L’opera lirica nel Settecento subì molti cambiamenti che produssero in Italia due forme molto diverse: una era quella seria, tragica, conosciuta come opera seria, mentre l'altra, più leggera, era l’opera comica. Queste due forme nacquero da antenati comuni, ma ognuna di esse fu esposta a diverse influenze che la plasmarono nelle forme che conosciamo oggi.
Nel 1637, era stato aperto a Venezia il primo teatro dell'opera pubblico, il Teatro di San Cassiano. Ciò segnò una svolta nel ruolo dell'opera aveva nella società: non era più destinata alla corte agli aristocratici, ma era offerta anche al pubblico.
Sempre a Venezia, nel ‘700 furono aperti nove teatri commerciali: con più opere prodotte, e con una diversa composizione sociale dei fruitori, la concorrenza aumentò e il contenuto delle opere cominciò a cambiare.
Dopo Venezia, in diverse altre città italiane si svilupparono stili operistici riconoscibili. A Napoli, il primo teatro d’opera permanente della città, il Teatro San Bartolomeo, fu istituito a metà del XVII secolo. All’inizio del ‘700 Napoli rivaleggiava con Venezia come maggiore centro operistico italiano.
L’opera seria
L'opera seria italiana, che era imbevuta delle idee dell’Illuminismo, puntò ad essere chiara, semplice, razionale, di richiamo universale, e capace di dare piacere al suo pubblico senza provocare un eccessivo sforzo mentale.
Come struttura, l'opera seria si era standardizzata verso il 1720, soprattutto dopo che i compositori avevano iniziato a mettere in musica i libretti metastasiani, che presentavano personaggi storici, togati nell’abbigliamento ma più ancora nei pensieri. L'azione avveniva di solito in tre atti, composti da arie e recitativi. Questi ultimi erano previsti per far procedere l'azione drammatica e i rari cori.
Il dramma girava sempre intorno a concetti alati, valori forti enfaticamente declamati. Le arie erano le vere sovrane nell'opera seria ed erano il mezzo con cui i personaggi esprimevano le emozioni, i sentimenti suscitati in loro da una data situazione o da un evento. L'enfasi musicale dell'opera seria era posta soprattutto sul virtuosistico bel canto dei solisti, per cui erano preferite voci del registro alto, ovvero donne e castrati.
L’opera comica
L'altra forma di rilievo dell'opera in Italia nel XVIII secolo era l'opera comica. Poiché era libera dalle tradizioni che pesavano tanto sull'opera seria, divenne terreno fertile per l'innovazione musicale e drammatica. Rinunciò alla grandiosità delle messinscene dell'opera seria e si concentrò invece sulle situazioni più realistiche che rappresentavano gente comune.
L’opera comica (detta anche intermezzo, opera buffa, dramma giocoso, commedia per musica, farsa) sviluppò le sue potenzialità a Napoli all'inizio del Settecento, per poi diffondersi, dal 1730 in poi, in Italia e in Europa.
All’inizio del secolo, il genere comico, in una Napoli all’apice della sua prosperità intellettuale e civile, ebbe un tale successo da rendere necessaria la costruzione di teatri ad esso dedicati; nel 1724 furono inaugurati il Teatro Nuovo e il Teatro della Pace.
L'immediato precursore dell'opera comica fu l’intermezzo, un pezzo breve, di solito un atto unico, che veniva eseguito tra gli atti di un'opera seria.
Più tardi, verso la fine del secolo, questi interludi divennero più grandi e più importanti, e alla fine furono eseguiti come opera a sé stante. Uno degli intermezzi più famosi, che servì da accelerante per i successivi sviluppi, fu La serva padrona di Pergolesi, del 1733, che sarebbe diventato il modello di riferimento per l'opera buffa nell'arco di soli dieci anni.
Le opere comiche cominciarono a non essere più semplici parodie farsesche; erano spesso commedie sentimentali, semi-serie, che ora presentavano, oltre ai ruoli comici, altre due figure come parti serie.
Nuovi protagonisti sociali
Questa forma più matura di opera buffa diventerà molto importante per l’influenza che ebbe sull'opera seria, che nel tardo Settecento e dell'inizio dell'Ottocento subì molte modifiche: l'aria da capo perse la sua preminenza, mentre alla partitura si aggiunsero più effetti corali e orchestrali, e il confine tra aria e recitativo divenne molto meno netto.
Ma l'influenza dell'opera buffa fu ancora più profonda in ragione della sua vivacità, espressività e naturalezza, e perché si occupava di personaggi realistici ed emozioni umane vere in contrapposizione alle declamazioni artificiose dell'opera seria.
Mentre, in pratica, quest’ultima continuava a rifarsi alle convenzioni formali dell'opera barocca, l'opera buffa creò uno stile nuovo che incoraggiava la sperimentazione proprio perché doveva rispondere al nuovo gusto e ai valori in ascesa di un ceto borghese che stava emergendo come nuovo protagonista della Storia, ed era sempre più apertamente critico verso l’Ancien régime.
Ecco dunque che Da Ponte e Mozart, ne Le nozze di Figaro, possono tranquillamente far mettere alla berlina un Conte da un semplice barbiere. Era lo spirito dei tempi; nessuna meraviglia quindi che tre anni dopo la prima rappresentazione delle Nozze, scoppierà la Rivoluzione francese.