Se le chiedete che cosa è l'arte mette una mano sul petto e risponde: “Quella che fa battere il cuore”. Per questo alcuni dipinti proprio non riusciva a venderli e 'scomparivano' dalla galleria nel centro di Lucerna per riapparire sulle pareti della sua abitazione. È difficile fare il mercante quando non sono gli affari ma la passione a dettare legge, perché un'opera venduta non lascia vuoto soltanto un muro. Così Angela Rosengart la sua collezione privata se l'è costruita giorno dopo giorno, anno dopo anno, mettendo insieme pezzi d'arte e ricordi. E poi l'ha regalata a tutti noi, trasferendo l'intera raccolta dalla sua casa al grande edificio neoclassico al numero 10 di Pilatustrasse, un tempo sede della Banca Nazionale Svizzera, e dal 2002 Museo Rosengart.
Tutto cominciò con la piccola e curiosa Little X, dagli occhi rotondi e fiocco sulla testa. Il disegno di Paul Klee arrivò a Lucerna insieme ad altre opere dell'artista per una mostra in preparazione dedicata a lui. Frau Angela aveva 16 anni e da poco lavorava come apprendista nella galleria di suo padre Sigmund guadagnando 50 franchi al mese. La sua attrazione verso Little X che camminava spavalda guardandola dritta negli occhi fu immediata. Ma come fare ad averla visto che costava 230 franchi? Per fortuna il manager della fondazione Klee le andò in aiuto: “Pensi di poter rinunciare a un mese di stipendio?” Le chiese. La risposta era scontata e Little X fu l'inizio della sua grande collezione.
Il secondo pezzo sarebbe arrivato l'anno dopo, proprio il giorno del suo compleanno. Senza troppi complimenti Angela chiese infatti ai suoi genitori di scambiare il suo primo splendido abito da sera in taffetà rosa e celeste che le avevano donato con un altro disegno di Klee appeso in galleria. Richiesta accordata e abito riportato al negozio. Così un altro piccolo tesoro fu suo.
Ma fu l'incontro con Picasso, pochi mesi dopo, che la consacrò definitivamente all'arte. Successe a Parigi, nel 1949, durante una visita con suo padre nell'atelier di Rue des Grands Augustins. “Ero così emozionata”, ricorda, “Picasso era piccolo di statura, ma in realtà era un gigante. Io invece ero così giovane e mi sentivo piccola piccola davanti a lui”. Chissà, forse fu proprio per la sua aria timida e i suoi occhi celesti come il cielo che il ruvido genio del Novecento, all'epoca quasi settantenne, le dimostrò subito simpatia e volle dedicarle un ritratto. “Ero emozionata! Sentivo i suoi occhi che andavano e venivano su tutto il corpo. Non era facile sopportare il suo sguardo: era come essere sotto i raggi X. La prima volta la seduta di posa durò una ventina di minuti: non avrei potuto resistere di più. Quando finì ero esausta!”.
Altre volte Picasso la ritrasse negli anni successivi: gli occhi grandi, i capelli raccolti, il lungo collo, lo sguardo timido e fiero a sottolineare fragilità e forza insieme. Mai che ne abbia rotto l'armonia frammentandola in una composizione cubista. Oggi quei ritratti sono in mostra nel museo, insieme a 32 oli del maestro catalano e ad altre decine di disegni che ci accolgono al piano terra dell'edificio, mentre il piano interrato è interamente dedicato a Paul Klee e quello superiore agli impressionisti e post impressionisti, da Cezanne a Monet, da Mirò a Matisse, Braque e Chagall. Visitare il museo con Angela Rosengart è come aprire uno scrigno di gioielli e insieme un album di fotografie. Perché ognuno di quei quadri è un ricordo e ha una storia da raccontare. Come quando a New York, insieme al padre, videro Danseuse II, una grande pittura di Mirò che conquistò a prima vista il loro cuore, ma che non era menzionata da nessuna parte, né mai era apparsa in alcuna mostra. Che fare? Come ogni innamorato, accettarono il rischio e acquistarono il quadro 'al buio'. Una lettera di Mirò li confortò dopo qualche mese: quel dipinto era originale ispirato ad una serata da lui trascorsa all'Eden Concert bar di Barcellona nel 1924, durante le vacanze natalizie. Naturalmente quel quadro non andò mai in galleria.
Un giorno in Costa Azzurra successe invece di trovare Chagall afflitto e travagliato davanti ad una tela sulla quale non riusciva a mettere la parola fine. Il padre di Angela lo convinse a fermarsi immediatamente per non rovinare la bellezza del dipinto. E Chagall in segno di gratitudine gli regalò la tavolozza dei colori usata fino a pochi minuti prima. Tavolozza che è esposta al Museo Rosengart insieme a numerose opere di Chagall. “È vero che Picasso era egocentrico”, racconta Angela, “ma quando amava una persona sapeva anche essere molto carino. Matisse invece non sembrava nemmeno un artista. Quando lo vedevi pensavi fosse un illustre docente universitario. E Chagall si era messo in testa di trovarmi un marito. Voleva diventare il mio 'procuratore' ufficiale secondo gli usi ebraici”.
Anche Nina, moglie dell'artista Vassily Kandinsky, voleva trovare un principe per Angela Rosengart. Ma il principe non è mai arrivato, o forse lei non lo ha visto. “Non sposarmi non è stata una scelta, è solo successo così. D'altra parte avevo una splendida galleria e un'ottima intesa artistica con mio padre. Il resto non mi interessava...”.
Un rimpianto però c' è nella sua vita: quello di non aver permesso a suo padre di acquistare un Picasso del periodo rosa: Nudo con le mani intrecciate. “Costava troppo, mi sembrava che fosse al di sopra delle nostre possibilità. Ma il rimorso mi tormenta ancora oggi. L'unica consolazione è che l'opera non è finita in una collezione privata e almeno posso vederla nel museo di Ontario”.
Quanto alla sua collezione, Frau Rosengart ha voluto che fosse messa a disposizione del pubblico. “Vede quel dipinto di Picasso: Nudo in piedi e uomo con la pipa seduto? Prima era appeso nella mia sala da pranzo”.
E cosa ha lasciato nella sua abitazione? “Niente”, risponde, “solo riproduzioni. Questo museo è quello che volevo fare: tutto è organizzato perché la collezione resti qui, nella sua integrità”. Non a caso l'edificio di Pilatustrasse è diventata anche la sua casa. Ogni mattina Angela è qui, in mezzo ai suoi quadri, con lo stesso ovale perfetto del volto che aveva incantato Picasso, pronta ad aprire il libro dei ricordi ai molti visitatori che glielo chiedono.
E se poi volete sapere cosa pensa dell'arte contemporanea vi risponderà sorridendo, ma con fermezza: “Raramente mi fa battere il cuore”.