Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia.
Una famosa frase di William Shakespeare da mutuare quando si parla del cielo, del cosmo, dei suoi segreti e di quanto l’umanità sia in grado di conoscere. Una frase che fa capire quale sia il giusto approccio nei confronti dell’ignoto: non sappiamo che cosa ci sia, sappiamo quel che pian piano abbiamo potuto accertare scientificamente, ma quel che manca alla nostra conoscenza è e resta incommensurabile, tanto da apparirci inarrivabile. Eppure è proprio cercando di capire, di guardare con mente aperta, spirito critico e solide basi scientifiche che a mano a mano molti segreti dell’universo ci si sono manifestati nella loro grandezza.
Ma, in ossequio ad un’altra famosa espressione, questa volta di Dante Alighieri, la nostra strada è quella di non vivere nell’ignoranza (l’esser bruti), ma di seguire “virtute e conoscenza”. E su questa strada cosa di più sollecita da sempre la mente umana se non il cielo e il cosmo? Non si tratta qui di voli pindarici di menti un po’ “fuori”, ma dell’andare alla ricerca dei significati più reconditi e più fondanti della nostra stessa esistenza. Una ricerca che passa attraverso la conoscenza, la verifica, l’apprendimento di quello che c’è, che lo si veda o no. Pensiamo, ad esempio, agli scienziati che hanno accertato la presenza della materia oscura nell’universo e come questa presenza sfugga ancora abilmente ai tentativi di identificarla, conoscerla, “vederla”! In buona sostanza siamo di fronte ad una grande sfida, ma che si può sintetizzare in poche parole: esistono nell’universo fenomeni dei quali l’unica cosa che possiamo dire è che esistono, anche se non siamo in grado (ancora) di sapere che cosa siano!
Ecco perché è di grande interesse quanto accaduto nel 2019 quando si è appreso che la US Navy, la marina militare statunitense, ha modificato i propri regolamenti, creando apposite procedure ad uso dei suoi piloti per riportare gli avvistamenti di fenomeni aerei non identificati, implicitamente incoraggiandoli a riportare quelli che vengono ora definiti “avvistamenti UAP”, ovvero “fenomeni aerospaziali non identificati”, nuova denominazione ufficiale per quelli che prima venivano indicati, spesso attirando critiche e sarcasmo, come UFO ovvero “oggetti volanti non identificati”. Anche se in questo articolo useremo i due termini in modo intercambiabile si tratta, come vedremo oltre, di un piccolo mutamento lessicale ma che sottende un cambio di paradigma di grande importanza, basato proprio su quanto abbiamo detto nell’apertura, ovvero che se in cielo o nello spazio vengono osservate cose “strane”, non vengono più dismesse come fandonie ma acquisite e catalogate come dati reali, ancorché non spiegabili con le conoscenze in nostro possesso.
Un anno quindi, il 2019 che possiamo considerare come di svolta per quel settore molto particolare che è l’ufologia e, potenzialmente con esso, anche per la ricerca scientifica in generale. Particolare perché la fenomenologia UAP non ha mai avuto, almeno finora, pieno diritto di cittadinanza fra le questioni di cui si può parlare tranquillamente, dandone implicitamente per scontate realtà e concretezza. Lasciando da parte l’aspetto per così dire ontologico della questione, ci occuperemo degli sviluppi della dinamica evolutiva che sta interessando il settore nel suo insieme. Insomma, non scaveremo nel passato per capire il presente ma esamineremo l’anno che è da poco trascorso per cercare di comprendere cosa sta succedendo e quali possono essere gli ulteriori sviluppi.
Prima di tutto, occorre dire che a rendere il 2019 un anno decisamente significativo è il sensibile mutamento in senso positivo di quel fattore che costituisce la conditio sine qua non per l’accettazione generalizzata di un qualsiasi fatto o fenomeno, che è la qualità della sua percezione generale. Nel 2019 la qualità di tale percezione del fenomeno UFO, o UAP che dir si voglia, ha subito un netto miglioramento. Per comprendere al meglio tale miglioramento è utile passare brevemente in rassegna gli eventi che si sono succeduti a partire dal 2017, anno in cui è stata formata la To The Stars Academy of Arts and Sciences, che ha avuto e continua ad avere la gran parte di responsabilità in questo processo.
