L’oro e il nero. Sono i colori che Fabrizio Plessi ha scelto per ripensare il tragitto della sua evoluzione artistica. Per trasformare tutte le sue opere in oro, come un alchimista con la sua pietra filosofale. Lo ha meditato durante il confinamento obbligato del Coronavirus, da febbraio a maggio. Quattro mesi in cui il maestro della luce e delle gigantesche installazioni nel segno dei cinque elementi, ha creato una sorta di cambio di paradigma. Che si disvelerà il 4 dicembre quando in piazza San Marco troneggerà il suo Albero Digitale, Un ‘faro’ luminoso, composto da oltre 80 moduli di 1metro per 50 centimetri, che, prendendo la forma di un albero della vita che unisce simbolicamente terra, acqua e cielo, interpreta il senso più profondo del Natale. Già presente in Piazza San Marco con l'installazione al Museo Correr L'Età dell'Oro (prorogata al 6 gennaio 2021).
Abbiamo raggiunto il Maestro telefonicamente, l’emergenza sanitaria sospinge verso i contatti virtuali, ma Plessi alla tecnologia è abituato e ci ha abituato.
“Il mio Albero Digitale - racconta - sarà il simbolo della comunicazione nel mondo. Probabilmente quasi nessuno andrà a vederlo fisicamente, ma verrà visto attraverso i media e il digitale e questa è la cosa più importante: infatti si chiama “Natale Digitale” e credo che sarà un messaggio di speranza, di futuro e di luce in un momento così buio per la nostra cultura e per il nostro Paese”. Fabrizio Plessi dall’alto dei suoi 80 anni, con una carriera ultra cinquantennale, ha voluto stupirci nuovamente, con questo tuffo nell’oro bizantino della sua amata Venezia. Emiliano di nascita ma veneziano di adozione, Plessi ha subito l’influenza creativa e magmatica della laguna, traendo dall’acqua gran parte della sua ispirazione. Il 2021 sarà un anno importante, quella di una personale straordinaria che avrà la cornice di Ca’ Pesaro dal titolo emblematico “Plessi Now”, seguito concettuale della trasmutazione in oro di tutte le opere del maestro iniziata appunto con L’Età dell’Oro in mostra al Museo Correr.
“Non so ancora quando si inaugurerà la mostra di Ca’ Pesaro, ma quando si aprirà il museo la prima mostra sarà la mia. È una mostra speciale per me perché ho compiuto 80 anni, e amo ripetere che la vecchiaia è quando i rimpianti si sostituiscono ai sogni e io, fortunatamente, sono uno che continua a sognare, nel cuore ho sempre 18 anni. Per questa ragione ho voluto fare un’operazione diversa dalle altre. Questa grande mostra occuperà tutto il palazzo di Ca’ Pesaro, inclusa una sala ancora mai vista. Per l’occasione ho tramutato tutta la mia opera in oro. I miei fuochi, le mie acque, i miei fiumi digitali sono diventati d’oro, le lame e i lampi, tutto è diventato colore dell’oro. Ho tramutato tutto il mio linguaggio di 40 anni in oro. Da questa trasformazione è nato un lavoro completamente nuovo, ben oltre il mutato colore. È stato un lavoro da alchimista alle prese con la pietra filosofale. Ca’ Pesaro sarà tutta nera ma avrà i bagliori d’oro del mio lavoro”. Questa trasmutazione che è parte sostanziale del lavoro di ogni artista, è giunto a Plessi come una sorta di dono durante la clausura per la pandemia.
“Da febbraio fino al maggio sono stato confinato in casa. Ho deciso di chiudere in un cassetto tutti i miei colori e a mia figlia ho fatto comprare solo il giallo oro e il nero. Mi sono dato una disciplina per quasi tre mesi e mezzo. Ho realizzato 140 progetti nuovi di 140 mini installazioni tutte nere e oro, un lavoro che in passato mi avrebbe preso almeno due o tre anni, e che ho svolto in tre mesi. Invecchiando ho una facilità incredibile nel creare. Le idee, le opere vengono da sole quasi come respirare: è il vantaggio dell’invecchiamento, ha potenziato la mia creatività. Per un progetto impiego qualche minuto, una volta ci mettevo molto di più. Era un altro atteggiamento”.
Plessi non ha mai passato un giorno senza disegnare, senza creare. La consuetudine alla creatività l’amplifica, la potenzia, la diversifica, la plasma. Ne cesella le intenzioni.
