Le cose intorno a me sembra stiano prendendo una brutta piega. C’è in atto una strana ingordigia che ci conduce rapidamente - ci siamo già - alla cecità e all’ignoranza. Come tutte e tutti noi, esseri imperfetti, ho molti limiti. Tra questi la lentezza non mi permette nessuna forma di accelerazione. Già l’espressione "in tempi brevi" mi crea angoscia. Sì, sono lenta. Come una lumaca. E come una lumaca mi guardo attorno. Mi fermo. Entro in relazione con ciò che mi circonda. Vedo e riconosco. L’accelerazione dei tempi permette solo l’azione dello sguardo. E lo sguardo viaggia velocemente.
Non c’è più tempo per fissare, per mettere a fuoco la vista. Per vedere è necessario scendere in profondità e per farlo ci vuole tempo e concentrazione. Insomma è un’operazione - quella del vedere - ormai scomparsa anche nella logica di quegli amministratori culturali che dovrebbero prendersi cura della città e trasmetterla a noi tutti.
Ho visto e continuo a vedere un meccanismo perverso che da un lato continua a ripulire, restaurare, celebrare i monumenti e dall’altro infierisce su di essi annullando i loro molteplici insegnamenti. Attanagliano il patrimonio artistico di questa città vuoti, assenze, distrazioni imperdonabili che riguardano arte, cultura, ambiente.
Sono stanca, ne ho parlato e ne ho scritto tante volte; ora passo il testimone - è il momento giusto quello della staffetta - ad amiche e amici specialiste/i, studiose/i, artiste/i ravennati che si fanno così testimoni di tante disfatte, di tanti appuntamenti mancati, di tanti progetti e di tante richieste ignorate.
Elogio a Saturno Carnoli
Inizio l’esperienza del "saper vedere" con un amico che non è più con noi da un anno e mezzo, da chiuso morbo combattuto e vinto. Più passa il tempo e più rimane tra noi perché le sue parole, i suoi libri, il suo agire sono qui e tutti noi continueremo a parlare e a scrivere di lui con la stessa necessità con cui respiriamo. Saturno, Nino per amiche e amici, è stato scrittore, saggista, pubblicitario, grafico, artista, ma soprattutto voce critica e pungente della realtà ravennate per più di mezzo secolo, produttore instancabile di progetti capaci di rara visionarietà. Voleva difendere e riportare in auge la vocazione primaria di Ravenna, il mosaico, e denunciare lo stato di abbandono e di degrado che gli ultimi decenni avevano riservato a questa straordinaria tecnica artistica. Non è stata certo l’unica sua battaglia, ma è quella che ha interpretato con più passione e che gli ha procurato più dolore e umiliazione, anche perché, inascoltato, è stato costretto ad essere testimone impotente di una città che ha dissipato questo patrimonio. E non sarà certo un caso che il termine passione trovi origine nel latino passus, part. pass. di pati, verbo che porta in sé il senso del patire e del soffrire.
Ravenna, capitale del mosaico di Saturno Carnoli
Non avrei mai pensato di dover convincere qualcuno sul fatto che Ravenna debba continuare ad essere la capitale del mosaico, eppure ho passato una parte della mia vita a combattere per difendere questa ovvietà che di anno in anno ha sempre più perso forza, dimenticata dalla miopia di questo nostro presente. Voglio ripercorrere brevemente alcuni passaggi di queste mie convinzioni.
Innanzi tutto, Ravenna ha in custodia la qualità dei cicli musivi conservati nelle sue basiliche, battisteri e musei, che testimoniano in modo innegabile la formazione, nel V e nel VI sec, di una iconografia e di una iconologia cristiana finalmente compiuta, ottenuta conservando tecniche e stilemi della classicità greco-romana, accanto al rispetto della nuova cultura dell'interiorità della quale il Cristianesimo è stato portatore. Da qui una straordinaria libertà espressiva che riesce ad infrangere le catene del tempo e a commuovere la contemporaneità.
Quanti si rendono conto di tutto ciò? Chi si è assunto il compito di promuovere questa unicità? Chi sa leggere quell’unicum assoluto che è il San Lorenzo di Galla Placidia che corre con le vesti svolazzanti verso il martirio con mille indizi di terza dimensione, di verosimiglianza e di realismo, mentre a sinistra la graticola e la teca sono rappresentate con la prospettiva inversa, che ha il suo punto di fuga fuori dalla rappresentazione?
