Un mio amico, sulla cui conoscenza di tali faccende ho fede assoluta, mi assicura che non è l'insieme dei fantasmi delle signore e dei cavalieri di tanto tempo fa che invadono il giardino; non il fantasma della loro quotidiana, monotona rassomiglianza con noi stessi, ma lo soffio vitale di certi momenti della loro esistenza, certi fruscii, e luccichii, della loro personalità, la loro ostinazione, momentanea, le loro grazie trascendenti e indulgenza, inesplicabile bramosia e pena, certi aspetti del viso e certi toni della voce (forse non delle più ferme), cose che sembrano svanire nel niente sulla terra, ma che hanno permeato i loro antichi covi, si sono aggrappati alle statue con l'edera, sono saliti e caduti con lo sciacquio delle fontane, e che ora esalano nel soffio del caprifoglio e mormorano nella voce degli uccelli, nello stormire delle foglie e delle alte erbe invadenti.
Questo è il saliente passaggio vergato dall’abile penna di Vernon Lee, geniale studiosa dell’arte del paesaggio che visse in Italia tra Ottocento e Novecento, quasi tutta la sua esistenza sulle colline di Firenze. Antichi Giardini Italiani, edito per la prima volta nel 1897, tradotto in italiano da Tabula Fati nel 2013 a cura di M. Tornar, con una mia introduzione, riferimento prezioso per coloro che vogliano scoprire il prodigio di una prosa in cui saggistica e narrazione si fondono, ci svela come il giardino non rappresenti uno spazio meramente fisico, apprezzabile per le bellezze vegetali e animali ma costituisca un luogo fatto di magia, di genius loci, il pensiero e l’azione che nel tempo ne ha costruito la storia.
Quando mi sono trovata nella condizione privilegiata di essere in quel giardino, noto come Orto Botanico di Padova insignito della primogenitura a livello mondiale, proprio perché a partire dal 1545 anno della sua nascita si trova a oggi nello stesso luogo, ho sperimentato la sensazione di non essere completamente sola. Esattamente come Vernon Lee ci schiude visioni di quelle elette alleanze tra la natura e l'umano che sono certi spazi floreali di un tempo, brulicanti delle presenze che vi aleggiavano, e che oggi... possiamo avere l’opportunità di raccontare.
Quando accompagno l’attento visitatore, l’amica curiosa, un gruppo di avventori che per la prima volta hanno sentito notizia di uno scrigno vegetale posto proprio nel cuore della città, sento spesso rivolgermi una domanda: … Qual è secondo te la stagione migliore per conoscere tale luogo ricco di meraviglie vegetali racchiuse in una “dignissima architettura”?
Trovandomi spesso a studiare, scoprire, fotografare un sito così unico e denso di contenuti simbolici, storico-architettonici e botanici, insieme alla consueta compagna di ricerche e avventure botaniche, Beatrice Testini, ho elaborato con lei la più consona risposta a questo ricorrente quesito. Questo giardino è generoso di bellezza in tutte le stagioni!
Così qualche anno fa è nata un’idea, un proposito, che non sapevamo bene dove ci avrebbe portato, poiché sentivamo la necessità di tornare indietro nella storia, di riappropriarci con modesta ma costante fiducia di uno studio antico, complesso, forse ardito per quell’epoca in cui l’Hortus cinctus è stato concepito.
Quali piante sono state coltivate durante quasi cinque secoli di storia? Ebbene non è cosa semplice ricostruire l’accaduto di un giardino, gli studiosi di questa arte, soprattutto i botanici, gli architetti conservatori e i paesaggisti lo sanno bene. Siamo di fronte alla materia vivente! Solo pochi gli esemplari monumentali, centenari, solo poche le tracce che possono dimostrare con certezza la collocazione delle piante del primo nucleo cinquecentesco di questo Orto Botanico.
Siamo partite allora da un volume in 8° pubblicato a Venezia nel 1591 dal celebre disegnatore, incisore e editore Girolamo Porro, dal titolo L'Horto de i Semplici di Padova, ove si vede primieramente la forma di tutta la pianta del giardino con le sue misure: & indi i suoi partimenti distinti per numeri in ciascuna arella, intagliato in rame. Opera che serve mirabilmente alla memoria de gli studiosi. L’Orto Botanico di Padova era già noto a tutti gli studiosi europei che si interessavano alla botanica e alla materia medica, ovvero alla somministrazione di medicamenti tratti dalle piante officinali. Ben 1170 le piante indicate dall’autore da ‘Abete’ a ‘Zucca salvatica’.
Ancora oggi questo unico e prodigioso “laboratorio scientifico d’avanguardia”, collocato in una “bella fabbrica”, è un giardino circolare di 84 metri di diametro inscritto un quadrato suddiviso in quattro grandi spaldi, o quadrati, da due assi ortogonali orientate verso le quattro direzioni cosmiche. La funzione primigenia dell’Hortus sfericus era proprio quella della didattica quindi per far sì che gli studiosi della materia medica potessero imparare de visu le singole specie (i semplici), riconoscerle non più solo attraverso i testi illustrati, per poi farne gli innumerevoli medicamenti, unici rimedi esistenti a quel tempo.
Quindi siamo partite per studiare e verificare la nomenclatura botanica delle entità botaniche contenute nelle oltre mille areole o piccole aiuole contornate da elementi di pietra locale, la trachite. È nato così per mano di chi scrive e Beatrice Testini, dopo quattro secoli dalla pubblicazione di quel volume, un Atlante dell’Orto Botanico di Padova con l’Editrice Nicla (Gennaio 2020), di Nicoletta Campanella. Il visitatore, o l’appassionato lettore, tra innumerevoli aiuole in un incantevole labirinto di verzura, troverà qui la flora di tutti i continenti, indicata in una planimetria generale con aggiornata nomenclatura, per oltre mille entità botaniche, che oggi vengono coltivate nel nucleo antico del “Giardino dei Semplici”.
Questo percorso di studio e approfondimento sull’Orto patavino si completa con la prossima pubblicazione di quattro volumi, uno per ogni stagione, Primavera, Estate, Autunno e Inverno, dove ci siamo cimentate in un viaggio per piante, personaggi della botanica, dati scientifici e racconti aneddotici fra realtà e leggenda, dai primordi della storia ai giorni nostri, soprattutto per godere della bellezza della natura tutto l’anno.
In questo appassionante viaggio siamo state incentivate a perseverare grazie all’aiuto prezioso di persone di grande riferimento, per la nomenclatura botanica e la revisione scientifica, Patrizio Giulini, già membro del comitato tecnico-scientifico dell’Orto Botanico di Padova, Federico Maniero, cultore e studioso della materia botanica e dell’arte del giardino; Francesco Maria Fonte Basso esperto in stampe libri antichi e Simone Romaro per la ricostruzione grafica delle planimetrie.
Aspettando tra le mura di questo mirabile Orto Botanico di Padova di vedere voi ora, “benigni lettori” di questa rubrica … l’augurio è quello di una buona lettura!