La vite selvatica (Vitis vinifera L. subsp. sylvestris – Fam. Vitaceae) è un arbusto rampicante con radici estese, ben sviluppate e fusti tortuosi; i rami possono raggiungere i 20 metri di lunghezza e sono caratterizzati da una corteccia scura che con il tempo tende a lacerarsi in lacinie longitudinali.
Le foglie sono alterne nella parte inferiore della pianta e opposte in quella superiore; presentano una lamina palmata, a margine irregolarmente dentato, generalmente suddivisa in 3 lobi più o meno profondi (raramente 5-7 lobi). Opposti alle foglie si inseriscono i cirri o viticci (sono fusti modificati con funzione di sostegno) che, disegnando una spirale elicoidale, permettono alla pianta di aggrapparsi ad altri vegetali o a sostegni vari.
I fiori sono generalmente dioici (esistono piante portatrici di soli fiori maschili o femminili), di colore verdastro, raccolti in infiorescenze a pannocchia, dapprima erette, poi pendule.
I frutti sono costituiti da bacche (acini), globose, di colore bianco-ambrato o nero-violaceo, con polpa succosa, contenenti tre semi piriformi, rostrati all'estremità con un becco corto, a volte poco distinto.
Si tratta di una specie tendenzialmente ruderale (bordi delle strade, muri e ruderi) ma che si trova a proprio agio anche lungo i margini dei boschi, nelle siepi campestri, vicino ai corsi d'acqua e nei terreni incolti.
In origine, era diffusa dall'Europa all'Asia, in seguito, durante il Pleistocene, durante le fasi più fredde della glaciazione, ha trovato il suo habitat naturale nei territori dell'area mediterranea e asiatica (attuale Armenia, Georgia, Iran e Iraq).
La vite selvatica non è adatta alla vinificazione perché i suoi frutti sono particolarmente aspri e poveri di zuccheri.
La vite coltivata (Vitis vinifera L. subsp. vinifera) non esiste in natura ma è il prodotto di lunghe e infaticabili pratiche di selezione e ibridazione che si sono succedute nel tempo, prendendo avvio da specie selvatiche. Esemplari di Vitis vinifera L. subsp. sylvestris con fiori ermafroditi sono abbastanza rari e nel corso del tempo è stata proprio la selezione di queste piante a dare inizio alla domesticazione della vite e alla diffusione delle numerose varietà che oggi noi tutti conosciamo.
La vite coltivata si differenzia da quella selvatica per una serie di caratteristiche, tra cui un maggiore vigore vegetativo, la presenza di fiori ermafroditi e di frutti più sviluppati, con acini da sferici a ovoidali, caratterizzati da un tasso zuccherino più elevato, minore acidità e da semi allungati, con rostro ben sviluppato.
La distribuzione di questa pianta nei diversi luoghi, tenuto conto dell'insieme dei fattori ecologici, biotici, abiotici e antropici, ha inciso profondamente sulle sue caratteristiche genetiche, consentendo lo sviluppo di diverse migliaia di “cultivar” sparse nel mondo.
Oggi, grazie alle numerose ricerche sul genoma della vite selvatica, è possibile intervenire per migliorare geneticamente le varietà coltivate in modo da renderle più resistenti alle avversità climatiche e ambientali.
Tra i principali paesi produttori di uva da vino e di quella destinata al consumo diretto figurano Italia, Francia, Spagna, Grecia, Turchia e Germania, Sudafrica, Stati Uniti (California), Argentina, Cile e Australia.
Storia, miti e leggende
Il termine vites deriva dal latino vitem, che a sua volta è legato alla radice indoeuropea viere, intrecciare; mentre il termine vinifera, nel senso che serve a fare il vino, è riconducibile al latino vinum, vino, e fero, “io porto”.
La domesticazione della vite ha origini antiche: secondo alcuni studiosi iniziò in Mesopotamia, intorno al 4000 a.C. per poi diffondersi nella parte orientale del bacino del Mediterraneo, allargandosi in Grecia, Italia, Francia e Spagna. In Italia la vite domestica è comparsa solo nella prima Età del ferro e intorno al 1000 a.C., la sua coltivazione ha avuto un forte incremento per merito degli Etruschi, ai quali va il merito di avere contribuito alla sua espansione in gran parte dell'Italia centrale.
