Sono innumerevoli i giardini storici distribuiti lungo tutta la nostra Penisola e moltissimi quelli annidati lungo le rive dei nostri laghi.
Questa estate ne ho rivisitati tre, situati nel tratto tremezzino del Lago di Como: il Giardino di Villa del Balbianello, a Lenno, il Giardino botanico di Villa Carlotta, a Tremezzo, e il parco di Villa Melzi d’Eril, sulla riva opposta, a Bellagio.
Cominciamo dal primo: Villa del Balbianello, situata sul promontorio boscoso di Lavedo, dove tra l’altro sono state ambientate alcune scene Guerre Stellari – l’Attacco dei cloni (2002), di George Lucas, e di 007 Casino Royale (2006), di Martin Campbell. Sorto sul finire del XVI secolo sui resti di un convento francescano del 1200, forse su disegno di Pellegrino Tibaldi, architetto e pittore cinquecentesco, per volere del cardinale Tolomeo Gallio, il palazzo venne fatto ampliare dal cardinale Angelo Maria Durini nella seconda metà del Settecento. Durante i primi decenni dell’Ottocento la proprietà fu ceduta al conte Luigi Porro Lambertenghi, che la rese un punto di riferimento della carboneria lombarda e un rifugio per i rivoluzionari. Negli anni a seguire passò agli Arconati Visconti, esponenti della nobiltà milanese e divenne un importante luogo di incontro di scrittori e intellettuali dell’epoca, fra i quali Manzoni, Berchet e Giusti. Dopo un periodo di abbandono, nel 1919 la proprietà fu acquistata dal generale americano Butler Ames e nel 1954 dal celebre esploratore polare Guido Monzino, il quale, nel 1988, la lasciò in eredità al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano).
La villa è costituita da due corpi quadrati a picco sul lago: nella zona superiore si ammira la celebre loggia (Loggia Durini), ricoperta da un annoso Ficus pumila, decorata sul pavimento da una rosa dei venti intarsiata: è il punto focale del grande parco di impianto settecentesco che domina i golfi di Diana, verso l’Isola Comacina, e quello di Venere, verso Tremezzo. All’interno, la villa custodisce una delle più ricche biblioteche dedicate a spedizioni alpinistiche e polari e, nel sottotetto, un piccolo museo che raccoglie i ricordi delle spedizioni del conte Monzino. Dal porticciolo, protetto da un muraglione semicircolare ornato da tre statue di santi, tra cui San Carlo Borromeo raffigurato nell’atto di benedire le acque, si accede all’ingresso principale della villa. Un elegante imbarcadero con uno splendido cancello di ferro battuto costituisce invece l’ingresso secondario, fra rododendri e azalee.
Il giardino è una combinazione di stili all’italiana e alla francese, con una successione di tappeti erbosi in pendenza delimitati da siepi di bosso (Buxus sempervirens) e lauro (Laurus nobilis), e annosi platani potati a candelabro, alternati ad antiche statue e glicini, a ornare il sentiero che dal lago sale fino alla sommità del promontorio; tra le presenze arboree, vi sono un enorme leccio (Quercus ilex) e una grande canfora (Cinnamon camphora) allevati a cupola, assolutamente spettacolari.
Villa e giardino del Balbianello, di proprietà del Fai, sono aperti alle viste da metà marzo a metà novembre. Sono ammessi i cani, purché ovviamente al guinzaglio, ma in questo periodo occorre presentare il green pass per accedere anche solo al giardino.
Qualche chilometro dopo, poco dopo Tremezzo, sorge Villa Carlotta: iniziata a costruire, nel 1690, dal marchese milanese Giorgio II Clerici, venne terminata parecchio tempo dopo, dal bisnipote Antonio Giorgio; nel 1795 fu venduta a Giambattista Sommariva, politico e grande collezionista d’arte, in seguito nominato conte e poi marchese, che la trasformò in un vero e proprio museo di opere d’arte antiche e ottocentesche. Nel 1843, dopo varie vicissitudini, venne ceduta alla principessa Marianna di Nassau, sposa del principe Alberto di Prussia, che successivamente la donò alla figlia Carlotta in occasione delle sue nozze con Giorgio II, duca di Sassonia-Meiningen. Di proprietà dello Stato italiano dal 1914, dal 1927 Villa Carlotta è gestita dall’Ente Villa Carlotta.
Ciò che rimane della collezione d’arte, tra cui opere del Canova, Hayez e Thorvaldsen, è esposto nelle sue sale; comprende inoltre un museo degli attrezzi agricoli, che raccoglie tinozze, carriole, torchi, tini, una pompa antincendio e tanti altri utensili e strumenti, utilizzati in passato dai giardinieri della villa.
