La libertà non è un beneficio della cultura: era più grande prima di qualsiasi cultura, e ha subito restrizioni con l'evolversi della civiltà.

(Sigmund Freud)

Freud aveva ragione, la cultura non garantisce la libertà, anzi. L’umanità tutt’ora non è libera, esistono solo uomini liberi perché mossi dalla volontà di conoscere sé stessi e quindi il mondo, che sono pieni di dubbi e di domande sulla realtà interiore ed esteriore e cercano risposte, sicuramente non si affidano ai dogmi.

Se, come scrisse Freud nel libro ‘Il disagio della civiltà’, le regole imposte nella società cosiddette civili schiacciano e reprimono i bisogni istintuali dell’essere umano, generando frustrazione e infelicità, si potrebbe affermare che l’agio dell’inciviltà sia l’insensibilità, la disempatia, la mancanza di compassione che vuol dire patire insieme all’altro, sentire ciò che prova l’altro, mettersi nei suoi panni. Tale sideramento interiore può procurare una sorta di agio, il ritiro dalle emozioni fa comodo perché così non si sente il dolore, ma nemmeno la gioia.

E questa è una società anestetizzata, è un aggregato di esseri umani perlopiù ‘disumani’ che non reagiscono alle ingiustizie, alla violenza, alle guerre, alle torture sugli animali, che non provano compassione, ad esempio, quando vedono un barbone che dorme per strada, al freddo e alla fame. Gli esseri umani, nella maggior parte, hanno perduto la capacità di sentire, non sono più in grado di discernere e si affidano a qualcuno che dica loro cosa pensare. Uomini che non amano la natura, gli animali, i bambini, gli anziani e così via.

La società ‘civile’ è basata sul timore e sul senso di colpa e il timore non è amore.

Mi spiego, se temo qualcuno non lo amo perché percepisco un pericolo quindi se temo il genitore e ho paura della punizione, vuol dire che non lo amo, non lo stimo e non mi sento compreso e accettato.

Se il genitore, che rappresenta la prima autorità con la quale ci confrontiamo fin dall’infanzia, ritiene il bambino inferiore, incapace di comprendere, di avere delle idee e un suo modo di relazionarsi con il mondo, eserciterà il suo potere dominante e punitivo, scaricherà le sue frustrazioni sul bambino proprio per la sua fragilità e vulnerabilità. Ecco come nasce il timore: il genitore considera il figlio ‘inferiore’ così come le istituzioni considerano i cittadini che devono essere obbedienti e votati al sacrificio per un ipotetico bene comune. Il bambino, proprio per il fatto di dipendere dai genitori sia emotivamente che per i suoi bisogni di base, si convince che deve essere bravo e obbediente per ricevere amore dai genitori.

Se un genitore impone una regola di comportamento al bambino senza motivarla, senza spiegargli il perché di quella regola, il bambino odierà il genitore perché non si sente amato, da un lato vorrebbe trasgredire ma la paura della punizione e del conseguente senso di colpa lo bloccano perché il genitore è per lui Dio, dipende da lui per la sua sopravvivenza e per il suo bisogno di essere amato, di esistere nel mondo.

Il bambino sente le emozioni dei genitori perché è in contatto con le proprie, comprende se gli si spiegano le cose e se lo si ascolta, non è stupido né privo di coscienza e di anima.

È ovvio che chi esercita il potere lo fa a suo vantaggio, che sia un genitore o un’istituzione, non certo perché ha a cuore il benessere della famiglia o della comunità. Nasce così un odio inconscio verso chi impone delle regole che si pongono in antagonismo con i bisogni basilari dell’uomo, ovvero l’essere amato, conosciuto e ri-conosciuto, compreso, accettato. L’autostima deriva dalla stima che i genitori hanno avuto del figlio e dell’amore che li ha spinti a conoscere quello sconosciuto.

Così il timore del bambino verso il genitore diviene nell’adulto il timore di Dio al quale si deve obbedienza, sacrificio. Dio è quindi la proiezione della figura genitoriale, così come lo sono i partiti politici, le squadre di calcio o le istituzioni.

Bisogna chiarire che l’essere umano è dotato di una mente logica, quell’intelletto che permette di discernere, di ragionare, di indagare, e da un’anima che sente. Il processo naturale è questo: l’anima comunica mediante le emozioni con l’intelletto che le accoglie, le accetta e le comprende amorevolmente nel loro significato e messaggio profondo, giungendo così alla consapevolizzazione della magia dell’esistere nel mondo.

Ma quando l’essere umano si identifica totalmente con la mente artefatta, un agglomerato di credenze, dogmi, condizionamenti, si stacca dalla sua anima, dal suo istinto ed intuito, perde la magia della vita, della natura, e la nevrosi è la conseguenza.

