Francesco Acquaroli è presidente della giunta regionale delle Marche dallo scorso autunno, cominciando quindi il suo mandato nel periodo più oscuro del Paese dalla fine della Seconda Guerra mondiale.
È stato chiamato a guidare le Marche, quindi, in un momento in cui agli amministratori sono stati richiesti fermezza, determinazione, preparazione e, soprattutto, capacità di mediazione. Acquaroli ha quindi messo a disposizione della Regione il suo profilo professionale (è laureato in economia ed amministrazione dell'impresa, cosa che probabilmente lo ha aiutato molto nel raggiungimento degli obiettivi che si è fissati) e politico. È stato sindaco, consigliere regionale, deputato nazionale, accettando, per spirito di servizio, di candidarsi alla guida della Regione.
Francesco Acquaroli, uomo del fare (come si ama dire in questi tempi), ma soprattutto di pensiero. Gli abbiamo posto alcune domande per farlo conoscere ai nostri lettori.
Presidente Acquaroli, la pandemia ci ha reso tutti più poveri, e non solo economicamente perché ci ha rubato le certezze che ciascuno di noi aveva, così come ha limitato le nostre speranze. Quanto è difficile per un amministratore, come è Lei, restituire la sua gente ad una dimensione di ottimismo?
Complicato perché purtroppo non ci sono certezze, quello della gestione e dell’uscita dalla pandemia è un cammino lungo e denso di imprevisti, però noi dobbiamo essere consapevoli che, come tutte le altre pandemie, passerà e dobbiamo fare leva sul grande patrimonio che abbiamo per poter essere pronti a rilanciare subito la sfida economica e sociale.
Le Marche, come destinazione turistica, non hanno bisogno di presentazioni, essendo una terra che ha tutto per offrirne uno di qualità, ma anche aprendosi a quello delle famiglie che, da generazioni, la raggiungono sapendo di trovare il meglio dell'ospitalità. Ma il turismo è un settore che necessita di stimoli ed incentivi continui, per fronteggiare la concorrenza di altre regioni o altri Paesi. Come una Regione può essere accanto ad un settore cruciale come il turismo?
La Regione ha un ruolo cruciale su un territorio come le Marche, che ha una bellezza diffusa e non un unico grande attrattore. La Regione è l’ente che può garantire la creazione, il coordinamento e la promozione di un sistema turistico. La nostra è l’unica regione che si declina al plurale ma che, nonostante questo, è molto più omogenea di quanto si possa immaginare. Un territorio armonioso che va dagli Appennini fino al mare, ricco di storia, arte, cultura, enogastronomia, manifattura di qualità, artigianato e tante altre eccellenze che fanno del nostro territorio uno scrigno da scoprire.
La sua regione ha da sempre nel modello dei distretti uno dei punti più qualificanti della sua economia. Distretto nelle Marche si declina in più modi: eccellenza, qualità, organizzazione del lavoro, tradizione. Ma anche occupazione. Come giudica questo modello alla luce della sua esperienza politica?
Ritengo che il modello del distretto sia una base importante da cui partire. Noi vogliamo provare a sviluppare un ecosistema in cui il distretto si evolve creando maggiori sinergie sul territorio e coinvolgendo piccole, medie e grandi imprese in filiera.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza punta molto sulle infrastrutture. Quali possono essere le ricadute del PNRR per le Marche?
Sicuramente la Orte-Falconara che è un’opera importante. Noi contiamo molto che il Governo ci aiuti a superare il ritardo infrastrutturale che ci isola da troppi anni, un divario che diventa una condanna se non è colmato in fretta. Bene il turismo lento, i distretti, le eccellenze, ma i territori per essere competitivi devono essere raggiungibili in tempi accettabili e inseriti nelle principali traiettorie di sviluppo.
La pandemia ha messo, drammaticamente, a nudo alcune falle nel sistema sanità del Paese, sia del settore pubblico che del privato, per quest'ultimo in materia di collaborazione con un SNN al collasso. Quale lezione le Regioni, e in particolare le Marche, devono trarre dall'emergenza pandemica?
Come tutte le altre, credo che anche le Marche debbano fare una riflessione sulla riorganizzazione territoriale di una sanità diffusa per affrontare al meglio le emergenze. Superare l’idea di una sanità centralizzata e passare ad una sanità policentrica.
I giovani sono la nostra speranza per il futuro, ma da soli non possono farcela, vedendo davanti a loro enormi difficoltà ad accedere al mondo del lavoro. Le Regioni non possono fare molto, ma di certo possono fare da stimolo per l'azione dello Stato. Quali sono i suggerimenti che vorrebbe rivolgere al Governo?
I giovani devono essere messi in grado di potersi esprimere e sprigionare il loro grandissimo potenziale. Le istituzioni devono spingere per metterli il più possibile centrali rispetto alle dinamiche di sviluppo, dare loro tutti gli strumenti e le opportunità affinché possano dare il proprio contributo per la crescita della società.