Estremamente suggestivo anche il giardino, sia per la ricchezza di specie botaniche esotiche che lo contraddistingue, sia per la posizione panoramica e l’armoniosa convivenza di stili diversi. Davanti alla facciata principale, rivolta sul lago, si trova un giardino all’italiana, assai ammirato da Gustave Flaubert durante il suo soggiorno sul Lago di Como nella primavera del 1845: suddiviso in cinque terrazze e racchiuso da alte siepi topiate, parapetti a balaustre, ospita antiche statue (fra cui dodici rappresentanti divinità mitologiche e figure allegoriche: Notte, Ercole, Zefiro, Dejanira, Flora, Apollo, America, Pomona, Galatea, Eco, Aurora, Vertumno), aiuole formali, piccole peschiere, nicchie, una grande fontana settecentesca, siepi di camelie, gallerie di agrumi e rose rampicanti. Lungo la collina ai lati e alle spalle dell’edificio si sviluppa il romantico parco di origine settecentesca, con una successione di alberi secolari, grotte, sentieri e scorci prospettici.
Nella seconda metà dell’Ottocento il principe Giorgio di Sassonia Meiningen, appassionato botanico, vi aggiunse le imponenti macchie di rododendri e azalee, plasmate in forme tondeggianti d’ispirazione topiaria - strepitose in aprile quando sono ricoperte da migliaia di fiori dai colori sgargianti - molte specie arboree rare.
Oggi nel parco di Villa Carlotta crescono 799 specie e varietà diverse, fra cui 1012 alberi in gran parte plurisecolari, 152 rododendri arborei, con tronchi da 30 a 60 centimetri di diametro e altezza fino a 15 metri, e 254 arbustivi, 202 rose, 970 arbusti e 779 piante delicate da ricoverare in serra; si contano 126 siepi, 374 macchie arbustive e 51 aiuole fiorire. In particolare si possono ammirare, fra gli alberi, enormi cipressi (Cupressus arizonica, C. sempervirens), cedri (Cedrus atlantica ‘Glauca’, C. deodara, C. libani), Chamaechyparis lawsoniana, sequoie (Metasequoia glyptostroboides, Sequoia sempervirens), araucarie (Araucaria angustifolia, A. araucan, A. cunninghamii), morbide criptomerie (Criptomeria japonica, C. j. ‘Globosa Nana’), pini (Pinus coulterii, P. leucodermis, Pinus montezumae, P. nigra, P. parviflora ‘Glauca’, P. sylvestris, P. strobus, P. wallichiana), Picea orientalis, Abies grandis. Tra le latifoglie, grandi Gingko biloba, faggi (Fagus sylvatica, F. p. ‘Atropurpurea’, F. p. ‘Pendula’, F.p. ‘Tricolor’), magnolie (Magnolia grandiflora e Magnolia figo, già Michelia figo), l’albero dei fazzoletti (Davidia involucrata), canfore (Cinnamomum camphora), Celtis australis, Liquidambarar styraciflua, Liriodendron tulipifera, Acer cappadocicum e A. palmatus, Nyssa sylvatica, Parrotia persica, Platanus x hispanica e Tilia cordata; numerose palme (Jubaea chilensis, Phoenix canariensis, Trachycarpus fortunei) e una grande sughera (Quercus suber), straordinaria anche perché fuori dal suo areale. Fra gli arbusti, oltre alle macchie di azalee e camelie, si incontrano Edgeworthia papyrifera, Stewartia pseudocamellia, Erythrina crista-galli, Griselia littoralis, Luma apiculata e molti altri. In una forra naturale ombreggiata da tigli e platani e resa più umida da nebulizzazioni costanti, si sviluppa la Valle delle Felci arboree e palmiformi (Dicksonia antartica e altre specie), provenienti da Australia e Nuova Zelanda.
Altrettanto suggestivi sono il Giardino di Bambù, un’area di 3000 metri quadrati suddivisa su due livelli, d’ispirazione i giapponese, in cui crescono 25 specie di bambù, fra cascatelle, ruscelli e pietre; il Teatro di Verzura, formato da quinte di arbusti, conifere, azalee, rododendri, palme e un glicine secolare dalle forme scultoree; il Giardino Roccioso, in cui crescono arbusti erbacee primaverili ed estive, palme e piante succulente in vaso, appartenenti a 15 generi diversi, che vengono ritirate in inverno; il Giardino Vecchio, a sinistra della villa, d’ispirazione romantica: risalente al 1800, è caratterizzato da un viale centrale di platani potati a ombrello, rovine neo-medievali e la Fontana dei Nani di gusto barocco; infine, a monte, di recente realizzazione, l’Uliveto, formato da ulivi antichi e giovani, per raccontare le antichi coltivazioni che tipiche di questa sponda del Lago di Como.
Villa Carlotta e il suo giardino aprono al pubblico da metà marzo alla seconda settimana di novembre: anche qui sono ammessi i cani al guinzaglio e una gradevole coffee house, all’interno di una grande serra, offre la possibilità di fare uno spuntino durante tutto il giorno. Di ottimo livello, infine, il book shop - cosa assai rara in Italia - che offre una scelta preziosa e molto accurata di libri e oggettistica di produzione prevalentemente locale.
