Con la nascita dell’ONU è stato segnato un importante passo per la preservazione della pace e della sicurezza internazionale e avviato un iter importante per il riconoscimento dei diritti umani nel mondo.
Purtroppo, come di seguito evidenziato, ottenere risultati apprezzabili sul reale riconoscimento dei diritti umani, soprattutto in alcuni Paesi, è stato ed è un obiettivo difficile da raggiungere ed è legittimo chiedersi il perché di tale fallimento. Per potere dare una prima risposta a questa naturale domanda è necessario ripercorrere un breve iter storico, mettendo in luce alcune eventuali criticità.
Il 26 giugno 1945, a San Francisco, con la firma della Carta delle Nazioni Unite entrata in vigore il 24 ottobre successivo, è nata ufficialmente l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), il cui Atto costitutivo si prefiggeva alcuni fondamentali obiettivi da raggiungere per la sopravvivenza umana, tra i quali quello di tendere al raggiungimento della pace tra i popoli e al riconoscimento del rispetto dei diritti umani. Non passò però inosservato il fatto che la “Dichiarazione universale dei diritti umani” (UDHR), promossa dalle Nazioni Unite e firmata a Parigi il 10 dicembre 1948, venne approvata col voto favorevole di soli 48 Paesi, dei 58 che costituivano l’ONU a quella data, (Afghanistan, Argentina, Australia, Belgio, Birmania, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Cuba, Danimarca, Ecuador, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Francia, Grecia, Guatemala, Haiti, Islanda, India, Iran, Iraq, Libano, Liberia, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Nicaragua, Norvegia, Pakistan, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Siam (Thailandia), Svezia, Siria, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Turchia, Uruguay e Venezuela), mentre otto Paesi si astennero (Arabia Saudita, Bielorussia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, Russia, Sudafrica e Ucraina) e due furono assenti nel momento del voto (Yemen e Honduras).
Per alcuni dei Paesi non sottoscrittori era già noto a tale data che non brillavano sicuramente per il rispetto dei diritti umani e in particolare per “democrazia”.
Si è trattato comunque, anche senza l’unanime consenso dei partecipanti, di un evento storico in cui è stato messo in giusto risalto il valore supremo della persona umana attraverso la dichiarazione del diritto inalienabile di ogni essere umano a potere vivere libero da violenze, da oppressioni e da privazioni della propria libertà, con la contestuale proposizione di norme che avrebbero dovuto consentire una pacifica convivenza tra i Paesi aderenti all’Organizzazione.
La mancata sottoscrizione della Dichiarazione universale da parte di alcuni Paesi
La mancata sottoscrizione della “Dichiarazione” fa sorgere una domanda: ma gli Stati che hanno aderito all’ONU non avevano già accettato, con la sottoscrizione dell’atto costitutivo dell’Organizzazione, quanto è stato successivamente riportato nella citata “Dichiarazione”, compresi gli impegni per il riconoscimento dei diritti umani? Oppure l’originaria accettazione dell’adesione è stata solo un gesto simbolico, senza dunque rappresentare l’impegno concreto a mettere in atto gli obblighi sottoscritti?
È sicuramente opportuno evidenziare che i Paesi dove esistono forti tensioni che spesso sfociano in lotte o in vere e proprie guerre, fatta salva qualche eccezione, sono quelli dove il rispetto dei diritti umani o non esiste o è tenuto in minima considerazione e dove è anche facile constatare che c’è uno stretto legame tra pace e riconoscimento dei diritti umani e quel legame si chiama “libertà” nel significato più ampio termine.
In un popolo che vive sotto un regime che lo priva delle libertà essenziali non esiste certamente la democrazia, ma la dittatura, che come prima azione pone un forte limite al riconoscimento dei diritti umani o di quelli che universalmente vengono definiti tali.
Questa triste criticità, sul reale riconoscimento dei “diritti umani”, la ritroviamo in diversi Paesi a matrice prevalentemente musulmana, ma non solo in quelli.
E sicuramente non è stato un caso se non furono in molti i Paesi musulmani che hanno partecipato inizialmente alla costituzione dell’ONU e se furono ancora meno quelli che hanno successivamente aderito senza però riconoscere, di fatto, la “Dichiarazione sui diritti umani” che, nel frattempo, era stata già emanata.