Iniziamo col dicembre del 2017, che ha visto la pubblicazione sul New York Times e su Politico di due articoli, sponsorizzati dalla Academy, che rendevano pubblica l’esistenza di un programma del Pentagono per lo studio degli UFO per il quale il governo americano aveva speso in vari anni una ventina di milioni di dollari. Oltre ad apprendere del programma, conosciuto con l’acronimo AATIP, fino a quel punto abilmente occultato nel gigantesco bilancio della difesa, quello che ha colpito e interessato l’opinione pubblica mondiale in generale e in particolare i contribuenti statunitensi, è stato prima di tutto il fatto che il governo avesse speso in gran segreto milioni di dollari per studiare sottobanco una questione che ufficialmente ha sempre sminuito se non negato, e poi il rilascio, a seguito di declassificazione sponsorizzata sempre dalla Academy, di tre brevi video che ritraggono fenomeni UAP, di fatto i primi tre documenti video di oggetti volanti non identificati mai rilasciati ufficialmente dalla US Navy. Tale rilascio ha avuto la funzione di consolidare ulteriormente nell’opinione pubblica mondiale la nozione che la fenomenologia UAP costituisce un fatto reale e concreto. La Academy ha fatto anche venire allo scoperto il protagonista principale di uno degli incontri da cui è derivato uno dei filmati (il Flir1), l’ormai ex-comandante David Fravor, che ha aggiunto numerosi dettagli di prima mano sull’evento.
La storia del programma AATIP, e del meno noto programma connesso AAWSAP, ha anche fatto conoscere al grande pubblico una figura particolare, quella dell’imprenditore del settore alberghiero Robert Bigelow, la cui ormai defunta BAAS (Bigelow Aerospace Advanced Studies) è stata la beneficiaria dei milioni di dollari spesi per il programma AATIP. È da notare comunque che, a parte i fondi pubblici ricevuti per gli studi nell’ambito del citato programma, Bigelow aveva già da tempo intrapreso a sue spese ricerche su UFO e fenomeni paranormali. Bigelow inoltre si è creato una sua fetta di popolarità fra gli appassionati del settore perché non ha mai avuto il minimo problema a dichiarare a chiunque lo intervistava di essere assolutamente convinto che gli extraterrestri visitino la Terra, e lo facciano da tempo immemore.
Nelle operazioni di relazioni pubbliche della Academy, la figura che ha assunto maggiore spicco è quella del manager di intelligence ed ex direttore del programma AATIP poi passato alla Academy, Luis Elizondo, intervistato su queste pagine nel dicembre del 2018. Fin da quasi subito, Elizondo ha rilasciato un gran numero di interviste, partecipando a programmi radiofonici, televisivi ed eventi web, passando così dall’essere uno sconosciuto membro di un’organizzazione destinata a rimanere nell’ombra, a una figura nota al grande pubblico.
Ma è stato nel 2019 che Elizondo ha assunto un ruolo di rilievo divenendo la star di una serie documentaristica in sei puntate prodotta dalla A+E Networks per History Channel USA intitolata Inside America’s UFO investigation. Qui da noi la serie è stata trasmessa da History Channel Italia col titolo UFO investigation. In questi sei episodi Elizondo è affiancato dagli altri membri di punta della Academy, cioè Tom DeLonge, Steve Justice, Hal Puthoff e Chris Mellon e dal corrispondente di Politico, Brian Bender. La serie non solo passa in rassegna in maggior dettaglio gli avvistamenti già altamente pubblicizzati nel 2017 con il rilascio al pubblico dei tre storici video denominati Flir1, GoFast e Gimbal ma si occupa anche di vari altri casi non americani, fra cui quello della foresta di Rendelsham in Inghilterra. Nella sesta e ultima puntata della serie Elizondo e DeLonge si recano in Italia per prendere parte ad un incontro con il Centro Ufologico Nazionale.
Nel suo insieme, la serie presenta un Elizondo che agisce come una sorta di intrepido crociato ufologico che, zaino militare in spalla, gira il mondo per indagare su avvistamenti battendosi contro la cultura del ridicolo e i muri di gomma eretti da una ottusa burocrazia governativa. I dati di ascolto per la versione italiana non sono stati resi noti, ma negli USA il programma ha ottenuto un buon indice di ascolto, con circa un milione di spettatori a puntata.
Poi, sempre nel 2019 abbiamo assistito a un importante cambio di rotta da parte della marina militare americana nei confronti del fenomeno UAP. La marina ha infatti assestato un netto cambio di rotta alla sua policy generale sul tema degli UFO/UAP agendo essenzialmente in due direzioni.
La prima riconoscendo ufficialmente la “paternità” dei tre filmati che nel 2017 dopo un regolare processo di declassificazione la To The Stars Academy ha reso di pubblico dominio, un riconoscimento che, occorre dirlo, non ha avuto una genesi particolarmente lineare come peraltro continua ad essere consuetudine in quell’arma nel trattare di questa fenomenologia. Ma l’importante è che il riconoscimento c’è stato, e in termini chiari.
