A cosa miriamo quando approcciamo le opere di Benjamin Lacombe? Quale desiderio recondito ci spinge verso quelle storie? Senza dubbio, il venire catapultati in un’altra dimensione.
Le favole hanno, da sempre, la capacità di soccorrerci. Talvolta però, il modo in cui vengono narrate sembra non essere abbastanza. Lacombe gioca con le ombre, abbatte le pareti del non detto per portarci ad un nuovo livello. Se prendiamo la sua mano per seguirlo tra le pagine è perché vogliamo saperne di più. Desideriamo ascoltare la sua voce forte e senza pari, seguire il suo tratto unico, denso di eco vittoriane ed un sapore squisitamente preraffaellita che rendono la sua opera senza tempo.
La sua ecletticità nell’affrontare storie proprie o autori del passato, ha dato vita ad un’intervista che ci ha consentito di parlare di Storie di Fantasmi del Giappone - rivisitazione dell’opera di Lafcadio Hearn, raramente edita in forma illustrata – nonché di ‘entrare’ nel suo atelier per parlare di progetti passati e futuri e della mostra Shizen che sta allestendo a Parigi alla Galerie Daniel Maghen, insieme a Julien Martinez.
Vorrei iniziare dalla mostra Shizen. So che hai sempre usato diversi mezzi: dipinti, disegni, bambole... cosa puoi dirci di questa nuova sfida?
Sarà la mia mostra più ambiziosa, perché include molte scenografie e sculture. Espongo con Julien Martinez, con il quale collaboro da 15 anni. Questa volta ho eseguito alcune sculture con lui per esprimere la connessione che abbiamo con la natura e, ovviamente, risulta molto in sintonia con quello che stiamo vivendo ora a causa di questa connessione ed il fatto che ne abbiamo abusato causando molti problemi.
Entrerete in questa mostra e troverete elementi naturali e lo spirito della natura stessa, poiché sto componendo anche dei kodama (lo spirito giapponese della foresta), ponendoli su rami di alberi e nelle sale della mostra. Ce ne sono circa 60 insieme ad altri elementi fluorescenti che rifletteranno la luce del sole con la loro iridescenza. Sarà uno spettacolo molto intenso.
Hai recentemente pubblicato Storie di Fantasmi del Giappone. Ricordo che hai citato il Giappone, nel libro monografico: Curiosities, come punto di riferimento e come la cultura a cui guardare come fonte di ispirazione primaria per le tue opere. Come hai scoperto i racconti di Hearn?
Ho sempre avuto un legame molto intenso con la cultura giapponese, quasi da quando sono nato perché appartengo alla generazione degli anni '80. Quando sono stati pubblicati i primi libri manga in francese, ne sono rimasto ipnotizzato e mi sono subito appassionato. Sono fatto così: quando amo qualcosa voglio conoscere ogni suo aspetto. In passato, avevo un'amica giapponese che mi ha tradotto alcuni libri manga, e andavamo in un fantastico negozio a tema vicino al Louvre.
Ho scoperto Hearn quasi subito e credo sia stato l'autore che ha permesso al mondo di conoscere meglio i racconti giapponesi, perché - prima di lui - la maggior parte di queste storie erano solo orali ed ha fatto un lavoro incredibile raccogliendole e pubblicandole. Lavorandoci sopra, ho anche scoperto di più sul suo modo di scrivere e, poiché si tratta di un periodo di scrittura che amo (fine XIX secolo/inizio XX secolo), è stato un vero piacere. Quando leggo un libro ho bisogno di essere proiettato in un altro mondo e questo è il motivo per cui quell’epoca è perfetta per me.
Storie di Fantasmi del Giappone è un libro molto importante nella mia carriera e ho deciso di parlare di fantasmi di proposito, perché ho vissuto alcune gravi perdite due anni fa e ho iniziato a riflettere sui ricordi che le persone ti lasciano e sul vuoto che si crea in te. Artisticamente è stato molto difficile, perché ci sono persone fondamentali per la tua arte e hai ancora bisogno del loro feedback. Ho perso un editor che mi ha scoperto quand’ero molto giovane: Françoise Mateu e non averla più accanto è molto difficile. Questo libro è praticamente l'unico lavoro che ho scritto due anni fa e mi ha ridato la carica. L’anno scorso - per esempio - ne ho creati cinque, senza affrettare le cose, ho risentito la fiamma dell'arte e mi ha messo le ali. Inoltre, con il coronavirus siamo rimasti chiusi in casa, quindi era il momento perfetto per creare nuovamente.
Tu scrivi e illustri le tue storie, ma ti occupi anche di classici. (Penso ad: Alice o ai Racconti Macabri di Edgar Allan Poe...). Affronti le due prospettive in modo diverso?
Sì, sempre in molto diverso. I libri che hai menzionato sono stati estremamente divertenti per me, perché li ho scoperti a diverse età, ma soprattutto intorno ai 13 anni e sono stati determinanti per me perché mi hanno mostrato che ci sono altri modi di creare storie. Racconti Macabri e Alice sono libri che volevo fare da più di vent'anni, quindi quando li ho affrontati è stato come aprire un vaso di Pandora. Volevo davvero che Alice fosse la migliore Alice che Lewis Carroll avesse mai desiderato, dato che non era mai soddisfatto di nessuna pubblicazione, quindi ho fatto ricerche approfondite sul personaggio. Mentre per Storie di Fantasmi del Giappone è stato completamente diverso. Non c'erano molte versioni illustrate e volevo rendere loro omaggio in modo significativo.
A dire il vero, anche se lavoro a un secondo volume, non mi avvicino mai ad un libro nello stesso modo, perché sento di dover scavare a fondo nel progetto per capire il modo migliore di tradurre una storia per immagini.
Quando illustri la storia di un altro, la difficoltà è mettere a tacere la tua voce pur avendo la massima cura del testo. La narrazione dell’illustrazione ti porta ad un altro livello e devi far sì che il lettore la interpreti nel modo desiderato.
Posso già chiederti dei progetti futuri ai quali stai lavorando?
Certo. Sto lavorando ad un volume per bambini e ad un libro molto speciale, impostato sulla percezione. Vedrete i diversi elementi attraverso gli occhi del protagonista, grazie a tessuti ed oggetti tattili. Sarà davvero unico ed ha richiesto quasi dieci anni di lavoro, quindi non vedo l'ora di pubblicarlo. Sto anche lavorando ad un nuovo libro su Alice, per il 150° anniversario di Through the Looking Glass, ma non dirò di più (ride).
Sto anche studiando un nuovo progetto con Sébastien Perez (l'autore con cui collaboro di più) e mi sto dedicando a progetti di animazione.
In un momento così strano nel nostro vissuto, sto sperimentando diverse forme d’arte e non sono mai stato così pieno di passione e idee.