Le motivazioni principali di tale diniego nel mondo musulmano emergono principalmente dall’accettazione della libertà religiosa che veniva riconosciuta ad ogni uomo dalla “Dichiarazione del 1948”, come chiaramente venne espresso nell’art-18 della stessa:
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.
A tale prima motivazione deve anche aggiungersi l’atteggiamento apertamente anti-cristiano che soprattutto alcuni Paesi musulmani hanno sempre avuto e dal quale, anche negli ultimi anni, sono scaturiti dei veri eccidi. Né si può affermare che la “Dichiarazione” venne emessa improvvisamente, poiché essa rappresentò la conclusione di una lunga lotta di impegni sociali promossi negli anni precedenti che hanno poi avuto la massima attenzione sotto la direzione e la spinta di Eleanor Roosevelt, sposata nel 1905 con Franklin Delano Roosevelt (Presidente degli Stati Uniti d’America dal 1933 al 12 aprile 1945 data del suo decesso).
Eleanor Roosevelt, infatti, nominata nel 1946 delegato presso le Nazioni Unite dal Presidente Harry Truman, sulla scorta di una grande esperienza personale, diede un forte contributo nella stesura e per l'approvazione della citata “Dichiarazione universale dei diritti umani”.
In definitiva, è vero che nessun Paese votò contro, ma l’astensione, pur non rappresentando né l’approvazione, né il veto, ha pur sempre rappresentato una manifestazione consapevole di protesta. Pertanto, la mancata accettazione della “Dichiarazione universale” è stata, comunque, un fatto eclatante, una vera contraddizione con quanto già era stato riportato e accettato e chiaramente previsto nel preambolo dell’approvata “Carta delle Nazioni Unite del 1945” che prevedeva che i popoli così riuniti erano decisi a:
riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole, a creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà.
Precisando negli articoli successivi che tra gli obiettivi delle Nazioni Unite c’erano quelli di «promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione», e che «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione».
Ma perché dunque con l’astensione dal voto da parte di diversi Paesi, e in particolare dall’Arabia Saudita e lo dallo Yemen, si è manifestato questo successivo rifiuto?
Cosa c’era scritto nella “Dichiarazione” di così diverso e grave, rispetto quanto in precedenza era stato già riportato nello Statuto dell’ONU da loro precedentemente accettato?
E infine, cosa c’era di così grave non solo da fare desistere dall’accettazione i sopra menzionati Paesi, ma da stimolare nei Paesi musulmani la nascita di una loro indipendente “Dichiarazione”, come di seguito descritto?
Nella “Dichiarazione del 1948” erano in effetti rimarcati principi già noti e accettati con l’adesione all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Infatti, in essa nell’art. 1 fu chiaramente affermato lo spirito di fratellanza che dovrebbe legare gli uomini e nello stesso tempo erano stati rafforzati alcuni importanti aspetti comunque già noti, veniva infatti vietata la tortura ed era sostenuto il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di opinione, di espressione e di religione.
Purtroppo negli anni successivi i diritti umani sono stati calpestati e continuano ad essere calpestati ad oggi in molti Paesi, orientali e occidentali, indipendentemente dalla loro adesione all’ONU e indipendentemente dalla religione prevalentemente professata (ebraica, cristiana, musulmana, ecc.). In alcuni Paesi cristiani, ad esempio, è stato registrato un eccessivo uso della forza e la criminalizzazione della protesta locale, in altri la totale privazione della libertà di espressione, ecc.
Nella maggioranza dei Paesi musulmani è stata spesso evidenziata anche una netta distinzione dei diritti umani in relazione al sesso, facendo esplodere delle importanti contraddizioni con la precedente adesione all’ONU al punto da indurli all’emanazione ed approvazione di nuove “Dichiarazioni sui diritti umani”, che in alcuni punti risultarono poi in netto contrasto con quanto già previsto nello statuto dell’ONU.
La Dichiarazione universale islamica dei diritti umani del 1981
Una chiara dimostrazione è fornita dalla “Dichiarazione Universale Islamica dei Diritti Umani” del 19 settembre 1981 che nell’introduzione evidenziava lo stretto legame tra i diritti umani e Dio così riportando:
I diritti umani nell’Islam sono fermamente collegati all’idea che Dio, e Lui solo, sia il Legislatore e la Fonte di tutti i diritti umani. Per tale motivo nessun governo, nessuna assemblea e nessuna autorità possono limitare o violare i diritti umani conferiti da Dio a tutti gli uomini.