La seconda, risalente al mese di aprile, consiste nella creazione di specifiche procedure ad uso dei piloti della marina per la riportazione degli avvistamenti di fenomeni UAP, cosa che comporta implicitamente l’abbandono di quell’attitudine intimidatoria che è stata per molti decenni consuetudine non scritta ma molto efficace per inibire chiunque avesse visto qualcosa di anomalo in cielo (o anche in acqua) dal riferirlo. Desideriamo qui nuovamente rimarcare che entrambi questi interventi rivestono un carattere di vero e proprio cambio di paradigma, se si considera l’atteggiamento non certo favorevole che la US Navy ha mantenuto praticamente da sempre nei confronti della fenomenologia UAP.
Più avanti nel 2019, precisamente a giugno, c’è stato poi un altro episodio, l’evento denominato #StormArea51, o “Storm Area 51, they can’t stop all of us” [Assaltiamo l’Area 51, non possono fermarci tutti]. Nato quasi per scherzo su iniziativa dello studente Matty Roberts sotto forma di evento su Facebook, quando le adesioni hanno superato i due milioni la cosa ha cominciato a prendere una piega che non ha lasciato indifferenti i responsabili della sicurezza di quella base e le locali autorità di polizia. La questione ha poi trasceso i confini degli stessi Stati Uniti suscitando molto clamore a livello mondiale, con numerosi appelli che si sono levati da molte parti invitando a desistere da una tale azione e una moltitudine di dibattiti socio-ufologici sulla sua reale utilità. Ma sul campo la cosa si è trasformata in una specie di festival con un numero modesto di partecipanti che si sono presentati nel punto d’incontro previsto. Non ci sono stati tentativi di invasione e tutto è finito in una sorta di happening informale.
Interessante in questo caso notare come un evento nato praticamente per scherzo da parte di uno studente sia diventato, grazie alla cassa di risonanza di Facebook, un evento che ha assunto a torto o a ragione una diffusione mondiale, facendo di Matty una sorta di apprendista stregone tecnologico che ha evocato un fenomeno che ha preso vita propria, assumendo proporzioni considerevoli e rischiando di sfuggirgli di mano con conseguenze potenzialmente molto serie.
A metà ottobre è da registrare la firma di un contratto fra la To The Stars Academy di Tom DeLonge e l’esercito americano denominato Cooperative Research and Development Agreement (CRADA) [Accordo Cooperativo di Ricerca e Sviluppo]. Il contratto prevede che la Academy fornisca all’esercito dei non meglio precisati materiali avanzati che verranno sottoposti ad analisi da parte delle strutture militari allo scopo di verificare la possibilità d’impiego per migliorare le prestazioni dei veicoli militari. I centri militari interessati a queste attività sono il Ground Vehicle System Center (GVSC) [Centro per i Sistemi di Veicoli Terrestri] e il Ground Vehicle Survivability and Protection Center (GVSP) [Centro per la Sopravvivenza e Protezione dei Veicoli Terrestri]. Quello che è interessante in questa inedita partnership è da un lato che la Academy fornirà all’esercito statunitense dei materiali esotici di cui è entrata in possesso tramite il suo progetto denominato ADAM, materiali che proverrebbero da imprecisati incidenti coinvolgenti UAP, le cui immagini vennero mostrate in anteprima mondiale dallo stesso Elizondo nel corso del convegno ufologico Città di Roma organizzato nell’ottobre del 2018 dal Centro Ufologico Nazionale.
Dall’altro è rilevante notare come l’esercito degli Stati Uniti sia giunto alla determinazione di porre in atto una collaborazione con un’organizzazione come la Academy, una start-up che viene generalmente definita come un “gruppo di cacciatori di UFO”. Una vicenda questa che fra tutte quelle del 2019 ha goduto di scarsa rilevanza mediatica, ma che tuttavia riveste un carattere di elevata importanza in termini strategici per il settore.
Facciamo allora un bilancio sugli avvenimenti più rilevanti del 2019. È interessante notare come si tratti di questioni di non poco rilievo: abbiamo avuto milioni di persone che hanno seguito una serie documentaristica a carattere ufologico orientata al disclosure [la rivelazione della realtà del fenomeno UFO/UAP, oppure anche del fatto che gli UFO/UAP sono veicoli extraterrestri], mutamenti epocali di attitudine nei confronti del fenomeno UAP da parte di una forza armata degli Stati Uniti oltre alla conferma ufficiale che nei suoi video rilasciati si vedono veri UFO, milioni di persone che hanno espresso la volontà di voler andare a ficcare il naso in una base super segreta in odore di reverse engineering di UFO, l’esercito americano che firma un contratto di collaborazione tecnologica con una start-up innovativa per la ricerca su materiali che si dicono di provenienza esotica.
Cosa fare di tutto questo? Prima di tutto è significativo notare come questi avvenimenti, tutti connotati dalla caratteristica del cambiamento, stanno a testimoniare un singolare e profondo mutamento nella percezione generale della fenomenologia UAP nel suo insieme. Come abbiamo anticipato, questo del mutamento nella percezione generale del fenomeno è il fattore più importante da segnalare per il 2019, pur in questo difficile 2020 che verrà ricordato soprattutto per l’emergenza provocata dal Coronavirus in tutto il mondo.
