Il Regimen Sanitatis Salernitanum dedica al mondo vegetale, ai “semplici” come venivano definite le erbe con funzione curativa, un’ampia sezione. Solo 18 sono le erbe terapeutiche, a cui è affidata la cura di ogni malattia: tra queste vi sono la celidonia e il salice. I versi che qui riportiamo sono rispettivamente tratti da un testo latino pubblicato a Francoforte nel 1557, un testo italiano pubblicato a Pavia nel 1835 e un altro del 2017.
A conclusione di questa nota viene presentata la traduzione del Commentario latino relativo alle erbe in oggetto e qualche considerazione per confrontare ciò che si credeva anticamente e ciò che oggi la botanica afferma.
Celidonia. Cap. LXXI
De chelidonia
Caecatis puellis hac lumina mater hirundo, (Plinius ut scripsit) quamvis sint eruta, reddit.
Della celidonia
Con quest’erba, Plinio dice,
Render suol la genitrice
Gli occhi ai ciechi rondinelli,
E sin dargli occhi novelli.Per le persone e non solo
La celidonia, pianta medicamentosa, >per asma, ulcera, e nervi è >portentosa. Una cosa più dolce e delicata
su di essa Plinio l'ha raccontata: la pianta, sugli occhi atrofizzati usa la rondine coi nuovi nati e i piccin, avuta la vista in un secondo, sorvoleranno, un giorno, il mondo.
Il Commentario. Cap. LXXI
Plinio (Lib. 25., cap. 8) racconta che anche gli animali preferiscono fra le erbe la celidonia e, inoltre, come con quest'erba le rondini ridonino la vista agli occhi dei loro piccoli: la celidonia si è dimostrata, infatti, ottima per la cura della vista, e le rondini madri, dopo averla raccolta, risanano gli occhi feriti dei pulcini (Plinio, Lib. 8., cap. 27; Dioscoride, Lib. 2).
La celidonia guarisce anche gli occhi degli uomini e suole essere assunta in quasi tutte le circostanze, ma specialmente nei casi in cui nella pupilla si raccoglie del grasso che non è stato smaltito e disciolto. Il suo succo è color zafferano e la sua scoperta è attribuita alle rondini, poiché la cecità colpisce i loro piccoli più spesso degli altri uccelli. Gli escrementi e le feci delle rondini, soprattutto delle madri, infatti, danneggiano gli occhi e provocano la cecità. Cornelio Celso (Lib. 6., cap. 6) la considera una favola e sostiene che gli occhi guariscono da soli. Egineta e Plateario assegnano la celidonia, calda e secca, al terzo ordine, per il suo potere di indebolire e consumare. Le radici tritate liberano dagli umori freddi e umidi: il malato deve assumerne il fumo attraverso la bocca, facendo poi dei gargarismi con il vino.
Considerazioni
La celidonia era considerata da Ulisse Aldovrandi, naturalista cinquecentesco, legata all'etimo coeli donum, cioè un'erba considerata miracolosa fin dal Medioevo, credenza diffusa dall'uso che gli alchimisti ne facevano nei loro riti. In realtà, come già Dioscoride spiegava, il suo nome derivava da χελιδ́ων, rondine, perché il suo ciclo vegetativo coincide con la partenza e l'arrivo delle rondini. Ma vi è chi asserisce che il collegamento con le rondini sia dovuto al comportamento di questi uccelli che, secondo una credenza popolare, ne strofinerebbero i rametti sulle palpebre dei figli appena nati per aprire loro gli occhi, credenza recepita dalla Scuola Salernitana.
Ha azione spasmolitica, antiaritmica e bradicardica, per cui si usa in casi di gastralgie, spasmi delle vie biliari e dei bronchi. Alcuni dei costituenti chimici del latice avrebbero un’azione analoga a quella dell’oppio; ma la pianta non si adopera per tale azione. Il latice, invece, viene usato in medicina popolare, come antiverrucoso (sui porri), perché è caustico ed irritante, se a contatto con le mucose interne provoca stomatiti ed enteriti. I principi attivi della pianta hanno un effetto benefico soprattutto per i disturbi che affliggono l’apparato digerente a patto però che vengano opportunamente dosati dietro prescrizione medica, in caso contrario possono risultare velenosi e in alcuni casi letali. La pianta è usata in omeopatia dove la radice si usa per curare le affezioni biliari e polmonari. Gli alcaloidi in esso contenuta possono avere anche effetti nocivi, come la cheleritrina che può causare spasmi e paralisi muscolari o la sanguinaria che aumenta le contrazioni del cuore, è epatossica e genera la ritenzione di liquidi, ma al contempo ha effetto analgesico e antitumorale.