I diritti umani nell’Islam sono parte integrante dell’ordine islamico ed è obbligatorio per ogni governo musulmano implementarli nella lettera e nello spirito entro la struttura di tale ordine.
È inaccettabile che i diritti umani siano impunemente violati in molti paesi del mondo, incluso molti paesi musulmani. Tali violazioni sono motivo di grave preoccupazione per sempre più gente al mondo ed in particolare per noi, studiosi e scolari musulmani.
Dichiarazioni di grande importanza sociale e apparentemente non dissimili da quelli precedentemente approvati dall’ONU. Tra i vari “diritti” elencati c’è, ad esempio, il “Diritto alla Libertà di Fede, Pensiero e Parola” « Ogni individuo ha il diritto di esprimere il suo pensiero e le sue convinzioni purché rimanga nei limiti prescritti dalla Legge…». Il problema sorgeva nell’interpretazione “della legge”, poiché la legge a cui si fa riferimento nei Paesi musulmani è quasi sempre la legge strettamente legata all’islam, una legge fondata su basi religiose con interpretazioni coraniche sui diritti umani non sempre uniformi e talvolta fondati prevalentemente sulla sharia, dunque non in sintonia con quelli che, in quasi tutto il mondo, vengono definiti come “diritti umani”.
In particolare, per il “Diritto alla libertà di religione” è così riportato «Ogni persona ha il diritto alla libertà di coscienza ed alla libertà di culto secondo la sua fede religiosa.».
Dunque, diritti umani definiti non come valori universali inalienabili, ma come valori mutabili in virtù della religione professata.
La Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell'Islam del 1990 e lo Statuto della Corte araba dei diritti umani del 2014
In realtà la Dichiarazione Universale Islamica del 1981 rappresentava la prima risposta alla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite e un primo passo verso un evolversi di dichiarazioni islamiche che, da una approfondita analisi, non risultano in piena sintonia con quelli che definiamo “diritti umani universali”. La successiva, infatti, e con più forte significato è stata quella adottata al Cairo il 5 agosto del 1990 indicata come “La Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell'Islam ( CDHRI )”, che costituì una vera anticipazione della “Carta araba dei diritti umani” che venne poi adottata dal Consiglio della Lega degli Stati Arabi il 15 settembre del 1994 e successivamente ulteriormente elaborata per arrivare nel 2014 allo “Statuto della Corte araba dei diritti umani” ratificato, come primo Paese, nel 2016 dall’Arabia Saudita.
Il mancato riconoscimento della Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU
A seguito del veloce excursus sopra descritto, nel mondo musulmano risulta evidente il contrasto tra le due “Dichiarazioni”, per cui sorge spontanea la seguente domanda: “A cosa è servita la sottoscrizione dell’atto costitutivo dell’ONU e la successiva adesione all’ONU da parte degli altri Stati, se poi uno dei punti fondanti di tale accordo “il riconoscimento dei diritti umani” viene spesso disconosciuto?”.
Un disconoscimento che a volte è giustificato con una motivazione a carattere religioso e altre volte senza alcuna apparente giustificazione, soprattutto se a disconoscere tali diritti sono Paesi con regimi totalitari che, indipendentemente dalle motivazioni religiose, negano vistosamente il mancato rispetto della dignità umana, senza tenere alcun conto neanche delle dichiarazioni, delle foto e dei filmati messi ufficialmente in circolo in tutto il mondo dalle grandi associazioni umanitarie, né sembra che tengano nel debito conto le diffide, né le moratorie dell’ONU.
Basta pensare ai Paesi dove è ancora pienamente applicata la pena di morte, dove vige la sharia, dove i diritti umani e in particolare i diritti delle donne praticamente non esistono, restando solo una mera utopia, dove la donna viene spesso mortificata nella propria dignità e totalmente sottomessa all’uomo.
Purtroppo, anche se molti passi positivi sono stati già fatti, in molti Paesi i diritti umani non vengono ancora intesi come diritti soggettivi che pongono gli esseri umani allo stesso livello, indipendentemente dalla loro nazionalità, dal colore della pelle, dal credo religioso, ecc., non sono cioè diritti riconosciuti all’uomo per la sua appartenenza al genere umano.
