Il social distancing è un intervento che ci hanno chiesto di rispettare per limitare la diffusione del Covid-19, ma che sta creando grande isolamento psicologico e aumentando la solitudine negli esseri umani.
E purtroppo, sappiamo che la solitudine è una delle maggiori cause dei problemi alla salute in tutto il mondo.
Le persone che ne soffrono hanno una maggiore probabilità di sviluppare stati depressivi, problemi psicologici e malattie fisiche come pressione irregolare, mancanza di sonno e indebolimento del sistema immunitario.
In un'epoca in cui dovremmo prima di tutto pensare a rinforzarci per contrastare più efficacemente il virus, il social distancing può indebolirci per cause emotive e psicologiche.
Intendiamoci, non discuto l'efficacia del social distancing come mezzo, ma ciò che desidero è che tu possa proteggerti dagli effetti terribili che l'isolamento e la solitudine possono creare.
A tal proposito, riporto la storia di Sam Everington un medico di base che lavorava in una zona povera di Londra.
Sam era molto a disagio perché un sacco di suoi pazienti andavano da lui con terribili depressioni e ansie e ben presto si rese conto che molti dei suoi pazienti erano depressi e ansiosi per la solitudine.
Anche se i farmaci davano un po’ di sollievo ad alcuni, nella maggior parte dei casi non risolvevano il problema. Così, decise di sperimentare un approccio diverso. Un giorno al centro medico dove Sam lavorava, arrivò una donna che si chiamava Lisa Cunningham.
Lisa era rimasta chiusa in casa con una depressione e un’ansia paralizzante per sette anni. Sam le disse: “Non ti preoccupare, continuerò a darti questi farmaci, ma cominceremo anche con qualcos’altro. Ti prescriverò di venire qui al centro due volte a settimana per incontrarti con un gruppo di persone che hanno le tue stesse problematiche. Lo scopo non è che parliate di quanto siete infelici, ma che troviate qualcosa di significativo da fare insieme, così non vi sentirete soli e la vita non vi sembrerà più senza senso.”
La prima volta che questo gruppo si riunì, Lisa cominciò letteralmente a vomitare per l’ansia. Era troppo per lei. Ma le persone la confortarono e ognuno nel gruppo ben presto cominciò a condividere la propria storia, le proprie speranze. “Che progetto potremmo portare avanti insieme?” si chiesero. “Forse potremmo creare un giardino?” qualcuno propose. Ma vivevano tutti nella zona povera di Londra, non avevano mai avuto un giardino e non sapevano nulla di giardinaggio.
Però pensarono: “Perché non imparare?”
C’era un’area dietro gli uffici dei medici piena di sterpaglia dove nessuno andava. “Perché non trasformiamo quella in un giardino?” suggerì uno di loro. Così iniziarono a consultare i libri della biblioteca, a guardare video su YouTube. Cominciarono a lavorare il terreno, a imparare i ritmi delle stagioni. Ma cominciarono a fare qualcosa di ancora più importante.
Cominciarono a formare un gruppo. Cominciarono a creare una tribù. Cominciarono a prendersi cura l’uno dell’altro.
Se un giorno uno di loro non si presentava, gli altri andavano a cercarlo. “Ehi, tutto ok?” E lo aiutavano a capire cosa lo preoccupava quel giorno.
La Cunningham ha descritto così l’esperienza: “Quando il giardino ha cominciato a fiorire, abbiamo cominciato a fiorire anche noi.”
Non è difficile crederle, basta pensare che, se condividiamo la gioia, essa aumenta, mentre se condividiamo il dolore, esso diminuisce e in questo processo il protagonista è un ormone che si chiama ossitocina.
La guarigione dalla depressione di Lisa e del suo gruppo è un esempio del potere terapeutico dell’ossitocina, chiamato anche l'ormone delle coccole, che numerose ricerche hanno dimostrato ridurre lo stress cardiovascolare e innalzare il sistema immunitario. Proprio quello di cui tutti noi abbiamo bisogno in questo momento storico.
L'ossitocina viene prodotta in grande quantità quando siamo con altri esseri viventi e ci prendiamo cura l’uno dell’altro, quando possiamo parlare apertamente delle nostre emozioni, delle nostre speranze e delle nostre paure senza che nessuno ci giudichi, quando possiamo essere noi stessi perché ci sentiamo al sicuro.
E come si fa allora con le mascherine e con il social distancing?
Un’alternativa all’abbraccio per mantenere l’ossitocina in circolo è lo sguardo occhi negli occhi. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima e questo semplice gesto ci permette di connetterci a un livello più profondo con le persone.