In questi ultimi tempi, mentre è in corso la pandemia da Coronavirus, tutti, giornalisti e politici, parlano di ecologia tanto è vero che l’ultimo Governo ha istituito un Ministero ad hoc con a capo, però, un esperto di nanotecnologia che con l’ecologia ha poco a che fare. In realtà, per l’ambiente si fa niente o molto poco.
Si continuano a emettere CO2 in atmosfera ed esalazioni industriali che aumentano il buco dell’ozono. Senza alcun riguardo i campi continuano a essere cosparsi di fertilizzanti chimici, antiparassitari e diserbanti nocivi per la salute dell’uomo e degli animali. Nel mondo si mangiano disinvoltamente cereali geneticamente modificati che consumiamo quotidianamente nonostante l’uomo continui a considerarsi ancora padrone del pianeta. Il fatto è che non esiste più una regolazione biologica del mondo vivente.
Poi, spesso ce lo dimentichiamo, soprattutto in questo momento, viviamo nell’era atomica e questo non è una garanzia per la nostra sopravvivenza. In ogni momento potremmo trovarci davanti a un disastro senza vie di fuga, come è accaduto a Chernobyl nel 1986 e a Fukushima nel 2011. Inoltre, è inutile che ci siano molti scienziati che ci mettono in guardia sui pericoli che stiamo correndo, quando gli interessi prevaricatori delle multinazionali, quando i signori della guerra continuano a sobillare conflitti armati a destra e a sinistra, per non parlare del problema dello stoccaggio del materiale radioattivo.
Tutto viene regolato dalla legge del profitto, senza se e senza ma: un’idolatria feroce della crescita economica che comporta un impoverimento delle nostre risorse naturali, tanto più che, al contrario di quanto si possa pensare, spesso, l’uomo spende più energia per produrla di quella che in realtà consuma. La crescita economica non è affatto illimitata come molti economisti vorrebbero farci credere. La società trasforma tutto in beni di consumo, in merci che vengono scambiate con il denaro e ciò che è singolare è che “economia” ed “ecologia” hanno la stessa radice “eco” che in greco antico vuol dire casa “di tutti”!
C’è un aumento vertiginoso dell’entropia sulla Terra (secondo principio della termodinamica), e molti non sanno nemmeno che cosa significhi. Dove andremo a sfruttare l’energia quando sulla Terra si sarà esaurita, andremo a prenderla sulla Luna o su Marte? La probabilità di farlo, anche in un lontanissimo futuro, è praticamente uguale a zero.
Sulla Terra c’è inoltre un altro problema, che non è secondario ai fini della conservazione dei sistemi naturali. Abbiamo introdotto a nostro piacimento animali autoctoni di un luogo per portarli in altre parti, senza pensare che questo avrebbe poi devastato l’ambiente.
Ad esempio, nell’Italia continentale è il caso della recente introduzione del cinghiale che, come mammifero autoctono, esiste solo in Sardegna. Dal dopoguerra in poi dall’Est Europa e da altri continenti sono stati introdotti in Europa occidentale molti altri animali invasivi, volontariamente ma anche involontariamente, senza pensare al danno che avrebbero potuto arrecare al nostro ambiente, come la tartaruga dalle guance rosse dalla Florida, lo scoiattolo grigio dal Nord America, la zanzara tigre e la vespa velutina dal Sud-Est asiatico.
C’è poca sensibilità ecologica. È praticamente inutile quando si organizzano gite scolastiche e si invitano i bambini a raccogliere bottiglie di plastica e altri residui lungo i corsi dei fiumi o lungo le coste dei mari e dei laghi quando queste iniziative sono solo occasionali. Sono inutili anche perché questo è il male minore. I grandi inquinatori delle acque e dell’aria sono altri (sappiamo anche chi) e spesso sono intoccabili, condizionano tutti, i media, il giornalismo, anche i governi, altrimenti le lobby che cosa starebbero a fare nelle pieghe di tutti i parlamenti del mondo?
Oggi in Italia, mediamente, ogni cittadino per vivere in un anno necessita di circa 15 tonnellate di materiale inerte di ogni genere e una volta utilizzato lo disperde nell’ambiente, per non parlare dei rifiuti domestici. Inoltre abbiamo dei problemi enormi per l’erosione dei suoli, le alluvioni e le frane a causa del disboscamento.
Crisi ecologica
Il termine moderno “ecologia” è stato coniato per la prima volta dal naturalista tedesco Ernst Haeckel (1834-1919) quindi più di cent’anni fa, che si ispirò a delle intuizioni darwiniane. Nel 1924 fu istituita in Italia a Perugia la prima cattedra universitaria di Ecologia. Negli anni ’20 siamo quindi partiti con un certo anticipo rispetto a molti altri Paesi, ma questa sensibilità si è poi dispersa con la dittatura fascista. Oggi siamo arrivati a un livello della crisi ecologica, e del bene collettivo planetario, irreversibile, nonostante i proclami ottimistici di chi sta al potere e che vuole sempre tranquillizzare gli animi di coloro che hanno ancora la capacità di capire e prevenire. Sono state proclamate delle leggi nazionali e internazionali, che sono state sempre disattese: leggi che prevedevano limitazioni nell’uso dei contenitori di plastica e nell’uso dei clorofluorocarburi e di altri prodotti cancerogeni. Poi ci sono quelli che non vogliono vedere, sentire e parlare della crisi ecologica, proprio come nella metafora delle tre scimmiette che si tappano gli occhi, gli orecchi e la bocca.
