Nelle aule parlamentari si è discusso molto riguardo al problema della discriminazione di genere in Italia. Non sono abbastanza competente, né interessata, di politica per avere un’opinione completa. La politica a volte mi sembra un puro esercizio di polemos fine a se stesso al solo vantaggio dell'ego.
Quello che interessa a me sono le persone, le relazioni, la società. Per questo il tema mi è caro ma penso sia molto difficile combattere gli stereotipi contro l'omobitransfobia quando siamo ancora intrisi inconsapevolmente e drammaticamente di stereotipi di base sul maschile e il femminile. E penso che sia assolutamente irrealistico combattere tali pregiudizi di genere a livello sociale quando è proprio la società che li semina e sparpaglia qua e là fin dai primi mesi di vita di ogni essere umano.
Prima di diventare mamma combattevo gli stereotipi di genere legati alle donne.
Se sei una donna determinata e sai quello che vuoi, sei una rompic…
Se non ti fai mettere i piedi in testa, sei una str…
Se mantieni la tua femminilità anche al lavoro, sei una poco di buono e di certo non sei molto competente.
Sei hai successo, l'hai data a qualcuno oppure sei figlia di qualcuno.
Se guadagni bene, e la cosa ti piace, sei venale.
Se sei single e autonoma, sei un’egoista superficiale che non pensa a farsi una famiglia.
Se ti fai una famiglia, diventi solo “la moglie di” e “la mamma di”.
Al momento non me ne vengono in mente altri. In compenso mi è venuta la nausea.
Ecco, nel mio modo di pensare - evidentemente schiavo anch’esso di stereotipi - pensavo, illudendomi, che gli uomini avessero vita più facile.
Poi sono diventata madre. Di un bambino di sesso maschile. E ho incominciato a vedere i terribili pregiudizi legati al genere, di cui è vittima il maschio e di come forgino la mente dei bimbi, dei ragazzi, degli adolescenti e degli uomini quindi. E come quasi inconsapevolmente e incondizionatamente vengano accettati anche dalle donne.
“Ma tuo figlio non ha nemmeno un anno!” Dirai. Esatto. Perciò mi scandalizza tanto verificare che già da così piccolo sia bersaglio di stereotipi così marcati.
Siccome il mio bimbo ha i lineamenti delicati, i capelli biondi, un viso da bambolotto e gli occhioni blu: “Ma che bella bambina… una femminuccia vero?... Ciao bella biondina… ma come siamo carine”.
Quale è il senso di tale dispercezione?
E perché le tutine per bimbe sono rosa con disegni di unicorni sul petto o con orsacchiotti che sgranano occhioni dolci, mentre per i bambini i disegni sul petto sono dinosauri che digrignano i denti, mostri e mostriciattoli, robot o supereroi machisti?
Quindi, se ho capito bene: ancora nel 2021 dalle femmine ci si aspetta che siano (solo?) carine e dai maschi ci si aspetta che siano (tranquillamente?) aggressivi.
Sigh! Gulp! Aarrghhhh! Per restare nel linguaggio dei bambini. Se non estirpiamo queste erbacce dall’inconscio collettivo non potremo fare alcuna nuova conquista sulla parità di genere. Di tutti i generi.
Ma il punto non è soltanto il tema dell'identità sessuale che, a volte, da alcuni, mi sembra cavalcato anche per moda. Il problema di fondo è l'identità in sé.
Perché incastriamo le donne fin da piccolissime dentro stereotipi che le vedono esclusivamente dolci, mansuete, delicate, remissive, innocue? Perché le priviamo di tutti quegli aspetti legati all'Animus -come lo definiva Jung - che servono al femminile ad essere assertivo, determinato, costruttivo, deciso e solido nel mondo?
E perché condanniamo i maschi, fin dalla più tenera età, a esiliare la loro parte delicata e a tarpare le ali alla propria parte femminile, che Jung definiva Anima, privandoli di un codice affettivo naturale e sano?
Perché li introduciamo solo ad alcune emozioni e non a tutte - come sarebbe giusto - creando così le basi per uomini poco alfabetizzati a livello relazionale e poco capaci di decodificare il proprio e altrui mondo interno?
Quante generazioni serviranno ancora?
Quanta educazione affettiva?
Quanta intelligenza emotiva?
C’è ancora così tanto da fare: ma è nella testa e nel cuore delle persone e non solo nelle aule del potere.