“Ho un’esperienza di 70 anni di lavoro quotidiano - spiega il maestro - ho accumulato una tale energia interna che ormai è quasi come respirare, non devo neanche pensare a cosa devo fare. Mentre qualcuno mi propone qualcosa io l’ho già fatta, è il grande vantaggio dell’esperienza”. Nel suo studio veneziano, circondato dai suoi progetti, dagli 80 cataloghi che descrivono il suo lavoro, Fabrizio Plessi è un sovrano nel suo regno, il regno della creatività che è scaturita da un sogno giovanile, coronato dal successo.
“Da ragazzo non volevo diventare ricco e famoso, volevo esporre nel più grande museo del mondo e ci sono riuscito. A 14 anni frequentavo a Venezia il Guggenheim e sapevo che prima o poi vi avrei fatto una mia mostra. E così fu. La realizzai al Guggenheim di New York dopo tanti anni. Ricordai il sogno di un ragazzino di 14 anni che si è avverato”.
Un sogno lungo più di 50 anni in cui Plessi ha allestito circa 540 mostre personali, ha preso parte a 14 Biennali Arte di Venezia, ha esposto in 139 musei, ha prodotto oltre 16 mila disegni. I disegni di Plessi sono la traccia primigenia dell’installazione che verrà. È da lì che nasce tutto. Da matite colorate su un foglio e l’immaginazione intatta di un ragazzo. “Disegno tutti i giorni. Il disegno è parte integrante del mio lavoro. Il bozzetto del progetto è il disegno e amo viverlo privatamente, per capirlo fino in fondo. Negli anni ’70 disegnavo in scala 1 a 1, disegni delle dimensioni 5-6-8 metri per avere una visione reale del progetto, dopodiché lo realizzavo. Il disegno resta per me la parte più importante del mio lavoro. E, tra l’altro, i miei disegni sono opere autonome perché hanno una loro vivacità espressiva e culturale”.
A Ca’ Pesaro tutto il terzo piano dell’edificio affacciato sul Canal Grande sarà dedicato all’opera di Plessi, inclusa una sala sconosciuta che sarà visitabile per l’occasione. Tra i lavori spiccherà L’Età dell’Oro, con cascate auree e barche che contengono flussi di acqua dorata. “Un omaggio a una città straordinaria come Venezia in cui l’oro, in effetti, è il simbolo profondo di questa civiltà, del mosaico dell’Oriente, della contaminazione di tutte le civiltà. Venezia è punto di incrocio di tutte le culture”. Plessi, artista che ha sempre creduto nel potere del futuro, della tecnologia, ma che non ama farsi chiamare video artista, semplicemente perché non lo è. “Ho inventato le video installazioni che sono una cosa diversa dai video. Le installazioni hanno bisogno di spazio, ambiente, luce, sonoro: è un’arte totale quella della video installazione. Il video, invece, è una narrativa di filmati, più o meno interessanti, quasi sempre noiosissimi in cui non mi riconosco affatto. Per mettermi dentro un processo creativo mi hanno cacciato nella video arte ma io non vi ho nulla a che fare”. Insomma, Plessi non si etichetta è, come ama definirsi, “un navigatore solitario attaccato al suo timone che sa sempre dove andare” e il cui faro è la tecnologia applicata all’arte.
"Ho sempre creduto nelle tecnologie. In Italia ci sono stati due grandi movimenti: l’Arte Povera e la Transavanguardia. Tuttavia, nessuno di questi movimenti si è occupato mai di arte e tecnologia. Ho insegnato per dieci anni all’Università di Colonia “Umanizzazione delle tecnologie”. Il mio lavoro è sempre stato quello di umanizzare la tecnologia. Se noi non dominiamo la tecnologia, sarà la tecnologia a dominare noi. Negli anni ’60-’70 in un momento in cui tutti dipingevano i più orribili quadri del ‘900, io pensavo invece che le nuove tecnologie avrebbero aiutato ad aprire un nuovo spiraglio culturale e artistico per uno sperimentatore come me. Quindi l’acqua, la lava, il vento, i lampi, tutti gli elementi naturali sono diventati parte integrante del mio lavoro. Come un alchimista ho messo insieme cercando di far convivere elementi tipici del mondo dell’arte come il marmo, il ferro, il legno, la pietra con l’ausilio elettronico. Sono piccolo di statura ma penso sempre in grande, questo è il mio vantaggio”.