La natura cresce e si conserva perché è strutturata come una rete, ricca di connessioni e interdipendenze. È necessario partire da questa considerazione per capire il significato della biodiversità. La sua essenza è racchiusa nel concetto di “varietà”, intesa come diversificazione, eterogeneità.
La biodiversità è il perno su cui è costruito l’equilibrio di questo pianeta ed è il parametro attraverso il quale vengono misurate la quantità e la varietà degli organismi viventi presenti in natura.
Questo fenomeno spontaneo è regolato da un legame indissolubile tra tutte le specie (vegetali e animali) e l’ambiente (habitat ed ecosistemi) in cui vivono.
Appare evidente che questa ricchezza biologica (fino ad oggi sono state classificate oltre 1,75 milioni di specie) include una diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema. Questo patrimonio vivente è il frutto di un lento e graduale cammino evolutivo che ha avuto origine circa tre miliardi di anni fa, partendo da semplici molecole organiche.
Purtroppo, ogni anno che passa assistiamo a una clamorosa, inquietante e progressiva riduzione di biodiversità. Le principali cause sono note da tempo, tenuto conto che ne siamo i principali artefici, e riguardano il consumo di suolo, l’eccessiva urbanizzazione, l’agricoltura industriale, gli allevamenti intensivi e l’abuso di pesticidi e diserbanti.
Anche gli effetti li conosciamo bene: basta guardarci intorno per scoprire che gli habitat naturali si riducono e si frammentano, le specie viventi diminuiscono, la temperatura globale aumenta, la desertificazione avanza e i cambiamenti climatici a livello mondiale stanno sconvolgendo gli assetti territoriali e gli stili di vita delle popolazioni.
Siamo vicinissimi al “punto di non ritorno” e già si parla di “codice rosso per l’umanità”, ma i leader mondiali si limitano a fare grandi promesse senza passare dalle parole ai fatti.
Quando in natura incontriamo la “diversità”, tutto funziona bene, poiché in questo contesto la diversità è sinonimo di arricchimento e di stabilità, è un valore aggiunto, un fattore che potenzia un ecosistema, lo tutela e gli assicura un futuro. La diversità in natura significa inclusione e condivisione.
Nel mondo umano, invece, le cose non funzionano così bene: la diversità è associata generalmente a un sentimento di esclusione, di divisione, di diffidenza, spesso accompagnata da ostilità. Per gli uomini la “differenza” è fonte di separazione, di disgregazione, di conflitto. Basti pensare alla diversità di genere o a quella sociale, economica, culturale, politica oppure religiosa.
Un altro concetto poco chiaro è quello di sostenibilità.
Un’azione può essere considerata sostenibile quando soddisfa le necessità del presente senza pregiudicare i bisogni delle generazioni future. In sostanza il contrario di quello che le società moderne hanno fatto e continuano a fare.
La sostenibilità è una virtù non praticabile dal genere umano, almeno fino a quando i pilastri della società moderna saranno rappresentati dallo sviluppo industriale e tecnologico, che ha come unico scopo la massificazione del profitto. Questo obiettivo richiede un consumo di grandi quantità di energia e una smodata produzione di rifiuti e sostanze inquinanti che incidono pesantemente, e in maniera irreversibile, sull’equilibrio ecologico della biosfera.
Continuiamo a ignorare una verità che è di una semplicità disarmante: qualsiasi civiltà che intenda costruire la sua esistenza su una crescita all’infinito dei consumi, in un pianeta di risorse finite, è destinata a fallire e ad autodistruggersi.
Si continua a parlare di disastri ecologici, di danni all’ambiente, ma in questa partita il rischio più grosso lo corriamo noi. La natura in un modo o nell’altro continuerà a sopravvivere e riuscirà a sanare le sue ferite, siamo noi che rischiamo seriamente di scomparire.
Il nostro pianeta ha già conosciuto cambiamenti climatici di vaste proporzioni, non imputabili all’uomo, che hanno cambiato in maniera radicale l’assetto biologico di molte specie viventi, condannandole all’estinzione (basti pensare ai dinosauri).
Nell’attuare delle strategie di tutela della biodiversità, oltre alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e alla riduzione dell’inquinamento industriale, hanno un peso notevole anche le nostre scelte alimentari. Non bisogna dimenticare che “mangiare”, oltre a essere un’”azione biologica” che soddisfa dei bisogni primari, rappresenta anche un “atto agricolo” e di conseguenza le nostre decisioni acquistano una valenza sia ecologica sia politica.
Per contrastare i danni provocati dall’agricoltura intensiva, è necessario orientarsi verso delle pratiche agricole sostenibili, rispettose dell’ambiente. I principali metodi di produzione agricola eco-compatibile sono l’agricoltura integrata, quella biologica e biodinamica.
Non dobbiamo, quindi, dimenticare che le nostre preferenze alimentari determinano e condizionano l’uso che facciamo del mondo.