Dicevamo che si tratta di un fattore di grande importanza perché il mutamento della percezione del fenomeno UAP nel suo insieme sta avendo l’effetto di rimorchiare l’intera questione dall’alto e tempestoso mare in cui è rimasta alla deriva, sballottata per molti decenni, decisamente verso il porto sicuro dell’accettazione generalizzata. Un porto sicuro in cui potrà tranquillamente avvenire un vero e proprio sdoganamento a livello ufficiale di argomenti la cui realtà viene ormai data per scontata a livello della vita di tutti i giorni.
In questo contesto è molto importante anche notare l’evoluzione dell’attitudine dei media nei confronti della fenomenologia UAP, essendo oggi i media nel loro insieme il principale fattore che “crea la realtà” per i cittadini del mondo.
Non è fuori luogo affermare che anche in questo ambito il 2019 si pone come un vero e proprio spartiacque. Questo è sicuramente dovuto in parte all’effetto di mutamento nella percezione generale del fenomeno di cui si diceva sopra, ma anche all’effetto combinato prodotto dalla comparsa sulla scena di diversi attori e fattori le cui azioni ed effetti, pur non correlati fra loro, si rinforzano a vicenda andando a creare una narrativa dinamica e coerente.
Abbiamo così l’intrepido crociato ufologico che si batte per la verità sugli UFO contro oscuri burocrati, video segreti che vengono rivelati, mostrando a tutti “che gli UFO esistono”, un eccentrico imprenditore che si mette a studiare gli UFO e il paranormale, un moderno apprendista stregone tecnologico che evoca una marea di improvvisati avventurieri che si dicono pronti a ficcare il naso nella base supersegreta, una start-up che comincia a collaborare in prima persona con l’esercito americano. Il tutto va a comporre una narrativa coerente e dotata di un suo sviluppo; per il mondo dei media tutto questo risulta senza dubbio decisamente più attraente e conveniente che non l’occuparsi di singoli casi, più o meno dubbi, controversi e che hanno comunque un breve ciclo di vita.
Certo, come abbiamo visto l’attrazione dei media è stata facilitata dal verificarsi di diversi avvenimenti che, per quanto non fossero fra loro necessariamente correlati, andavano a comporre un quadro accattivante, coerente e idoneo a tenere desto l’interesse generale; ma è pur vero che questi avvenimenti non ci sarebbero stati senza il progressivo mutamento nella percezione generale di cui dicevano all’inizio.
Si tratta insomma di una spirale evolutiva che si è innescata sul fenomeno degli oggetti volanti (o fenomeni aerospaziali) non identificati, che crea le condizioni per la conferma della sua concretezza e un processo di auto mantenimento del relativo interesse. Una situazione resa possibile dal raggiungimento e superamento avvenuti nel 2019 di quella che si può definire una ideale massa critica cognitiva, che consente ormai ai media di fruire di specifici e stabili filoni narrativi su un fenomeno che, a dispetto del perdurante mistero sulle sue origini, continua ad attrarre sempre di più l’opinione pubblica che prende così progressivamente coscienza della sua concreta realtà.
Il merito del raggiungimento di questa massa critica, che ha consentito l’innesco della spirale evolutiva di cui sopra, è sempre bene ricordarlo, va alla To The Stars Academy of Arts and Sciences che nei poco più di due anni della sua esistenza è riuscita con una serie di azioni clamorose a smuovere un ambiente rimasto immobile per oltre mezzo secolo.
Cosa dire di più a questo punto? Considerata la dinamica evolutiva che si è innescata, viene spontaneo chiedersi dove tale evoluzione potrà portare. La previsione che sembrerebbe più logica è quella che vede, una volta propriamente “sdoganata” a livello ufficiale la questione dei fenomeni aerospaziali non identificati, aprirsi una fase di studio approfondito, e soprattutto aperto, del fenomeno. Studi che potrebbero portare molto verosimilmente all’acquisizione di importanti conoscenze in campo scientifico, e che potrebbero forse anche condurre l’umanità terrestre verso quella che ci sentiamo di definire una “singolarità” evolutiva, anzi per meglio dire una “non-singolarità”, ovvero potrebbero fornirci la prova certa che questa umanità che abita il pianeta Terra non è l’unica nell’universo.
Certo, al momento un esito del genere non è affatto scontato, ma non lo è nemmeno il suo contrario; per adesso manteniamo quindi l’attenzione sull’evoluzione della situazione attuale perché, anche se la fenomenologia UAP è ancora in gran parte un mistero, gli sviluppi in atto appaiono forieri di grandi promesse.
In collaborazione con Paolo Guizzardi, responsabile per le relazioni internazionali del Centro Ufologico Nazionale.