Mai forse, come in questi mesi, a causa anche della forzata relegazione entro confini fisici strettissimi, abbiamo ripreso a guardare alle nostre migliori realtà territoriali, che in Italia sono tantissime.
Purtroppo la pandemia ha frenato, rinviato, bloccato sine die, anche alcune iniziative che miravano alla valorizzazione del territorio, inteso come insieme paesaggistico di località, ma anche come patrimonio culturale ed artistico. Ma la crisi non deve fermare queste iniziative che sono meritevoli per il fine che si sono posti, ma soprattutto perché servono a ridare fiducia ad un Paese che vuole ribellarsi, che vuole rialzare la testa, partendo proprio dai luoghi che più ama.
Uno dei progetti forse più affascinanti, per la sua motivazione e per volere essere non tanto elemento di distinzione, quanto di congiunzione di realtà politicamente ed istituzionalmente diverse, è quello che chiede che il comprensorio transnazionale (tra Italia e Slovenia) Collio-Brda-Cuei venga inserito nel patrimonio dell'Unesco.
Già la sua denominazione (Collio in veneto, Brda in sloveno, Cuei in friulano) dice tanto sulle finalità di un progetto che non guarda a frontiere o divisioni politiche, ma che vuole superare tutto nella consapevolezza che un territorio, seppure tracciato da un tratto di penna su una cartina, rivendica sempre la sua unicità, la sua particolarità.
Il progetto stava andando bene sino a quando la pandemia non si è manifestata in tutta la sua virulenza imponendo l'adozione di misure, via via più rigide, per evitare il dilagare del contagio. Una cosa che ha rallentato, con questo, molti altri progetti che aspettavano solo di concretizzarsi. Ma il virus ha fermato tutto ed il lavoro che era stato fatto per potere presentare la candidatura all'Unesco ha dovuto essere accantonato. Fino a settembre quando il gruppo di lavoro del comitato tecnico-scientifico ha ripreso la sua attività e, soprattutto, riavviato i contatti con la controparte slovena.
Ora gran parte delle incombenze di tipo documentale sono state concluse e il progetto è pronto per la prima valutazione, che tocca ai ministeri italiani della Cultura e degli Esteri. Poi, con il sì dei nostri organismi politici, il progetto passerà ad un primo vaglio da parte dell'Unesco. La road map è, di fatto, già segnata.
Il primo obiettivo è quello di riuscire ad inserire il progetto nella lista finale, a febbraio del prossimo anno, per arrivare, nel 2023 ad ottenere il riconoscimento del comprensorio come meritevole d'essere inserito nel patrimonio mondiale dell'Unesco.
Uno sforzo che vede coinvolti molti soggetti, anche istituzionali, ma che ha molte anime, come è giusto che sia. Una di queste è rappresentata da Diego Bernardis, consigliere regionale friulano e presidente della commissione cultura, ma soprattutto persona sensibile che dell'amore per la sua terra ha fatto un obiettivo della sua attività politica, ma anche delle sue iniziative private.
E nel progetto per l'inserimento del comprensorio Collio-Brda-Cuei nel patrimonio dell'Unesco emergono il suo essere personaggio politico che porta le istanze della sua terra in Consiglio regionale, anche persona che ama il territorio e che crede che esso sia un giacimento non solo culturale (come conferma il progetto Unesco), ma anche economico. Una economia fortemente legata alle tradizioni perché, dice Bernardis, amare la terra dove sei nato e cresciuto non è una scelta, viene da dentro e non può che assecondare questo sentimento.
Bernardis rivendica l'idea del progetto, di cui si dice orgoglioso, definendola "un'iniziativa corale, un grande impegno congiunto che, trasversalmente, coinvolge diverse realtà del territorio del Collio, sia di parte slovena che italiana, e che potrà dare grande lustro a un territorio unico al mondo e con grandissime potenzialità".