Nella “Dichiarazione universale dei diritti umani” dell’ONU, alla cui Organizzazione oggi aderiscono 193 Paesi, assumono particolare importanza:
- il diritto al rispetto della dignità di ogni uomo attraverso il rispetto della vita umana, la proibizione della tortura e di trattamenti disumani, la proibizione della schiavitù, ecc.;
- il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, di espressione e d’informazione, di riunione e di associazione, ecc.;
- il diritto all’uguaglianza senza alcuna discriminazione di cultura, di sesso, di età, ecc.;
- il diritto alla giustizia con giudici imparziali, alla difesa, alla presunzione di innocenza, ecc.
Sono questi diritti inalienabili che non possono essere mutabili tra gli appartenenti al genere umano, né possono essere legati ad alcuna religione.
La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 2000
Anche in Europa il 7 dicembre 2000 è stata proclamata a Nizza la “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea” (CDFUE), nota anche come Carta di Nizza, e riproclamata a Strasburgo dal Parlamento europeo il 12 dicembre 2007, dove al comma 1 dell’art. 21, in sintonia con la Carta dell’ONU, è così scritto:
È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.
Purtroppo, anche in Europa, alcuni Paesi prima della loro adesione all’Europa Unita non hanno certamente brillato per avere rispettato i diritti umani.
L’accettazione dell’inalienabilità dei diritti umani come atto necessario per una vera adesione all’ONU
I diritti umani non possono essere legati ad alcuna religione, perché ciò non potrebbe mai significare una totale indipendenza da essa, poiché ogni Paese subisce le influenze della religione dominante, influenze che possono essere manifestate, in forma esplicita o indiretta, anche nel proprio atto costitutivo.
È evidente che un tale pensiero è in netto contrasto con i Paesi il cui governo è orientato prevalentemente dagli indirizzi dell’Islam, anche in virtù di quanto riportato nel Corano, nella Sura III, vers.85 che così recita: «Chi vuole una religione diversa dall'Islàm, il suo culto non sarà accettato, e nell'altra vita sarà tra i perdenti».
Il riferimento ai diversi Paesi musulmani non deve però metterci sul sentiero errato del convincimento che la mancata accettazione di tali diritti è messa in atto solo nel mondo musulmano. Purtroppo, infatti, la mancata accettazione vige ancora anche in altri Paesi con altre religioni prevalenti, vige anche in Paesi la cui religione di riferimento è quella cristiana o ebraica. Paesi che utilizzano la legge per intimidire, imprigionare e talvolta uccidere persone che avevano espresso pacificamente le loro opinioni di dissenso politico; che perpetrano crimini di guerra con uccisioni, talvolta di massa, e con bombardamenti su centri popolati; che utilizzano la prolungata detenzione di persone senza ragionevole e dimostrabile accusa, né processo, con l’improvvisa sparizione di alcune di esse delle quali si perdono poi le tracce; che compiono azioni di intimidazione per ridurre al silenzio parte della società civile; che hanno inumani centri di detenzione; che disattendono totalmente il rispetto dei diritti umani e in particolare quelli delle donne e dei bambini; che chiudono i confini ai rifugiati che chiedono ospitalità e che dimostrano di avere in rischio la loro incolumità perché perseguitati o perché vivono in povertà assoluta, ecc.
Questi fatti devono imporre una seria riflessione al mondo intero per capire se oggi si può parlare di Organizzazione delle Nazioni Unite o “dis”Unite sul riconoscimento dei diritti umani, per capire se l’interesse del potere economico e politico può prevalere sul diritto alla vita, se tale interesse può giustificare stragi efferate che si continuano a perpetrare nel mondo e difronte le quali si assiste come ad un film su fatti immaginari.
Probabilmente non è più sufficiente che l’ONU si limiti a diffidare i Paesi inadempienti, per continuare poi a mantenere vivi i rapporti commerciali con i Paesi che tale diffida hanno disatteso.
Andando oltre la rassegnazione e per potere sperare in un mondo migliore occorrerebbe che l’accettazione del rispetto dei diritti umani universali, con una loro chiara elencazione, venisse riproposta ad ogni Paese, al di là degli interessi economici e di puro potere, quale condizione necessaria, per confermare l’accettazione della loro adesione all’Organizzazione delle Nazioni Unite, perché senza riconoscere l’inalienabilità dei diritti umani, la libertà, la democrazia e la pace resteranno una pura utopia.