Cosa fare
Naturalmente ciò che si dovrebbe fare a questo punto è persino ovvio e naturalmente questo non è solo il pensiero del sottoscritto, ma, più in generale, di quegli uomini che hanno maturato un forte senso critico, un pensiero dissidente, come scrisse l’ambientalista e politico italiano Giorgio Nebbia. Però questo spirito critico dovrebbe alimentare le menti della maggioranza degli uomini, non solo di alcuni, perché se rimane di pochi non servirebbe a niente. In questi ultimi anni, i cambiamenti climatici così evidenti e sconvolgenti (uragani devastanti, maremoti e altri disastri) dovrebbero spingere i giovani, gli uomini del futuro, a una svolta decisiva, un cambiamento di paradigma. Avranno la forza di farlo?
Dato quello che stiamo osservando, questa sembra una vana speranza. Hanno più senso critico gli uomini di una certa età e con esperienza che molti giovani i quali purtroppo si adeguano disinvoltamente alle consuetudini e alle convenzioni consumistiche, alla moda. Ovviamente non tutti sono così, ma quelli che vogliono veramente cambiare l’ordine delle cose vengono sottilmente minacciati, a volte anche brutalmente e con una violenza da parte delle forze dell’ordine inaudita, come è accaduto durante il G8 di Genova, il 20 luglio del 2001. Il fatto più amaro è che in queste circostanze quei giovani che hanno avuto la forza di ribellarsi siano stati descritti come criminali, quando in realtà difendevano il loro e il nostro futuro.
Lista rossa
Desidero concludere questo articolo con un altro dato allarmante che riguarda gli animali in pericolo di estinzione, in particolare le scimmie antropoidi e le Proscimmie, cioè tutte le scimmie o Primati non umani. Nel 2020 l’IUCN (International Union for Conservation of Nature) ha pubblicato la “Lista Rossa” degli animali in grave pericolo di estinzione che riguarda circa 120mila specie di cui più di 70mila selvatiche. Questo vuol dire che a breve più del 60 % di queste specie non saranno più presenti sulla Terra. Inoltre, molto presto, perché a un passo dall’estinzione, spariranno 33 specie di Lemuri dal Madagascar (tutte Proscimmie), a causa, soprattutto, della pressione demografica umana, della deforestazione e del bracconaggio, nonostante tutte queste specie, almeno sulla carta, dovrebbero essere protette.
A queste Proscimmie viene sottratto il terreno naturale, cioè quello forestale, a favore dello sviluppo dell’agricoltura, ma la deforestazione è un’arma a doppio taglio, soprattutto per coloro che pensano che abbattendo le foreste si possano sfruttare i terreni per lo sviluppo agricolo, senza pensare che dopo un decennio, data la natura molto acida di questi suoli, non produrranno più niente, anzi, diventeranno sterili.
Allora come possono gli uomini che vivono su queste terre cadere in questa trappola? Semplice. Le multinazionali del legno corrompono i Governi illudendo loro e tutti gli altri, soprattutto i contadini, che la deforestazione venga fatta per il loro bene, e lasciandoli, in realtà, con il cerino in mano, senza foresta e senza terreni da coltivare. Ma alle multinazionali del legno questo non importa niente, soprattutto dopo avere tagliato ed esportato il legname che è molto pregiato e valutato come l’oro nei mercati europei, Nord-americani e in alcuni Paesi asiatici, come il Giappone e la Corea del Sud. Questo capita non solo in Madagascar, dove si trovano le Proscimmie, ma in molti altri Paesi dove vivono le tre specie di scimmie antropomorfe più note: gli Oranghi nel Sud-Est asiatico e gli Scimpanzé e i Gorilla in Africa. È una storia molto triste a cui si dovrebbe porre fine, ma chi ha la forza per farlo?
Letture consigliate
Odum, E.P. & Barrett, G.W., 2004. Fundamentals of Ecology. Monterey, CA., Brooks/Cole Publ. Co. (tr. it. Fondamenti di Ecologia. Padova, Piccin-Nuova Libreria, 2006).
Diamond, J. 2005. Collapse. London, Penguin Books (tr. it. Collasso. Torino, Einaudi Editore, 2005).
Marcon, G. 2015. Langer. La conversione ecologica. Milano, Jaca Book.
Nebbia, G. 2015. “Antonio Moroni e l’educazione ambientale”. La Gazzetta del Mezzogiorno, 27 gennaio.
Nebbia, G. 2020. La terra brucia. Milano, Jaca Book.