Il fatto è che vi è un’ipertrofia della mente condizionata a discapito dell’anima, gli adulti sono nella maggior parte dei casi ‘mentalizzati’, sconnessi dall’anima, condizionati a loro volta dai genitori, dalla diseducazione della scuola che reprime il pensiero critico e uccide la creatività, dalla maggior parte delle religioni che, a parte quelle animiste che ritengo le più connesse all’essenza profonda dell’uomo come parte dell’Anima Mundi, hanno introdotto un Dio maschio punitivo e per nulla amorevole, che impone l’obbedienza e il sacrificio, polverizzando il femminino e riducendo la donna a un essere inferiore, sottomesso all’autorità maschile alla quale può rivolgere solo suppliche e preghiere.

La Chiesa, profondamente misogina e sessuofobica, ha imposto il suo credo con la forza e con la violenza, basta scorrere la storia per averne prova, basta pensare alla caccia alle streghe, più di 50.000 donne bruciate al rogo solo in Europa, basta pensare a quanti ‘eretici’ sono stati uccisi. Eppure Gesù Cristo amava le donne, ne era sempre circondato, le ascoltava, le rispettava, amava l’anima che le donne rappresentano, infatti fece di Maria Maddalena la portatrice del suo messaggio d’amore e di fratellanza, poi svilita a prostituta e in seguito riqualificata in apostola degli apostoli.

Riprendo il concetto espresso da Freud citato all’inizio dell’articolo, quando afferma che la libertà era più grande prima di qualsiasi cultura, infatti le antiche ‘civiltà’ erano matriarcali, adoratrici della Luna, ricordo che i primi calendari furono lunari. Il culto della Luna è il più arcaico, sostituito poi dal culto solare precursore del patriarcato.

La Luna è la magia, rappresenta il mondo delle emozioni connesso all’elemento acqua, la sua luce riflessa richiama lo splendore dell’argento. Gli antichi vivevano la magia come un fatto naturale, non vi era una separazione gerarchica tra gli esseri viventi, ogni elemento della natura era considerato interconnesso e funzionale alla vita su questo pianeta.

Il mondo non è più magico perché predomina la mente artefatta e non il cuore e l’anima. Le divinità lunari erano diffuse in tutto il mondo, dalla dea cretese dei serpenti alla dea azteca della Luna Coyolxauhqui, tanto per citarne alcune. Tutte le dee avevano come simbolo il serpente che simboleggia la terra, la ciclicità della natura, quella trasformazione e rinascita che coinvolge anche noi esseri umani in quanto parte della Grande Madre.

Sappiamo bene il significato che il cattolicesimo ha attribuito al serpente, ingannatore e demoniaco. Nei culti antichi si condividevano delle focacce e del vino come corpo e sangue della Dea, rituale preso in prestito dal cattolicesimo e svilito a un atto di cannibalismo che richiama la celebre opera di Freud ‘Totem e tabù’, dove l’orda primitiva uccide il padre tiranno e se ne ciba dando origine al meccanismo dell’introiezione. Solo un figlio che teme il padre può pensare di ucciderlo e mangiarlo, non certamente un figlio amato dal padre e che ama il padre.

Il cattolicesimo ha degradato i culti lunari, la Dea è malefica e poiché incute paura deve essere uccisa e sostituita con un Dio maschio da temere.

Per le religioni monoteiste la terra non ha un’anima né intelligenza, così ha ucciso l’Anima Mundi, la magia del mondo e la dea della terra è diventato un mostro, un demone. Sarebbe auspicabile il ritorno alla Dea, all’anima, alla Luna, al femminino, alla magia che si fa con l’anima, non certo con la mente.

Tu che stai leggendo chiederai ‘come si fa?’

Il decondizionamento della mente è un processo lungo, doloroso, impegnativo, è come smontare un giocattolo o come sbucciare una cipolla, ma solo la conoscenza di noi stessi e la consapevolezza rende liberi e forti.

Inizia volgendo lo sguardo al tuo mondo interiore, quali condizionamenti lo abitano? quali parti o strati ti allontanano dal tuo centro animico? Come sono stati con te i tuoi genitori? Qual è il tuo credo, è basato sull’esperienza o su quanto detto da altri? di cosa hai paura?

Pensa a Giano, il dio bifronte, una faccia guarda al passato, una al futuro, solo se conosci il tuo passato rimosso puoi guardare il presente e il futuro.

Concentra la tua attenzione al ‘sentire’, come ti senti adesso?

Ascolta il tuo corpo, scrivi i tuoi sogni, i tuoi desideri più intimi.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

(Antoine-Laurent de Lavoisier)

Questa è la legge di natura, la trasformazione è il vero mistero della natura.

Molti anni fa vidi un film che mi è rimasto impresso nella memoria, The Fountain, l’albero della vita, vi suggerisco di guardarlo.

La Grande Madre sonnecchia dentro di te, svegliala e sarai libero dalla paura della morte.