lama...

...partirò dal mio nome.