Macchina per aerosol, computer, teiera, tazza e tovagliolo, sacchetto con biscotti senza zucchero. Lampada. Grande cartella in equilibrio instabile, 15 piccoli quaderni, 5 album da disegno, 3 album per acquarelli, latice per mascherare. Due barattoli con dentro matite colorate, pennarelli, penne biro, alcune non utilizzabili, ma non si sa mai, forse, in futuro, riprenderanno a scrivere. Scatola con acquarelli, chine. Un calendario fermo a gennaio, agende d'altri tempi mai usate, buste contenenti carta da lettere, tre bottigliette di smalto, acetone e due lime - sorde. Tre cartelle 50x70 vuote, ma appoggiati sopra fogli sparsi con disegni. Alcuni realizzati da me e altri dai miei nipoti. Li guardo. Nei miei, lo stesso albero - il mio albero - quello che vedo anche ora - dipinto in inverno e in primavera.
Sono gli ultimi lavori.
Sono stanca.
In studio non vado quasi più e quando riesco a risalire la corrente, faccio barchette bizantine.
I disegni di Natalia, Federico e Allegra invece raccontano quello che c'era prima: il luogo, il tempo di quando siamo stati nostri antenati e nostri precursori. Sono proprio loro che sto vedendo ora. Cuori antropomorfi, buoni, cattivi, sdentati, spezzati, arcobaleni, interni ed esterni di case che vivono da sole con le pareti, i gradini, i corridoi, le sporgenze, le stanze e i ripostigli. Autoritratti con una cura incredibile per vestiti a volte scozzesi, a volte a pois, scarpette rosse e berretti talmente belli che pare nascano direttamente da pensieri luminosi e colorati. Questi autoritratti viaggiano poi in compagnia di paesaggi marini e prati con giochi improbabili, e soli e lune e nuvole e ancora cuori volanti. Sto cercando un posto sicuro per non perderli. Poi li riappoggio esattamente lì dove sono ora.
Sono stanca.
In questo mio tempo sprecato riguardo il tavolo bianco che è il ritratto della mia vita. Tanto lavoro nessun lavoro. Alzo gli occhi e osservo, in alto, altri frammenti delle mie fissazioni: le medicine. Se fossi ordinata potrei aprire una farmacia, una para farmacia e un'erboristeria. Non resisto. Frequento assiduamente tutte tre le rivendite. Nel loro interno trovo i rimedi dei miei mali. E siccome "la chimica" mentre risolve un disturbo può creare, come leggo ora, altri guai, (per citarne alcuni: "angioma e /o orticaria, vesciche, desquamazione e gonfiore della pelle, infiammazione delle mucose o altre reazioni allergiche, infiammazione al pancreas, malattia del cervello, infiammazione del fegato, battito irregolare che può mettere in pericolo di vita") vado a disintossicarmi con prodotti della medicina naturale. La corsa all'acquisto è di gran lunga superiore alla mia reale capacità di organizzare con metodo e regolarità l'assunzione di tutte queste medicine. Quindi, stanno lì in attesa della scadenza, ma sono numerosissime anche in cucina e in bagno. Inoltre stanno aumentando perché, ad esempio, ultimamente ho acquistato una super confezione di pillole di curcuma, zenzero, vitamina C e vitamina D, nel frattempo ne è uscita sul mercato un'altra composta sempre da curcuma, zenzero, vitamina C e vitamina D, non più in polvere, ma liquida con effetto migliore assicurato. Cosa faccio? Metto a riposo le pillole e inizio a curarmi con le fiale?
Sì.
Lo stesso problema mi capita con l'integratore a base di calcio. Il calcio per essere ben assimilato va assunto in compagnia della vitamina D3, ma questa non è assolutamente sufficiente e lo sanno in pochi. Anche qui ci vuole attenzione, pratica, condivisione, frequentazione di persone esperte. Solo così si scopre che il calcio per essere ben assimilato deve essere affiancato al Magnesio, al Boro, alla vitamina D3 e – sorpresa - alla vitamina K2. Senza quest'ultima la funzione del calcio per le mie ossa è peggio di niente. Conoscevo il K2 - la montagna - ma la K2 – vitamina - mi era proprio sfuggita. E chissà quante altre cose ancora mi sfuggono e non conosco.
Mi aggiro nel labirinto della "chimica" dei sali minerali, delle vitamine e degli estratti vegetali e mi perdo. Mi perdo soprattutto quando sorge il problema delle pillole: le ho prese o le devo ancora prendere? E capita tutti i giorni a colazione, a pranzo e a cena, ma anche lontano dai pasti: "Ho preso l'Amaryl, il Matrilix, il Torvast, il Libramed, l'Eudigest, il +D Osteo, l'Artiflex, il Basival e la prima tra tutte, quella che ancora dormo l'Eutirox?" Esistono contenitori per le smemorate come me dove s'inseriscono le pillole da assumere in giornata. Ma io ancora non mi conosco, mi do fiducia quando non dovrei e viceversa, quindi, la domanda si ripete quotidianamente: l'ho presa o la devo prendere?
Altre scoperte recenti, qui al mio fianco, sono un proiettore e un materassino ai fotoni. I fotoni sicuramente rimarginano velocemente ferite e per questa ragione sono usati anche dagli astronauti. Io però, ma non sono la sola, ho allargato il loro campo d'azione. Ho deciso che possono curare artrosi, mal di schiena, infiammazioni varie, inestetismi della pelle, sciatalgie, nevralgie. Il loro effetto placebo penso possa risolvere anche disturbi psicosomatici, però ancora non mi sono spinta fino a questo campo. Ultimamente condivido le ore del primo pomeriggio e della notte con loro. In questo punto estremo dell'ultima stanza della casa i fotoni risiedono in compagnia di altri oggetti senza fissa dimora. Conquistano nuovi spazi: dall'alto scendono sul tavolo per poi risalire, oppure per lungo tempo si riposano sul letto e lì stanno.
Dalla finestra vedo le foglie del mio albero che si danno al vento e io continuo a rileggere la mia vita in questi oggetti sparsi. Cinque libri: La presenza dell'uomo nel femminismo, È già politica, Vita di Carla Lonzi, un numero di Micromega del '97, "nero scarlatto", tre cartoline della Bandeandré, una scatola di legno lunga e stretta con foglietti 10x10 alcuni bianchi e altri scritti. Altra ossessione. Foglietti volanti con appunti che poi, al momento giusto, non trovo. In questi foglietti ci sono annotazioni su Ippocrate e gli umori, sul clima, sulle pietre d'inciampo, sulla lezione del 25 gennaio che parlerà, guarda caso, della storia delle donne e della bicicletta, sul "farsi minoranza", sul clima, elenco di amiche e amici, un numero di cellulare, come al solito senza nome. Passo ad altro perché questi foglietti volanti rappresentano la somma massima del mio stato confusionale.
Oggi è il 20 maggio.
Piove.