Si dice che nessuna regione come la Toscana abbia regalato alla Cultura tanti scienzati, letterati e artisti; la provincia di Arezzo, la Valtiberina e la città di Sansepolcro in particolare hanno offerto tante eccellenze da far pensare all'influenza di un particolare genius loci, un fantasioso “spirito del luogo”. Esso vive negli abitanti, esprimendo il carattere peculiare del territorio, intriso delle atmosfere di quell'ambiente.
La presenza del genius loci è stata qui alimentata dall'emozione culturale maturata con secoli di fermento artistico, cullata dallo sviluppo economico di questo splendido borgo medioevale, nutrita dall’apporto vitale di quattro territori, tanto vicini quanto diversi: la Toscana con il suo senso della misura e la garbata arroganza, l’Umbria austera e discreta, la Romagna realista e cordiale, le Marche concrete e coscienziose nella loro solitudine etica. Queste caratteristiche hanno sostenuto una città che da sempre cresce e freme per restare libera e indipendente da potentati esterni. Con le merci, le spezie, le gioie, il guado e i tessuti, i canti, le lettere e le arti, al Borgo giungono stimoli nuovi che alimentano il genio e conservano quella sensazione impalpabile di sacralità. Lo scambio fra i diversi ambiti culturali interni è frequente, come costante è il travaso d’arti e di scienze con le grandi città, Roma e Firenze in particolare.
Plinio chiamava il territorio della Valtiberina “un immenso anfiteatro quale solo la natura può crearlo”. Ed ancora scrive Michelangelo a Giorgio Vasari: “Giorgio, se io nulla ho di buono dal mio ingegno, egli è venuto dal nascere dalla sottile aria del vostro paese d'Arezzo". Quella sottile aria è proprio l’atmosfera della Valtiberina, che pervade la sua natia Caprese. La Valtiberina è come un fiore: i suoi petali sono le Alpi di Catenaia e della Luna, la Massa Trabaria e i declivi dell’Umbria e dell’Aretino. Nel lungo “baccello” della valle il seme di Sansepolcro si distingue per un’origine mitica: due Santi pellegrini, Arcano ed Egidio, di ritorno dalla Terra Santa, proprio mille anni fa, si fermano in questa valle dove, per un segno divino, decidono di restare e costruire una piccola cappella per custodire le Sacre Reliquie, portate da Gerusalemme. Intorno a quel primo luogo sacro si sviluppa il Borgo, chiamato, proprio per questa ragione, del Santo Sepolcro.
Feudo degli Abati camaldolesi nell’Alto Medioevo, Sansepolcro è libero Comune dal 1163. Terra di confine, difende la propria libertà lottando contro Milanesi, Castellani, Perugini e Aretini. Passa dalla Signoria di Uguccione della Faggiola a quella dei Tarlati e a quella dei Malatesta. Per un breve periodo è dominio dei Papi e, dal 1441, della Firenze dei Medici e dei Lorena, fino all’Unità d’Italia. La sua vitalità si dice nutrita anche dall’acqua del Tevere, fiume sacro per i destini di Roma che, nato pochi chilometri a monte, quando passa vicino al Borgo sprigiona già in pieno la sua energia.
Un’antica tradizione, sostiene l’ipotesi che il Borgo non fosse altro che la romana Biturgia e che il centro storico, per la sua configurazione e per i numerosi reperti archeologici, abbia avuto origine da un accampamento romano. Le congregazioni religiose sono la sua linfa vitale: già nel Trecento sono attivi i Frati minori, i Frati Eremiti di Sant’Agostino, i Frati Servi di Santa Maria, e le Congregazioni femminili, come quella benedettina della Beata Santuccia e la Diamanita. La Confraternita della Misericordia è una delle prime del territorio italiano.
Nel Rinascimento la genialità degli abitanti del Borgo si esprime al massimo; la caratteristica di questo multiforme ingegno è l’eccellenza: nella pittura, nella decorazione e nell’incisione, nella matematica e nell’economia, nella diplomazia, nella didattica e nella grammatica, nella filosofia, nelle scienze naturali e mediche. Ecco Ranieri del Borgo, Piero della Francesca, Raffaellino del Colle, Santi di Tito, Niccolò Aggiunti, Luca Pacioli e tanti, tanti altri. Come era successo nell’arte e nelle scienze, anche nell’imprenditoria commerciale, agricola, artigianale e industriale, si mantiene costante nei secoli una volontà caparbia di progredire, promuovendo anche la crescita culturale.
E ancora, nelle strade anguste e antiche del centro storico si percepisce il genius loci della città: libero, nobile, guardingo, ingegnoso e onorevole.