I recenti fatti di cronaca, dagli omicidi ad opera di ragazzi armati per strada, al pestaggio-omicidio del ragazzo italiano, rivelano un’aggressività ed una violenza in mano a giovani o giovanissimi uomini ed inducono a soffermarci, a fare una riflessione.
Soprattutto per decidere come agire.
Non intendo entrare nel merito del singolo fatto, soprattutto in questo periodo, nel quale si accendono ulteriori violenze verbali e polemiche. Non esprimo giudizi, che stanno in mano a persone deputate a svolgere questo lavoro.
Voglio invece fare una riflessione, nel mio ruolo di psicologa – la comprensione delle dinamiche e dei fenomeni psichici, anche sociali, collettivi attiene al mio ruolo – ma anche nel ruolo di donna e di madre.
Voglio innanzi tutto esprimere il profondo dolore che queste vicende provocano nel cuore di chi è ben consapevole dell’importanza di veicolare, trasmettere e sostenere i princìpi etici ed i valori umani universali agli altri, in tutti i contesti sociali, educativi e alle nuove generazioni in particolare.
Voglio esprimere la mia vicinanza al cuore di ogni mamma e di ogni donna. Dinanzi ad un dolore straziante, le madri sono e saranno sempre in prima fila, le più dirette interessate. Non soltanto coloro che sono madri, ma le donne tutte:
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”
(Giovanni 19,18-30)
Vorrei quindi, come è logico e doveroso fare, interrogarmi sulle cause. Molte cose possono essere alla base, all’origine, di fenomeni di una violenza tanto intensa e drammatica.
Il fattore scatenante ultimo è senza ombra di dubbio la prolungata limitazione della libertà, la chiusura “forzata”, che dal punto di vista psicologico è inequivocabilmente fonte di stress prolungato. Il blocco dell’azione, la chiusura, la limitazione della libertà di movimento sono difficili, molto difficili da gestire. Nei soggetti più fragili determinano reazioni opposte, di vario tipo, oltre a conclamate espressioni patologiche, prima fra tutte l’espressione incontrollata dell’aggressività, spesso rivolta verso l’esterno.
Ma questo senza dubbio importante elemento clinicamente rilevante, non può essere l’unico fattore causale.
Ecco gli altri fattori causali, a mio avviso tutti ugualmente importanti, che mi pare di rilevare.
- L’esposizione alla violenza: dai film, ai videogiochi, alle immagini stesse di cronaca, l’esposizione – soprattutto visiva – a scene di violenza è particolarmente intensa e tende a diventare normale.
- La società iperstimolante: dall’iper-organizzazione delle attività, scolastiche e sportive, al multitasking, agli stimoli di luci, suoni, campi elettromagnetici, tutto il mondo nel quale viviamo e siamo immersi è un continuo stimolo per il nostro organismo.
- La perdita di valori: la società non porta avanti i valori fondanti l’umanità e la società, non persegue ideali di etica, non sostiene modelli positivi, ma sembra anzi enfatizzare tutto ciò che di negativo c’è e ci può essere nel mondo.
A fronte di una situazione così descritta, oltre al dolore, al profondo dolore che emerge, credo che stia proprio a noi donne, non soltanto alle mamme, il compito di cambiare la rotta, di fare tutto ciò che è nel nostro potere e nei ruoli che ricopriamo nella società, ciascuna nel proprio ambiente e nel proprio ambito sociale, perché si verifichi un vero cambiamento negli animi.
Gli obiettivi da perseguire, i valori da trasmettere, i comportamenti da incentivare, favorire, premiare, i modelli da imitare, devono andare tutti in questa direzione:
- Il rifiuto di ogni forma di violenza
- Il rispetto di se stessi e degli altri
- La comprensione per poter favorire il dialogo
- Lo studio, la conoscenza che rende uomini liberi
- La forza, la tenacia, la resilienza, il rialzarsi dalle difficoltà, come modello da portare avanti.
Adesso sta a noi, donne e mamme, cambiare registro.