Dopo i terreni argillosi e sabbiosi, è il caso di parlare anche dei suoli cosiddetti “acidi”, categoria che viene definita sulla base della reazione chimica dell’acqua circolante, invece che sulla struttura, come nei due precedenti, ma anch’essa influisce fortemente sulle caratteristiche dell’ambiente in cui crescono le radici. In linea generale, i terreni acidi sono poveri di nutrienti, ma, salvo casi estremi (le torbiere) di fatto risultano molto ospitali per tantissime piante, che infatti vi crescono rigogliose: pensiamo alle camelie, agli immensi rododendri arborei, alle azalee, alle ortensie, che caratterizzano, con le loro meravigliose fioriture, i giardini sui laghi settentrionali, sul Lago di Bolsena, in Lucchesia e in Campania. Vediamo allora di scoprirne origini, caratteristiche, vizi e virtù, come migliorarli e cosa piantarvi per ottenere un bel giardino anche senza troppa fatica.
Origine e caratteristiche
Sono le precipitazioni frequenti, tipiche delle nostre regioni settentrionali, la causa principale della formazione dei terreni acidi: le piogge che attraversano il terreno con grande abbondanza e frequenza, infatti, si portano via le sostanze solubili presenti (tra cui calcio, magnesio, sodio, potassio), impoverendolo, come avviene, per esempio, lungo i nostri laghi pedemontani e sui terrazzamenti dell’alta Pianura Padana. In altri casi, invece, l’elevata acidità è provocata dallo sgretolamento e dall’alterazione di rocce acide, quali quelle granitiche, come è accaduto nell’Isola d’Elba, in Sardegna e sull’Adamello. L’acidità viene poi alimentata dalla presenza di piante che si sono specializzate in questo tipo di suolo, come conifere, azalee, rododendri, mirtilli, le cui foglie, cadute a terra, decomponendosi a loro volta rilasciano nel terreno grandi quantità di acidi organici.
Indipendentemente dalle origini, un substrato si definisce “acido” quando l’acqua che vi circola contiene un’elevata quantità di ioni idrogeno. L’unita di misura della sua concentrazione è il pH: un terreno neutro presenta un pH intorno a 7; un terreno acido compreso fra 7 e 3; un terreno alcalino superiore a 7, arrivando fino anche a 10.
Tuttavia, bisogna distinguere fra i suoli decisamente acidi, con pH inferiore a 5,5, e quelli subacidi, dove il pH non scende al di sotto questo valore. I primi sono i più difficili, adatti solo a poche piante, che si sono adattate a crescere in questi ambienti molto poveri di nutrienti: infatti, l’attività microbiologica è molto ridotta, per cui la sostanza organica presente non viene decomposta e si accumula, come accade nelle torbiere. I terreni molto acidi sono anche ricchi di alluminio, che agisce negativamente sul metabolismo vegetale, oltre che di metalli pesanti come zinco e cadmio, tossici per tutti gli organismi viventi.
I terreni subacidi, invece, che sono anche i più diffusi, sono al contrario molto ospitali: soffici, facili da lavorare, freschi, ricchi humus e con una buona disponibilità di nutrienti.
Riconoscere a occhio un terreno più o meno acido non è affatto facile: si può ipotizzare che lo sia se si presenta scuro e soffice, a causa dell’alta presenza di sostanza organica indecomposta, ma non vi è niente di certo; migliori indicazioni si ricavano osservando la flora, spontanea e coltivata della zona - equiseto, tarassaco, acetosella, felci, mirtilli e il brugo (Calluna vulgaris), per esempio, sono, fra le specie selvatiche, buoni indicatori di acidità - ma è sempre meglio rivolgersi a un laboratorio di analisi per una risposta sicura e precisa.
Le piante adatte, più o meno
Individuato il grado di acidità, si può decidere quali piante inserire in giardino. Nei terreni subacidi la scelta è ampissima, senza dover intervenire in alcun modo: vi cresceranno praticamente tutte le piante, tranne quelle amanti dei terreni alcalini; le cosiddette acidofile rigogliosamente, quelle che preferiscono i terreni neutri semplicemente cresceranno un po’ meno. Nei terreni acidi e molto acidi è, invece, preferibile puntare solo sulle acidofile. Che sono davvero tante: fra gli alberi, abeti, salici e altre conifere, aceri, castagni, magnolie, liquidambar, liriodendron, Nyssa sinensis e il delizioso Amelanckier lamarckii. Fra gli alberelli, gli arbusti grandi e piccoli, oltre a conosciuti rododendri, azalee, camelie, gardenie e ortensie (salvo Hydrangea quercifolia che preferisce i terreni neutri o poco alcalini), Pieris japonica, sarcococche, skimmie ed eriche, ve ne sono altri meno noti e bellissimi, come gli adorabili Styrax, Kalmia latifolia e varietà, Enkianthus campanulatus, Enkianthus cernuus, le profumatissime dafne, Daboecia cantabrica, Zenobia polverulenta e, simile a un’erica, Cassiope lycopodioides. Fra le erbacee, vi cresceranno bene felci, aquilegie, Tricyrtis formosana, acetoselle, Bulbinella hookeri, Lillium martagon, Viola canina e altre viole selvatiche boschive, le primule e tante altre specie.
Per quanto a parer mio sia sempre meglio e più semplice assecondare il terreno, piuttosto che cercare di cambiarlo, tuttavia, se proprio desiderate coltivare piante neutrofile e alcalofile in un terreno acido o molto acido, potete provare a correggerlo, distribuendovi sopra calce o calcare, materiali in vendita a buon mercato nei consorzi agrari e non inquinanti per l’ambiente. Non è facile individuare la dose che fa al caso del vostro terreno, anche perché non vi sono molte indicazioni a riguardo: partite distribuendo in autunno 3 etti di calce per metro quadrato, che è una quantità intermedia, interrandola con la vanga. A primavera, dovrete riesaminare il pH del terreno e se non è ancora soddisfacente, fate un’altra somministrazione prima di procedere alla messa a dimora delle piante. Ogni due-tre anni o anche più spesso, però, sarà necessario ripetere l’operazione: valutate voi se ne vale la pena.