Mariella Bettineschi, artista femminista, si contraddistingue, nel panorama internazionale, per la continua ricerca di linguaggi femminili.

Per iniziare potrebbe tracciarci una breve panoramica del suo percorso di artista?

Sono nata a Brescia nel 1948. Dopo il Liceo Artistico, nel 1970, mi diplomo presso l’Accademia di Belle Arti Giacomo Carrara di Bergamo. Comincia un lungo percorso che mi porta alla ricerca di linguaggi femminili capaci di raccontare, attraverso pittura, scultura, disegno, collage, fotografia, digital painting, la centralità della donna, le sue infinite capacità di mettere al mondo il mondo.

C'è un ricordo, un evento, un'immagine, un pensiero a cui è particolarmente affezionata perché condensa, sublima, illumina la sua vita interiore e la sua poetica?

Mi piace risponderle con una frase di Plinio il Vecchio: Non meno che le statue divine dove splendono oro e avorio, adoro i boschi sacri e, in quei boschi, il silenzio.

Cosa ne pensa di quello che sta succedendo nel mondo a causa del COVID-19. Come ne uscirà l'arte e come gli artisti? Se la salute e il lavoro sono la vita, cosa è l'arte? Quale ruolo le è assegnato nella società?

Le artiste e gli artisti sono donne e uomini. L’arte non è separata dalla loro vita. L’arte è la vita, materiale, spirituale, il senso dell’essere al mondo. Apparentemente l’arte non ha nessun ruolo, è marginale, sconosciuta, ma noi conosciamo gli umani, nel tempo e nello spazio, per le opere che hanno lasciato e che continuano a raccontare della loro avventura sulla Terra.

Questo è un momento molto difficile, ancora una volta l’arte, la cultura, la scuola, sono fuori dal dibattito politico. In Italia in particolare (che si vanta di avere il più grande patrimonio culturale del mondo) dell’arte e degli artisti non interessa a nessuno, se non a una piccola nicchia di persone.

Lei ha iniziato a riflettere su uno stato di crisi già dal 2008, avviando la serie dal titolo L‘era successiva. Mi sembra di capire che l'orizzonte temporale de L’era successiva sia appunto legato al contesto storico, alla storia dell'umanità, e delle donne in particolare. In quale misura l'arte può parlarci del futuro? Quali “verità successive” (Giacinto Di Pietrantonio) riesce a intravedere? E come un'immagine può veicolarle?

Il ciclo L’era successiva nasce nel 2008, all’inizio della crisi mondiale che coinvolge le economie di molti Paesi. L’ambiente, la cultura, sono ancora una volta a rischio di sparizione. Io segnalo questo pericolo mettendo in primo piano Nature, Biblioteche (i luoghi stessi del vivere e del sapere), invase da presenze misteriose, vapori, gas, che cancellano il centro dell’immagine, lasciandone solo slabbrati contorni. Affido alle donne, capaci, oltre che a mettere al mondo il modo, di salvarlo. Raddoppio i loro occhi per segnalarne la capacità visionaria: vedere che ambiente, animali, umani, sono tutti collegati in un equilibrio molto fragile. Comprendere e rispettare questo equilibrio è entrare nell’era successiva.

Nel concetto di era successiva c'è forse anche un riferimento al tempo successivo a ogni nuova opera (che ne misura il valore predittivo) e quindi al tempo più intimo della creazione, a “quello che verrà dopo” in lei?

Sì, forse, ma questo si svolge naturalmente, una cosa porta a un’altra e a un’altra ancora, perché l’arte non è ferma, racconta dei continui cambiamenti interni ed esterni all’artista.

E il passato e il presente?

Il passato e il presente si mescolano, si sovrappongono, si stratificano, creando così il futuro.

L’era successiva accoglie Nature, Biblioteche e Ritratti femminili: può parlarci di ognuna di questa serie di opere? Le Biblioteche sono i luoghi dove i saperi si sono depositati nel tempo, raccolgono l’avventura umana alla ricerca del senso dell’essere qui, sulla Terra. Le Nature sono la Terra dove viviamo, la Terra che poco rispettiamo, la Terra che non è solo nostra ma di tutti gli esseri viventi e non viventi che la abitano. I Ritratti femminili sono le donne che hanno vissuto su questa Terra, dipinte da grandi artisti, guardate solo come oggetti della loro pittura. Sono famosissime anonime. Io le scelgo, le tolgo dal loro tempo, le porto in primo piano, le innalzo su un piedestallo bianco e alla fine, con gesto femminista, taglio e raddoppio i loro occhi. Esse ci guardano: da oggetti sono diventate soggetti!

