Gab Ryal – al secolo Gabriele Carannante – è un giovane musicista napoletano, che debutta nel gennaio del 2020 con Lightness.
Chitarrista autodidatta, cresciuto in una band alternative metal come chitarrista ritmico e seconda voce, si è formato sul palco tra concerti e contest, maturando in seguito una nuova visione del fare musica. Nel 2015 Gabriele diventa Gab Ryal: sciolta la band prosegue da solo con voce, chitarra acustica e qualcosa di nuovo da comunicare al pubblico.
Rimessosi nuovamente a studiare, Gabriele lavora a un primo blocco di brani a partire dalla primavera del 2019: sono i pezzi che compongono Lightness, figlio di nuove amicizie come quella con Angelo Bibita, che ha prodotto questo EP d’esordio, disponibile su Spotify, iTunes etc.
Lightness è il tuo disco d’esordio, ma non è il primo passo nella musica visto che hai una storia da chitarrista in una band. Che differenze ci sono tra il passato nel gruppo e questo presente in solitaria?
La differenza è come prima cosa il genere musicale, prima facevo alternative metal, mentre ora faccio canzoni che girano tra il folk/hip hop/soul/indie, ma tutto in chiave pop.
Canti in inglese ma sei di Napoli, una città con una cultura e una lingua molto forti, soprattutto in musica: come mai la scelta di un idioma straniero?
La scelta può essere strana, ma sapete, mi ritrovo a scrivere più nelle melodie in inglese che in italiano. Sarà che ho sempre ascoltato musica inglese o quanto meno internazionale. Poi ovviamente guardiamo in faccia la realtà, se vuoi riempire gli stadi e i grandi palchi del mondo (e non solo in Italia) c’è una sola lingua che riesce a farlo ed è l’inglese.
Un titolo come Lightness evoca la leggerezza dell’area indie-folk, alla quale in buona sostanza sei vicino: quali sono i tuoi punti di riferimento musicali, i nomi senza i quali non avresti mai fatto musica?
Mi sono affacciato alla musica pop ascoltando da piccolo i Backstreet Boys, Britney Spears, con il nuovo decennio è arrivato Ed Sheeran, poi ho allargato diciamo l’area incontrando il suono di Shawn Mendes, Tom Walker, Damien Rice, James Arthur e chi più ne ha più ne metta. Ma non mi fermo su questo, ho ascoltato da piccolo anche rap ed hip hop come, ad esempio, 2pac, Eminem, 50 Cent e tanti altri. Poi vario sull’elettronica anche, come Billie Eilish, Anne Marie. Insomma, non c’è un genere specifico, ascolto di tutto.
Questi cinque brani sono il frutto di un lungo percorso o sono nati in modo rapido, istantaneo?
Io scrivo la mia vita, in ogni parola ed in ogni rima c’è un pezzo di me. Ed ho ancora tanto da scrivere.
Sei un chitarrista autodidatta, poi lasciata la band prima di intraprendere un percorso solista ti sei rimesso a studiare? Come mai questa esigenza?
Mi son fermato per 2 anni, ho ricominciato nel 2015. Non lo so, un giorno mi svegliai e decisi di volere una chitarra acustica. Sentivo che avevo lasciato in sospeso qualcosa.
I tuoi brani parlano di tematiche varie o c’è un filo conduttore?
Racconto la mia vita di 25 anni (tra un mese 26). Voglio far capire alle persone che niente è impossibile. C’è una frase di un tizio che mi è rimasta impressa e grazie a lei mi sono risvegliato: “Nessuno al di fuori di te, può crederci più di te”.
Lightness è un primo passo: a chi ti rivolgi e cosa speri che accadrà?
Lightness è un nuovo capitolo della mia vita, io mi rivolgo sempre per consigli alle persone più strette a me. Ovviamente spero di continuare a fare Cd e magari un giorno di riempire stadi suonando insieme ai più grandi.