Ferdinando è un professionista di successo, lavora in uno studio associato con persone amiche che lo trattano come un figlio. Ha quasi quarant’anni e ha di fronte a sé una carriera in rapida ascesa. Ha creato una relazione di amore e sostegno con Sara, probabilmente la compagna della sua vita. I clienti lo stimano e lo apprezzano perchè è un gran lavoratore e non si risparmia per assisterli al meglio e per trovare soluzioni pratiche e innovative.
Il quadro sembra idilliaco e c’è un “ma”: il legame con la famiglia di origine si sta sfilacciando. Ferdinando è un uomo di valori e di tradizioni e la famiglia per lui è qualcosa di sacro. Il papà e la mamma di Ferdinando sono due persone di cuore e si trovano in un momento di vita dove la loro relazione è in forte crisi e questo si riversa anche su Ferdinando.
Il papà riserva ampie lodi per gli altri due fratelli mentre Ferdinando sembra ricevere poco apprezzamento e incoraggiamento. La madre è immersa nel dramma silenzioso della propria relazione a pezzi e il canale di amore con Ferdinando sembra soffrirne. Ferdinando sente la distanza con i suoi e si è buttato ancora di più nel suo lavoro, nella sua coppia (che ora chiama la sua “vera famiglia”) e nelle relazioni con gli amici e amiche di studio, la sua “nuova famiglia”.
Qual è la sfida per Ferdinando qui?
Sembra che tutto sommato abbia trovato il suo equilibrio, eppure non è tranquillo e nel profondo, in una parte più o meno conscia, soffre.
Oscar Wilde ci rammenta che: "I bambini cominciano amando i loro genitori; crescendo li giudicano; a volte li perdonano".
La sfida qui sembra essere quella di comprendere, accettare e guarire la relazione con i propri genitori. Il grande rischio di “dedicarsi” anima e cuore ad altre cose e persone per non affrontare e risolvere questa relazione primordiale e archetipica rischia di sabotare le nostre relazioni affettive e lavorative future.
La vita tende a ripresentarci quello che non guariamo con i nostri genitori nelle nostre relazioni future. Il meccanismo si chiama proiezione, proiettiamo schemi famigliari irrisolti sulle persone che incontriamo. Una nuova persona ci parla proprio con quel tono e con quelle parole, come nostra madre, facendoci uscire dai gangheri. Un altro ci critica ingiustamente e non riconosce il nostro valore proprio come fa o faceva nostro padre.
E questi comportamenti continueranno ad attivarci e renderci ostaggio delle nostre emozioni di rabbia, frustrazione, paura e sdegno fino a quando non le guariremo alla fonte.
Ferdinando ha la grande fortuna che i suoi sono ancora vivi, può ancora parlare direttamente con loro, abbracciarli, piangere insieme e ripulire il flusso d’amore. Questo è un lavoro che possiamo fare anche se uno o entrambi i nostri genitori hanno già trasferito la loro residenza in paradiso, poterlo fare dal vivo ci da un valore aggiunto.
Tutto sommato la questione relazionale di Ferdinando con i suoi non è delle peggiori, ci sono relazioni genitori-figli ben più tossiche, fatte di abusi e violenze fisiche e psicologiche. Il punto è lo stesso e l’idea è di raggiungere un senso di pace e completamento con i nostri genitori indipendentemente da quello che abbiano o non abbiano fatto nei nostri confronti.
Il perdono di cui parla Wilde è un punto di arrivo fondamentale, ci fa salire ad un nuovo superiore livello di gioco, gioia e soddisfazione in tutte le nostre relazioni. La grande autrice di crescita personale Louise Hay ci invita a vedere i nostri genitori come bambini piccoli che hanno bisogno di amore, ad avere compassione per l'infanzia dei nostri genitori, sapendo che la nostra anima li ha scelti perché erano perfetti per quello che dovevamo imparare. Per questo li possiamo perdonare e liberare, e in questo modo liberare noi stessi.
Il grande ostacolo per Ferdinando è che non sa neppure che questo percorso di rappacificazione e perdono è basilare, o meglio una parte profonda di lui lo sa, ma consapevolmente, come tanti, quello che lui vuole, più soddisfazione, rispetto, apprezzamento dal lavoro e dalle nuove relazioni, non è quello di cui ha bisogno, ossia guarire completamente il suo rapporto con il suo papà e la sua mamma. E perdonare non significa certo condonare comportamenti sbagliati, offrire l’altra guancia, o peggio permettere che abusi fisici o verbali continuino.
Significa invece scegliere profondamente di andare oltre certi comportamenti e parole, riconnetterci con l’intenzione positiva e la vulnerabilità e fragilità di tutti noi essere umani per trovare un rinnovato senso di pace, serenità e completamento.
Se continuiamo a incolpare e biasimare i nostri genitori, questo non solo ha un impatto sulla nostra relazione con loro, ma influenza in maniera potente e nascosta le relazioni con i nostri partner, i nostri colleghi, i nostri figli.
Quando ci assumiamo la responsabilità della nostra vita e prendiamo la decisione di rompere il ciclo del trauma familiare, favoriamo un futuro sano e positivo. Più compassione sviluppiamo per i nostri genitori, più ne proviamo anche verso i nostri compagni, amici e colleghi di lavoro.
Cominciamo a percepire le fragilità degli altri, a riconoscere i loro tentativi falliti di prendersi cura di noi: solo così possiamo apprendere ad amare più pienamente e ad essere più disponibili a guarire le nostre relazioni.
“Belle parole Nicola, hanno senso, mi risuonano, me le sento, ma da dove comincio in pratica?”
Dopo aver preso consapevolezza che quello che vogliamo non è quasi mai quello di cui abbiamo veramente bisogno ecco come approcciare al meglio i vostri genitori (e chiunque) in tre semplici ma non facili (richiedono una pratica costante) passi.
- Ascolta empaticamente. È un cliché, lo trovate in un sacco di libri sul miglioramento personale e sulla comunicazione. Eppure non ce lo insegnano né in famiglia né a scuola e se non lo alleniamo non siamo bravi a farlo. Quindi prima di metterti sulla difensiva, prima di spiegare, prima di attaccare, prima di dire la tua, semplicemente ascolta con le orecchie e con gli occhi e dai un nome alle emozioni che riconosci nelle parole dell’altro, per esempio “Mamma, sembra che tu sia molto frustrata da …(quello che sta accadendo e sta raccontando la mamma)”, e poi rimanete in silenzio affinché l’altra persona risponda.
- Valida le emozioni e riconosci l’emozione positiva dietro il comportamento che potrebbe non essere dei migliori. “Papà dimostra coraggio il fatto che tu mi stai parlando di quello che senti…” Non hai bisogno di essere d’accordo con quello che sentono o dicono ma solo riconoscere che, dal loro punto di vista, è ok dire o sentire quello che stanno dicendo e sentendo. Lo fanno con successo i negoziatori della polizia e dei servizi segreti con terroristi e cattivoni internazionali, se funziona con loro, funziona di sicuro anche con la tua mamma e papà.
- Solo dopo aver veramente e profondamente ascoltato con genuina curiosità e validato le emozioni, positive e/o negative, del tuo interlocutore, allora poni una domanda animata da genuina curiosità e non da giudizio o accusa, o aggiungi delle informazioni se utili per distendere e risolvere. “Papà, cosa consigli di fare d’ora in poi per poter parlare e confrontarci tra di noi in modo rispettoso e amorevole?”
Come scrive Brad Meltzer: “Non importa quanto lontano arriviamo, i nostri genitori sono sempre in noi.”
Buone guarigioni famigliari!