Fra la regina dei mari, Venezia, e la corona delle maestose Dolomiti, giace la pianura veneta, attraversata da fiumi che scorrono dalle montagne alla laguna, punteggiata da dolci e verdeggianti colline, pettinate da qualche dea gentile, filari di viti e scacchiere di olivi disegnano la trama di un tessuto prezioso. “Stato da Tera”, lo Stato entro-terra che andava dal Friuli-Venezia Giulia alle porte di Milano, era per Venezia, la Dominante, il luogo di una produzione agricola ed artigianale fondamentale per la città e per i suoi commerci.
Lo spirito imprenditoriale e artigianale di queste terre è rimasto vivo ben oltre la caduta della Repubblica Veneziana, quasi che fosse ormai parte del DNA delle genti che abitano questi luoghi. Secoli di industriosità e commerci hanno dato una incredibile prosperità alle città che conservano centri storici raffinati, spesso sconosciuti ai frettolosi visitatori di Venezia. Di medie e piccole dimensioni, le città venete sono piene di arte e d’atmosfera, talvolta adagiate sui colli, attraversate da fiumi, molto spesso conservano cinte murarie medievali perfette e torri che ne richiamano il tumultuoso passato medievale, lotte fra guelfi e ghibellini, conflittualità ufficialmente terminata con l’estensione del dominio veneziano sull’entroterra, ma che ancora oggi si ritrova nello spirito goliardico delle competizioni sportive locali.
Preziosa perla di questa collana è l’elegante Bassano del Grappa, quasi sospesa sul fiume Brenta, un meraviglioso ponte di legno coperto che l’attraversa, opera straordinaria di Andrea Palladio. Il Ponte Vecchio, simbolo delle città e spesso chiamato Ponte di Bassano o degli Alpini, è una soluzione ingegnosa ai tumulti autunnali del fiume, chiamati brentane, che nel corso dei secoli distrussero molte volte i precedenti ponti, praticamente ogni 25 o 30 anni. Chiamato a risolvere il problema, il geniale Palladio disegna un ponte alto, slanciato ed in legno, un materiale molto più fragile della pietra con cui erano stati costruiti i ponti precedenti e, tuttavia, molto più flessibile e in grado di resistere meglio alle piene del fiume. La scelta si rivelerà giusta: le brentane dei secoli a venire potranno solo danneggiarlo ma non distruggerlo. Per abbatterlo ci vorranno solo un’alluvione eccezionale nel 1748 o le guerre: Napoleone, che pure deve aver apprezzato la città visto che vi risiedette per quasi sei mesi nella prima campagna d’Italia, lo farà incendiare nel 1813 mentre i nazisti lo faranno esplodere il 29 aprile 1945 nella loro fuga verso Nord.
Il Ponte Vecchio è sempre stato ricostruito secondo il disegno del Palladio e in questi giorni ne viene festeggiato il restauro, durato quasi tre anni, che lo ha riportato allo splendore originario. Dal ponte si godono viste meravigliose sulle Prealpi e sul maestoso massiccio del Monte Grappa, e sul fiume che perlopiù fluisce placidamente e regala una bella frescura nelle calde estati: è tradizione per i bassanesi far l’aperitivo sul ponte, in piedi, con il “mezzo-e-mezzo”, l’aperitivo della Nardini, la distilleria di grappa più antica d’Italia, fondata nel 1779 e che ha sede proprio qui, sul lato est del ponte, e simbolo della città tanto quanto il suo ponte.
Dal ponte si salgono eleganti stradine lastricate e brevi scalinate che conducono alle piazze del centro storico: Piazzotto Montevecchio è la parte più antica e medievale con l’antico Monte dei Pegni e i palazzi medievali affrescati, Piazza Libertà, ampia e ariosa con gli antichi portici e, infine, Piazza Garibaldi con la chiesa romanesca di San Francesco, l’alta torre civica e la bellissima fontana rinascimentale.