Davanti alla villa, si fermano battelli e traghetti, con i quali raggiungere velocemente Bellagio, sulla sponda opposta, e da lì Villa Melzi d’Eril: venne costruita, tra il 1808 e il 1810 nel sobrio ed elegante stile neoclassico dell’epoca su progetto dell’architetto Giocondo Albertolli per volere del duca di Lodi Francesco Melzi d’Eril, all’epoca vicepresidente della Prima Repubblica Italiana e successivamente gran cancelliere del Regno Italico, oltre che amico personale di Napoleone. Gli interni vennero decorati e arredati, oltre che dallo stesso Giocondo Albertolli, da artisti importanti come i pittori Andrea Appiani (1754-1817) e Giuseppe Bossi (1777-1815) e gli scultori Antonio Canova (1757-1822) e Giambattista Comolli (1775-1830). Alla fine dell’Ottocento la villa, la cappella di famiglia, con l’altare scolpito da Giambattista Comolli, il piccolo museo contenente alcuni reperti egizi e napoleonici, e il parco, ammirati e descritti, fra gli altri, da Stendhal, nel suo scritto Rome, Naples, Florence, del 1817, passarono per via ereditaria al duca Tommaso Gallarati-Scotti e successivamente al conte Lodovico.
Il parco venne progettato, nella prima metà dell’Ottocento dall’architetto Luigi Canonica e dall’agronomo Luigi Villoresi, autori anche della sistemazione del parco della Villa Reale di Monza. In stile paesaggistico, si sviluppa intorno alla villa, lungo un morbido pendio che dal lago sale dolcemente fino alla sommità, solcato da sinuosi sentieri circondati da piante esotiche, azalee e rododendri, alberi secolari e busti marmorei. Un viale fiancheggiato da platani (Platanus x hybrida) potati ad ombrello, affiancati da una bordura di azalee e rododendri costeggia il lungolago sui due lati della villa, che si affaccia su un’ampia terrazza all’italiana, ornata da una vasca di ninfee circondata da un parterre di bosso e ornata da sculture (due cinquecentesche e le restanti aggiunte nella seconda metà dell”800; una scalinata a doppia rampa, con quattro leoni di gusto egizio alla base, scolpiti da Giambattista Comolli, conduce alla villa. Il viale alberato porta, su un lato, a un piccolo chiosco in stile moresco, oggi utilizzato come coffee house, davanti al quale si ammira una scultura di Giovanni Battista Comolli raffigurante Dante e Beatrice, alla quale pare si sia ispirato Franz Liszt (1811-1886) nel comporre la sonata dedicata al grande poeta italiano; all’interno, vi sono i busti dell’imperatore d’Austria Ferdinando I, dell’imperatrice Marianna di Savoia, del duca Lodovico Melzi e della moglie Josephine Melzi Barbò, che qui era solita prendere il tè e ascoltare musica. Nel parco si trovano inoltre serre ottocentesche a gradoni, pressocché intatte, progettate da Luigi Canonica e Luigi Villoresi, in passato riscaldate attraverso le tubazioni che portavano l’aria calda prodotta da una caldaia situata sul terrazzamento inferiore; l’Orangerie, la serra dove un tempo si ricoveravano durante l’inverno le piante di agrumi in vaso, è stata invece adibita a museo di cimeli napoleonici, reperti archeologici e due affreschi rinascimentali.
Nei pressi dell’ingresso da Bellagio, il giardino orientale, con un incantevole laghetto di ninfee e diversi aceri giapponesi (Acer palmatum), testimonia l’inclinazione ottocentesca per lo stile orientaleggiante. Poco oltre, si incontra una grotta artificiale, sovrastata da una finta rovina creata dall’architetto Canonica e da un suggestivo ponticello in pietra. Per quanto riguarda la presenza botanica, nel parco di Villa Melzi vi sono tutte le specie esotiche caratteristiche dei giardini storici lacustri: ampie macchie di rododendri e azalee, alberi ormai maestosi, tra cui, fra le caducifoglie, Liriodendron tulipifera, Fagus sylvatica ‘Asplenifolia’, Fagus sylvatica ‘Atropurpurea’, Gingko biloba, querce americane (Quercus ruber), olmi del Caucaso (Zelkova carpinifolia) e, fra i sempreverdi, un meraviglioso esemplare di pino montezuma (Pinus montezuma), poi cipressi (Cupressus sempervirens), pini (Pinus strobus, P. sylvestris), cipressi calvi (Taxodium distichum), cedri rossi (Cryptomeria japonica), Sequoia sempervirens, Taxus baccata ‘Fastigiata’, Cedrus libani, Chamaecyparis obtusa ‘Compacta’, canfora (Cinnamomum camphora), una grande sughera (Quercus suber) che sorprende per essere decisamente fuori dal suo solito areale, e palme del Cile (Jubaea chinensis). Fra gli arbusti, s’incontrano olea fragrans (Osmanthus fragrans), mimose, uno spettacolare Cornus della Cina dal luminoso fogliame variegato di bianco (Cornus brachypoda ‘Variegata’), oltre a boschetti di bambù e agrumi in vaso (Citrus deliciosa, C. ‘Bigardia’, Citrus x limon). Ancora oggi di proprietà della famiglia Gallarati Scotti, Villa Melzi d’Eril e il suo parco sono aperti al pubblico da fine marzo a fine ottobre.