Salice. Cap. LXXII
De salice
Auribus infusus vermes succus necat eius.
Cortex verrucas in aceto cocta resolvit.
Huius flos sumptus in aqua frigescere cogit.
Instinctus Veneris cunctos acres stimulantes.
Et sic desiccat, ut nulla creatio fiat.Del salice
Tu del salice coi sughi
Dall'orecchio i vermi fughi,
Nell'aceto la sua pelle
cotta, i porri scioglie e svelle.
Il suo fior col succo assorto
Del suo frutto, opra l'aborto.Salice potente
Se di salice fai un infuso,
bevilo sempre, è multiuso!
Speriamo non ti debba mai servire,
ma dall'orecchio i vermi fa fuggire.
La corteccia nell'aceto devi lasciare
se dalle verruche ti vuoi liberare.
Per il feto i fiori sono mortali
e vale lo stesso per gli impulsi sessuali.
Il Commentario. Cap. LXXII
Queste le tre virtù del salice. Innanzitutto, il suo succo versato nelle orecchie le libera dai vermi grazie alla sua proprietà astringente ed essiccante (Avicenna, 2., Canone, cap. 686). Non c’è niente di più utile del succo delle sue foglie nella cura del pus che scorre dalle orecchie. Quindi, la corteccia cotta nell’aceto scioglie e svelle i porri. Ha infatti un forte potere essiccante ma non un sapore acre (Galeno, Lib. 6., De sim.). Avicenna (2., Canone, cap. 543, cap. 686) attribuisce lo stesso effetto alla portulaca, con la quale si frizionano e sradicano le verruche. In ultimo, per lo stesso potere astringente ed essiccante, il fiore del salice nuoce alle gravidanze, rende difficile il parto e, come afferma Dioscoride, fa sì che la donna non concepisca. Su questa cosa si legga l’erudita annotazione di Iani Cornarij in Macro, Lib. 4., cap. 11.
Il salice è sicuramente uno dei “semplici” con maggiori riferimenti mitologici. Il sugo posto nelle orecchie uccide i vermi, la corteccia cotta nell'aceto libera dalle verruche e il fiore preso con l'acqua è un anticoncezionale. Lo diceva già Omero chiamando i salici “distruttori di frutto”, ma per il cristianesimo l'interpretazione si estese a simboleggiare una castità fruttuosa, una mistica verginità che rinuncia alla procreazione terrestre per un'altra vita. Questa riflessione non poteva non concludersi con la Madonna, nella quale la casta fecondità aveva permesso al frutto divino di germogliare.
L'acqua è, dunque, un altro degli elementi legati al salice. In Grecia era dedicato alle dee lunari, da Era a Persefone, da Circe ad Ecate. Era sacro alla Luna perché prediligeva l'acqua e, sui suoi rami, nidificava il principale uccello orgiastico della dea, il torcicollo. Per gli ebrei nella festa delle Capanne, il Levitico prescriveva di raccogliere tra gli altri, salici di torrente. Questa pianta che cresce vicino all'acqua, per un popolo che vive in luoghi aridi, era, infatti, simbolo del perenne e sempre nuovo fiorire e germogliare. Il cristianesimo, anche, lo adottò nello stesso senso: quale simbolo della ricchezza sorgiva delle acque spirituali che sgorgano dalla Chiesa.
Contiene sostanze tanniche e salicina, glucoside che, sotto l’azione della emulsina ed anche della ptialina della saliva, si scinde in glucosio e saligenina, che dà, a sua volta, per ossidazione, acido salicilico. La salicina divide le proprietà antipiretiche ed antireumatiche, pure avendo azione meno efficace e meno pronta. La corteccia ha un’azione antireumatica, mentre antispasmodica ed anafrodisiaca è l’azione degli amenti e delle foglie.