I Ritratti femminili sono forse le sue immagini più iconiche: ci può spiegare come sono realizzate tecnicamente? Che tipo di rapporto si instaura tra il bianco e il nero della fotografia? Hanno delle valenze simboliche?

Prima di tutto non sono fotografie. Sono digital painting. I Ritratti femminili sono scelti accuratamente per la potenza del loro sguardo. Loro mi chiamano. Io le accolgo e comincio il lavoro. Le ridipingo tutte, lavoro sul loro corpo, sui loro vestiti. Ne seleziono un dettaglio, lo porto in bianco e nero, cancello ogni sfondo. In questo modo le tolgo dal loro tempo storico e le porto nella contemporaneità. Inserisco nelle pupille una luce bianca, abbagliante, capace di attirarci ipnoticamente. A questo punto raddoppio il loro sguardo.

Si parla spesso, anche per la sua opera, di un “linguaggio femminile” dell'arte: quali sono i caratteri peculiari di un linguaggio femminile rispetto a un linguaggio maschile? Non attingono forse entrambi da un bacino - quello della storia dell'arte - fatto – ahimé - essenzialmente di conquiste maschili? Come si trasforma un passato maschile in un presente e un futuro femminile? È una questione di differenti “narrazioni”? Una narrazione dell'arte maschile e una femminile?

C’è un principio del Bene che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo; e un principio del Male che ha creato il caos, le tenebre e la donna.

(Pitagora)

Ho trovato più amara della morte la donna; il suo cuore è una trappola e una rete, le sue mani sono catene…ho trovato un uomo tra mille ma non ho trovato una donna tra tutte.

(Ecclesiaste)

La donna è donna in virtù di un difetto, di una mancanza. Per questo deve vivere subordinata all’uomo.

(Aristotele)

Queste sono solo tre citazioni che può trovare a decine ne Il secondo sesso di Simone de Beauvoir. È abbastanza evidente che nessuna donna era legittimata ad avere un linguaggio, questo per millenni. Dalla fine del 1800 (a parte pochissimi casi sparsi nei secoli precedenti) alcune donne cominciarono ad apprendere gli strumenti dell’arte: filosofia, arte, letteratura… Ma i fondamentali stessi della nostra civiltà venivano dal pensiero maschile, ostile nei confronti delle donne, fortemente misogino. Come costruire un’identità, un linguaggio da zero, anzi da sotto zero, considerato il disprezzo con cui la donna veniva considerata? Molte artiste, in Europa e negli Stati Uniti, negli anni ‘60-‘70 del ‘900, partirono dal loro corpo. Io scelsi un percorso più solitario, in realtà volevo di più: volevo raccontare di immaginazioni, pensieri, paure. Furono anni difficilissimi, di alienazione da sé, da un corpo staccato dalla testa. Ci vollero 10 anni di continuo lavoro per dimenticare tutto l’apprendimento precedente, trovare un piccolo sentiero e seguirlo con caparbia fiducia, in assoluta solitudine. È stato necessario ripercorrere tutta la storia dell’arte per abbandonarla e costruire alfabeti nuovi, mettere in fila nuovi approcci, modalità, accettare una visione circolare capace di inglobare in una sola immaginazione molte cose, anche contraddittorie, ma per questo vicine alla mia vita.

Quali ritiene che siano le potenzialità ancora inespresse della sua opera e come intende svilupparle? E, più in generale, quali sono le potenzialità inespresse dell'arte al femminile?

Io continuo con la concentrazione, la determinazione che mi ha sostenuto negli ultimi 50 anni. Non ho mai posto un confine al mio lavoro. La novità è che il mercato si sta accorgendo di noi, sta scoprendo quanto siamo brave e numerose, sparpagliate in tutto il mondo, con culture, storie diverse, ma piene di energia e capacità di esserci con linguaggi nuovi, nostri. E questa è la grande novità. L’arte delle donne riempirà la terra!