Come sempre cerchiamo di analizzare le risorse che lo yoga ci mette a disposizione per migliorare la nostra pratica, maturare a livello psico-emotivo nella nostra vita quotidiana e far crescere la coscienza collettiva. Oggi in particolare cerchiamo di capire perché si parla tanto di meditazione, come è intesa in particolare nello yoga e cosa è utile sapere prima di approcciarsi a provarla.
Gli otto rami dello yoga
Abbiamo accennato al fatto che lo yoga è concepito come un sistema filosofico e in uno dei suoi testi sacri – Yogasutra di Patanjali1 – l'autore espone quelli che sono chiamati gli otto rami di questo sistema che non a caso si completano a vicenda.
Gli otto rami dello yoga sono:
- yama, principi guida di condotta morale per la vita sociale;
- niyama, principi guida per la disciplina individuale;
- asana, postura, posizione del corpo;
- pranayama, controllo del respiro;
- pratyahara, ritiro dei sensi;
- dharana, concentrazione;
- dhyana, meditazione;
- samadhi, assorbimento cognitivo, stati di supercoscienza, illuminazione.
Di solito si tende a prendere in considerazione solo tre di questi principi/rami, anche perché sono i primi, di fatto, in cui ci si imbatte in qualsiasi lezione di yoga, ovvero: la pratica delle posizioni del corpo mantenute (asana), le tecniche di respirazione (pranayama) e la meditazione (dhyana). La verità è che non c'è divisione nello yoga che, come ormai sappiamo, significa letteralmente “unione” o “congiunzione”, intesa, tra le altre, anche come unità dell’uomo con la sua parte divina. Questo perché attraverso la pratica di tutti gli otto rami, ma anche solo per cominciare di questi tre aspetti principali, è proprio la dualità e il conflitto che si vanno via via a sciogliere ed abbandonare.
Unità di corpo, respiro e mente
Quello che non sempre è chiaro all'inizio è che questi tre aspetti non solo coesistono, ma vanno praticati insieme e nello stesso momento. Da qui la necessità della pratica quotidiana. Durante l'esecuzione di un asana il respiro è controllato, numerato e al contempo ci aiuta a entrare in uno stato di concentrazione e consapevolezza del momento presente, quindi di fatto ci aiuta a meditare. Quando la pratica costante ci avrà reso famigliari almeno le più importanti delle numerose posizioni possibili in yoga, così come le transizioni da una all'altra, quando ci avrà reso più istintivi nell'impiego controllato e consapevole del nostro respiro, ecco che inizieremo a sperimentare quella che viene chiamata “meditazione in movimento”, ovvero la capacità di mantenere la nostra concentrazione sul qui e ora durante l'intera pratica.
Quando riusciremo a meditare in movimento la nostra pratica sarà diventata fluente, paziente e armonica come tutto il resto del nostro essere. A quel punto ci troveremo infatti in uno stato di pace mentale dove non ci staremo più dibattendo sui problemi quotidiani, né sui nostri limiti fisici, non saremo più altrove con la mente. Il giudizio sui noi stessi e gli altri sarà sospeso e la nostra concentrazione sarà al respiro e alla ricerca dell'unione sempre più armonica dei tre aspetti dello yoga sopra citati: corpo, respiro e mente. Allo stesso modo quando pratichiamo pranayama, ovvero esercizi specifici di respirazione, assumeremo uno o più posizioni del corpo (asana) e delle mani (mudra), a seconda dell'esercizio scelto, e lavoreremo sull'ascolto del nostro respiro, il coordinamento dei nostri organi e lo sviluppo delle nostre capacità respiratorie.
Questo tipo di esercizi ci guideranno in modo automatico in uno stato di alta concentrazione e meditazione. Inutile dire che lo stesso vale quando, finita la pratica degli asana, si passa di solito a chiudere la lezione con alcuni minuti dedicati alla meditazione. Anche qui assumeremo una specifica posizione del corpo. La più conosciuta è padmasana (posizione del loto), regina delle posizioni meditative, ma ci sono molte sue varianti, soprattutto per i principianti, e numerosi altri asana che possono essere assunti. Qualunque si scelga l'importante è che ci permetta di tenere la schiena dritta e uno stato di immobilità prolungata senza sforzo. Al contempo, ancora una volta, ci faremo aiutare dall'osservazione al nostro respiro per raggiungere lo stato meditativo.
Dhyana: la meditazione e i suoi benefici
È anche e soprattutto durante quest'ultima fase della pratica, la meditazione, che sperimenteremo in primis il classico “let it go”, ovvero la nostra capacità di lasciar andare emozioni, pensieri disturbanti e attaccamenti per imparare ad osservarli da fuori e a trovare un distacco da loro in modo da non identificarci con essi. L'esercizio del lasciar scorrere i pensieri come sorgono e farli passare come nuvole davanti ai nostri occhi è uno dei più efficaci per i neofiti della meditazione. Piano piano impareremo anche nella vita di tutti i giorni a non identificarci con i nostri stati emotivi e a trovare il giusto distacco che serve nei momenti critici per riappropriarci in fretta della nostra vita. Questo è solo uno dei primi benefici che la pratica meditativa può portare. Ecco perché si dice funzioni per affrontare sovraccarichi da stress, e problemi di salute correlati. Dove la mente è, noi siamo e il nostro corpo risponde sempre di conseguenza. Se non si intuisce la profonda correlazione tra questi due aspetti della nostra fisicità - mente e corpo - saremo destinati ad ammalarci, anche se oggi siamo in splendida salute.
Secondo la medicina ayurvedica, infatti, prima si ammala la mente e con essa il corpo sottile (per semplificare al massimo potremmo dire la parte emotiva del nostro essere che di fatto è influenzata dai nostri pensieri e da come noi ragioniamo a ciò che ci accade) e solo dopo si ammala il corpo fisico e si generano specifiche problematiche di salute che, mai a caso, interessano un certo punto del corpo piuttosto che un altro. Tutto è correlato, tutto è unione, nel bene come nel male, in salute e in malattia, ci ricorda sempre lo yoga. Ecco perché è importante ricordarselo e lavorare al meglio per uscire dalla nostra dualità conflittuale perenne, che è prima di tutto di origine mentale. Lo yoga e la meditazione in particolare sono strumenti atti a perseguire questo obbiettivo prima di tutto di salute.
Non è un caso poi che le persone “vincenti”, oltre che in salute, siano più spesso caratterizzate da capacità mentali - si dice - sopra la norma. Non sto parlando di geni, ma di persone che hanno imparato a guidare la loro mente invece che farsi guidare da essa. Sono persone capaci di affrontare le sfide senza vivere all'eccesso le conflittualità che più spesso ne derivano, perché hanno imparato a restare concentrate sul loro obbiettivo di riuscita piuttosto che, per esempio, sulle paure che le sfide innescano. Facile a dirsi ma non impossibile a farsi. Grazie a... Ora lo sapete.
1 Patanjali, Yoga Sutra, cap. II, sutra 29.