Nelle piazze si svolge il mercato all’aperto, due volte a settimana, il giovedì ed il sabato mattina: eleganti signore con sporte in paglia si ritrovano fra i banchi di frutta e verdura, pesce e formaggio a far gli acquisti dei prodotti più freschi, a far due chiacchere ma anche ad acquistare quel maglioncino in cashmere che arriva dalle Dolomiti ad un prezzo incredibile. Il giovedì è anche, tradizionalmente, giornata di acquisto del baccalà, già bagnato, per esser cucinato “alla vicentina” per tre ore abbondanti e servito il venerdì, giorno di magro, con l’immancabile polenta.
A Bassano del Grappa la Bottega del Baccalà di Concato resiste dal 1935, esemplare ormai quasi unico in tutta la regione di questo tipo di negozi, dedicata quasi esclusivamente alla vendita dello stoccafisso, secco o bagnato e pronto all’uso, ingrediente base di uno dei piatti fondativi della tradizione culinaria veneta, nonostante il prodotto stesso (merluzzo nordico lasciato essiccare all’aria dell’oceano) nulla abbia a che fare con il Veneto e con il mare Adriatico ma arrivi, in effetti, dalle lontane coste norvegesi. La scoperta dello stoccafisso risale al 1432 e allo sfortunato naufragio di una nave veneziana alle Lofoten: da allora l’amicizia con la Norvegia e l’elevazione del baccalà a uno dei piatti straordinari e unici della regione è un fatto incontestabile.
Piatto che può esser degustato nel vicino delizioso Ristorante Birraria Da Ottone, praticamente tutto come nel 1870, la stessa famiglia a gestirlo (e siamo alla quinta generazione) e il fascino d’altri tempi intatto. Nel 1865 il mastro birraio Otto Wipflinger arrivò dall’Austria e inizio a proporre le fresche e gustose birre austriache e boeme insieme a ricette tipiche come il gulasch con le patate e il pane nero di segale. Piatto questo della tradizione austro-ungarica che è rimasto nel menu ed è una prelibatezza invernale immancabile per ogni bassanese, così come per i visitatori occasionali che si fermano a Bassano tornando dalle Dolomiti.
Si affacciano sulle piazze e sulle vie del centro storico raffinate boutique con brand ultra chic e indipendenti, deliziosi negozi dall’aria antica che vendono legumi a peso presi direttamente dal sacco di juta, porcini essiccati e miele a km zero. E poi ci sono caffè con belle terrazze all’aperto e ristorantini, ciascuno con la propria vocazione. In via Jacopo da Ponte, che ricorda il pittore rinascimentale di santi, contadini e cani e di cui si conservano opere nel museo locale, troviamo Palazzo Roberti, lo stesso palazzo che ospitò Napoleone oltre due secoli fa, oggi sede della libreria più bella d’Italia. Tre piani di sale luminose arredate con scaffali di legno di noce, 60.000 volumi, una sala conferenze con il soffitto e le pareti affrescate, un giardino poetico: potete concedervi il piacere di acquistare i libri con tutta la lentezza necessaria a sfogliarli, leggere qualche capoverso e decidere se fanno per voi.
E così si fa l’ora dell’aperitivo: persone di tutte le età si ritrovano fianco a fianco, le ciacole del giorno, l’atmosfera vivace e rilassata, un buon bicchiere di vino o uno spritz accompagnati dai buonissimi cicchetti mentre il sole tramonta a ovest: i bassanesi sono buoni bevitori e gentili ospiti, è assai facile rimanerne incantati e non voler andar più via. Chiedete a Ernest Hemingway, “vecchio ragazzo del Veneto”, che qui ci arrivò diciannovenne a guidar le ambulanze dall’American Red Cross durante la Prima guerra mondiale e qui tornò con nostalgia, durante tutta la vita adulta, ai ricordi più dolorosi e più struggenti tanto da scrivere in Di là dal fiume e tra gli alberi: “Vorrei essere seppellito lassù, lungo il Brenta, dove sorgevano le grandi ville coi prati, giardini, platani, cipressi…”. Villa Cà Erizzo Luca è ancora lì, il dolce prato costeggiato di platani e cipressi un invito a rallentare e a godersi le piccole gioie della vita lenta di provincia.