E poi, quanti conoscono la genialità e la visionarietà di un grande ravennate, Corrado Ricci, che tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento riuscì a valorizzare i mosaici ravennati fino ad allora mal custoditi e peggio considerati? Eppure è uno dei più grandi esperti del patrimonio artistico italiano di tutti i tempi (diresse le Gallerie d'Arte e i Musei di Parma, Firenze, Brera, Bergamo, ridisegnò la Roma dei Fori imperiali e di via della Conciliazione, fu ministro della Pubblica Istruzione) che a Ravenna sperimentò con successo la prima soprintendenza per la tutela dei monumenti e del paesaggio, che fu poi allargata a tutto il paese con una legge di tutela tuttora operante e insuperata.
A Ravenna Ricci promosse una campagna di rigoroso restauro e valorizzazione dei mosaici per cui fu istituita nel 1924, presso l'Accademia di Belle Arti che aveva frequentato da ragazzo, una Scuola del Mosaico per formare mosaicisti, artigiani restauratori e artisti che sapessero ereditare e perpetrare nel tempo questo antico sapere delle mani e che lungo tutto il Novecento ha rappresentato una eccellenza identitaria della città.
Accanto agli strumenti legislativi, ai programmi concreti di restauro e all'investimento nella formazione artistica e di mestiere, Corrado Ricci promosse questa nuova immagine di Ravenna dei mosaici attraverso numerose e importanti iniziative editoriali, guide e narrazioni ad hoc per favorire l'incontro tra il mosaico ravennate e la cultura e la ricerca artistica moderna (Sironi, Severini, ...) fino a far guadagnare al mosaico il definitivo riconoscimento di una propria autonomia come codice estetico autonomo.
Nel corso di tutto il Novecento questa specificità del mosaico ravennate può essere riferita alla materialità e alla tattilità della tecnica che, con inclinazioni diverse della superficie delle tessere garantiscono un diverso timbro di rifrazione della luce, rendendo la composizione vibrante e viva. Sono le dita che scelgono le tessere e le posano nella malta cementizia, mantenendole ad una certa distanza l'una dall'altra, poiché il mosaico è discontinuo, discreto, e lo specifico musivo forse è proprio l'interstizio. Queste caratteristiche che di per sé allontanano dal realismo e dalla verosimiglianza nella rappresentazione, portano facilmente verso soluzioni simboliche astratte e concettuali che giustificano il privilegio che il mosaico ha goduto tanto col cristianesimo delle origini quanto con le ultime avanguardie artistiche che ne hanno manifestato tutto il loro interesse.
Ormai lo ripeto da anni in modo compulsivo, ma Ravenna era la titolare di questo patrimonio e aveva realizzato un'offerta formativa che, unica al mondo, andava dalla scuola primaria all'Istituto Statale d'Arte, dai corsi di formazione professionale al livello universitario dell'Accademia, ai corsi estivi del CISIM e quelli di Restauro della soprintendenza. Decine e decine di giovani di tutti i Paesi venivano ogni anno a frequentare i nostri corsi per trasferire nei loro paesi questa originale forma di espressione artistica. Eppure questo sapere unico che era in grado di innescare nuove attività e di avvalersi di una tale offerta formativa è entrato gradualmente in crisi per diverse ragioni: una industrializzazione universale dissennata da una parte e, dall'altra, lo sguardo corto dei gruppi dirigenti che, per apparire moderni ed efficienti, decidevano di liberarsi frettolosamente di questo passato e in generale delle forme artigianali tipiche del nostro più profondo DNA, ancora tenacemente attivo e universalmente invidiato.
Quindi, così come un tempo la fondazione della Scuola del Mosaico servì a costruire nel corso del Novecento l’idea di Ravenna Capitale del Mosaico, ugualmente oggi, al tempo della globalizzazione, dell'affermazione del terziario, del post industrialesimo, del turismo di conoscenza ed esperienziale, le ragioni di Ravenna capitale del mosaico devono essere rivitalizzate soprattutto attraverso la ricostruzione di un'offerta formativa articolata su più livelli: liceo Artistico indirizzo Mosaico, corsi formazione professionale, Accademia Belle Arti, corsi estivi, valorizzazione dei diversi settori professionali del restauro, dell'arredo urbano, della decorazione architettonica, della ricerca artistica.
Insomma una serie di percorsi didattici che ai vari livelli siano di chiaro stampo umanistico, legati al coinvolgimento della città nel suo contesto mediterraneo, per mantenere interconnesse fra loro le intramontabili problematiche dell'arte, dell'artigianato, della tecnologia e della cultura di progetto.