Anche nelle due estati finora segnate dalla pandemia, il Serravalle Jazz non ha chiuso i battenti. Come era successo nel 2020, anche in questo 2021 il festival, che si tiene da vent’anni alla Rocca di Castruccio, a Serravalle Pistoiese, ha dovuto traslocare a Pistoia. Più ampio lo spazio a disposizione nello scenario comunque splendido della Fortezza Santa Barbara, e più facile quindi gestire la platea con il distanziamento senza limitare l’ingresso a poche decine di persone, come sarebbe stato necessario nella location storica. E allora quest’anno il direttore artistico Maurizio Tuci, insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, al comune di Serravalle e all’Associazione Teatrale Pistoiese, ha trovato ospitalità all’interno del contenitore estivo Spazi Aperti, e ha organizzato tre serate di grande musica, come sempre a ingresso gratuito.
Si è cominciato il 23 agosto, anche qui nel pieno rispetto di una tradizione: la collaborazione con Barga Jazz, che in pratica “replica” il concerto che chiude la manifestazione lucchese, in questo caso l’esibizione della Barga Jazz Orchestra, quella che fino a qualche anno fa si chiamava big band, diretta da Mario Raja e come sempre con un ospite di grande peso. Il Barga Jazz infatti non è un festival, ma un concorso per arrangiatori e compositori, che in ogni edizione mette al centro un autore e musicista e chiede ai candidati dal premio di lavorare (anche) sulle sue musiche. Stavolta è toccato al sax di Maurizio Giammarco, e la serata è servita per avere almeno due certezze: la prima è che ci sono jazzisti italiani capaci di scrivere musica di altissimo livello, la seconda che in giro ci sono giovani arrangiatori di vero talento, in grado di interpretare una musica con radici ben salde nel passato come il jazz verniciandola con uno strato di modernità e contemporaneità che continua a renderla interessante anche dopo la fine del secolo di cui è stata protagonista, il Novecento.
Nella seconda serata, il 24, invece, il pubblico si è trovato di fronte un progetto coraggioso, che in teoria poteva dimostrarsi ostico, e invece ha regalato emozioni e qualità pur con una formazione che sfidava gli ascoltatori: quattro sax, quelli di Pasquale Laino (soprano), Pietro Tonolo (contralto), Mario Raja (tenore) e Rossano Emili (baritono). Un concerto degli Arundo Donax, formazione attiva da quasi trent’anni, basato quindi sulle armonizzazioni di quattro sassofoni, e diviso tra i pezzi di Duke Ellington, a cui era dedicato (anche per ricordare l’edizione zero del Serravalle Jazz, che vide protagonisti i concerti sacri di Ellington), e le composizioni originali. Proprio per dare vita alla musica del Duca, ospite del quartetto è stata Federica Raja, che ha prestato la sua voce da soprano lirico come già in passato era avvenuto nell’interpretazione di questo materiale. Ne è venuta fuori una serata di grande fascino, che ha soddisfatto sia gli organizzatori che la platea.
Per la prima volta poi tra la seconda e la terza serata il festival si è preso una settimana di pausa, e nell’ultimo giorno di agosto ha messo in scena l’appuntamento conclusivo. Il protagonista assoluto, a cui è stato assegnato il premio Renato Sellani, ormai indissolubilmente legato al Serravalle Jazz, avrebbe dovuto essere Enrico Rava, uno dei musicisti più bravi e popolari in Italia e in Europa. Purtroppo il trombettista ottantaduenne è stato costretto a cancellare il tour per motivi di salute, ma ha promesso di tornare nel 2022, quando la manifestazione si ripropone di tornare alla Rocca, mantenendo però in pianta stabile un’anteprima a Pistoia, che ormai l’ha adottato con grande gradimento del pubblico.
A sostituire Rava è stato un altro maestro dello strumento, anche lui già passato più volte da Serravalle, Flavio Boltro, che si è unito al trio formato da Nico Gori (sax e clarinetto), Massimo Moriconi (contrabbasso) ed Ellade Bandini (batteria) insieme ad altri due ospiti: il pianista Piero Frassi e la cantante Stefania Scarinzi. Con una formazione del genere era ovvio aspettarsi qualità altissima, e le attese non sono state deluse: molti i classici rivisitati, dalla tradizione ripercorsa a ritroso fino agli anni Dieci del Novecento (St. Louis Blues), fino a una serie di omaggi a Michel Petrucciani, con cui Boltro aveva collaborato e registrato dischi, passando per molti brani che hanno fatto la storia di questo genere musicale (But not for me di Gershwin), per chiudere con un bis ancora dedicato a Ellington, Caravan, che in qualche modo sigilla coerentemente un’edizione del festival (intitolata “Pronti, partenza, via”) che essendo quella del ventennale voleva tornare sui suoi passi e ripercorrere alcune delle tappe fatte fin qui.
La speranza, come più volte ha ricordato Tuci, è proprio quella di tornare a Serravalle nel 2022, restituendo alla kermesse la sua identità, quella di essere un connubio tra musica di altissimo livello (con i seminari pomeridiani, i concerti e il premio Sellani) e festa popolare (con gli stand gastronomici, i bambini che ballano sotto al palco, l’ingresso libero) che ha il pregio di attirare non solo chi è abituato all’ascolto del jazz, ma anche di avvicinare chi, per curiosità, si affaccia alla Rocca, rimanendo immancabilmente affascinato dalle note.