In queste lezioni analizziamo perché è importante non fuggire dalle asana per noi più difficili e quali sono le risorse che abbiamo per affrontarle al meglio, ovvero:
- accettare il dolore - no conflict;
- presenza mentale - non giudicare;
- immaginare - creatività/il potere delle visualizzazioni.
A partire da questi specifici temi si capirà come praticare yoga ci possa aiutare a crescere anche a livello psico-emotivo nella nostra vita quotidiana.How the body changes the mind & Vice Versa
Abbiamo visto quanto i temi dell’ascolto, dell’accettazione e della risoluzione dello stato di conflitti interiori siano i primi temi chiave su cui riflettere per affrontare il tappetino e la vita di tutti i giorni. Accettare i limiti del nostro corpo durante la pratica significa, infatti, imparare ad essere anche più compassionevoli verso noi stessi nella vita di tutti i giorni. Il nesso può sembrare strano detto così, ma ricordo benissimo che dopo qualche mese di pratica costante mi ritrovai a pensare all’improvviso a una sensazione provata sul tappetino e automaticamente a traslarla nel momento, allora presente, della mia vita. Mi chiedo oggi se presenza mentale non significhi anche questo.
Camminavo per strada in una giornata di sole splendida, a Milano, e all’improvviso mentre incrociavo di sfuggita le vetrine del centro, correndo verso il tram, mi ricordai di come mi ero sentita a yoga tentando di fare Bakasana, una posizione che, non so dire perché, ma mi piaceva e ispirava tantissimo. Vedendola eseguire perfettamente dall’insegnante pensavo: “Chissà che comoda, sempre che uno riesca a farla!” A me sembrava impossibile. Braccia e polsi ancora troppo deboli, punti di equilibrio ancora sconosciuti, attivazione dei Bandha quasi inesistente. Così, mentre correvo ripensai alle parole dell’insegnante, alle risate del gruppo nel tentativo ridicolo di accovacciarsi tutti come tanti piccioni, cercando di caricare il peso di tutto il corpo sulle sole braccia, spostandosi in avanti. “Che buffi – pensai – chi più chi meno – che ridere, che paura di cadere in avanti e sbattere la faccia”. Certo, c’era stato anche qualche supereroe che aveva eseguito la posizione alla perfezione, saltando indietro e chiudendo con un Vinyasa pure. Che immagine. Che miti. Silenziosi e appartati. Loro sì, che sembravano dei guru.
Se ripenso alla me di allora e a quanto il mio corpo abbia imparato in pochi anni confesso che mi commuovo un po’... E poi ‘pum’, come un lampo di genio, salgo sul tram ancora trafelata e all’improvviso mi rendo conto che: “In fondo se non riesco a fare Bakasana non è questione di vita o di morte – mi dico – così come non lo è se non sono ancora riuscita a cambiare la mia vita! Forse sto già facendo del mio meglio. Forse posso cominciare a pretendere di essere meno prestante di quanto vorrei! Forse la perfezione non esiste e io posso iniziare a rilassarmi nella vita! Sì ok, non dico rinunciando alle sfide, ma semplicemente affrontandole con più calma e meno ansia da prestazione...” Come? Vi ricordo qualcuno??? Sì insomma, più o meno devo essermi detta una cosa così. Quel che è certo è che dentro di me è stato come se i ghiacci del Polo si fossero sciolti all’improvviso e una sensazione di fluidità avesse iniziato a pervadermi, mentre fuori dal finestrino la città scorreva davanti ai miei occhi lucidi. Avrei voluto inchinarmi di fronte a tutta la schiera di Maestri che avevano tramandato gli insegnamenti fino a me.
Non ci volle poi molto tempo, dopo quel primo episodio, per capire che di quei lampi di genio ne avrei avuti ancora molti e questo perché la pratica ti porta inevitabilmente non solo a metterti in gioco, ma a metterti in discussione, finendo per regalarti momenti come questi che, seppur brevi, giocano un ruolo chiave nella nostra trasformazione e crescita emotiva. Io sono ancora una di quelle che continua a pretendere un po’ troppo da se stessa, non crediate, ma sono in cammino, sto migliorando, e sto imparando a prendermi con un po’ più di leggerezza. Ed ecco il punto. Oltre ad imparare ad accettare i nostri limiti allora, possiamo forse fare affidamento anche su un’altra risorsa per affrontare le asana più difficili per noi? La presenza mentale in questo senso può aiutarci? E come? Se per presenza mentale intendiamo la capacità di restare concentrati sul qui e ora, di certo attraverso lo yoga e specifiche tecniche di meditazione possiamo imparare molto, ma, io credo, che la presenza mentale sia qualcosa di più della pura e semplice concentrazione al momento presente e, soprattutto, che sia qualcosa che di per sé non andrebbe ricercata a tutti i costi.
La presenza mentale semplicemente accade.
E accade quando ascolto senza giudizio, consapevolezza del momento presente e accettazione di quello che è stato e di quello che è, riecheggiano all’unisono dentro di noi, lasciandoci in uno stato di accadimento puro e quasi estatico. Io non so dirvi esattamente quando accade come accade, ma le intuizioni che la pratica mi regala fuori dal tappetino sono momenti di grazia e magia che mi aiutano a connettermi con il mio io più profondo e a fare chiarezza dentro di me. In quei momenti si può dire che la presenza mentale accade, così come quando ci sentiamo in pace col mondo nonostante tempeste, bufere e psycho drammi del momento e, sul tappetino cominciamo a volare.