La domesticazione della vite insieme alla coltivazione del grano, orzo, miglio, lino e cotone, ha rappresentato una tappa significata della storia dell'uomo e di importanti civiltà come quella dei Sumeri, degli Egiziani, dei Babilonesi e degli Assiri.
La vite era considerata una pianta sacra e come tale rivendica una forte valenza religiosa e iniziatica. Nella mitologia egiziana era consacrata a Osiride che oltre a essere il dio del grano, era la divinità posta a protezione di questo vegetale. Nell'antica Grecia, Bacco, figlio di Giove, aveva imparato, su consiglio di Sileno, suo maestro e precettore, a trarre forza ed energia bevendo solo succo di uva rossa. Anche Eneo, re dell’Etolia, ne scoprì l'importanza osservando uno dei suoi pastori di nome Stafilo (che significa “grappolo d'uva”), il quale aveva l'abitudine di miscelare succo di uva e acqua, in modo da ricavarne una bevanda particolarmente gradevole, dagli effetti tonici. Enea, figlio del mortale Anchise e di Afrodite, dea della bellezza e dell'amore, poté beneficiare dei poteri di questa pianta dopo averla ricevuta in dono dallo stesso Dioniso, il quale in cambio chiese e ottenne il permesso di passare un'intera notte con Altea, moglie di Anchise.
A proposito del vino, bisogna ricordare che l'uso della fermentazione alcolica risale a epoche antichissime e ha interessato popoli raccoglitori e cacciatori di tutto il mondo; questa tecnica permetteva di produrre bevande partendo da succhi vegetali ricchi di zuccheri (estratti dai frutti o altre parti vegetali) di piante come la betulla, acero, melo, corniolo, fico, mirtillo, rovo, lampone, more, agave, palma da datteri.
Il vino assume un'importanza particolare anche nella tradizione cristiana; ad esempio, nella simbologia eucaristica è paragonato al sangue di Cristo e in occasione delle nozze di Cana (Gv 2, 1ss.) centinaia di invitati assistono increduli al miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.
In passato, il consumo di questa bevanda era tollerato anche nei monasteri, però solo in modeste quantità e spesso la dose giornaliera permessa era proporzionata al grado gerarchico ricoperto.
La vite riveste un ruolo importante anche nel mondo ebraico, essendo stata la prima pianta coltivata da Noè dopo il diluvio universale; infatti, nell'Antico Testamento si legge: "Noè il coltivatore iniziò a piantare la vite; avendo bevuto del vino, fu ebbro" (Gen, 9, 20).
Gli antichi Romani, che incrementarono la diffusione di questa pianta in tutto il bacino del Mediterraneo, dividevano i suoi frutti in due grandi categorie: l’uva da tavola (ad mensam) e quella da vino (ad bibendum). Non è un caso che Virgilio, nel VII libro dell'Eneide, descrive di re dei Sabini, prima della fondazione di Roma, con in mano l'antico falcetto adunco, impiegato per le potature.
Scrittori del tempo come Virgilio, Columella e Polibio contribuirono a diffondere le conoscenze riguardanti le tecniche di coltivazione e potatura, che portarono alla creazione di un elevato numero di ceppi e varietà.
Anche Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia fornisce indicazioni utili per ottenere dei raccolti abbondanti, attingendo alla sapienza degli antichi e allo stesso tempo suggerisce come sfruttare al meglio le proprietà medicinali del succo d'uva e di altre parti della pianta.
In passato, a causa di problemi di conservazione o per ragioni di gusto, il vino veniva spesso addizionato con miele, frutta oppure con erbe aromatiche, resine o spezie pregiate.
Particolarmente significativo, nella sua estrema semplicità, è il proverbio "In vino veritas", attribuito al poeta greco Alceo, secondo il quale chi beve vino, oltre che a cantare e a ridere, finisce per dire la nuda verità.
Usi alimentari e officinali
I benefici che offre la vite sono legati alla presenza di numerosi principi attivi distribuiti in tutte le sue parti.
Le foglie contengono tannini, flavonoidi (rutina, quercetina, isoquercetina, campferolo) e antocianosidi. In ambito fitoterapico, contrastano l’invecchiamento cutaneo ed esercitano un'azione vasoprotettrice (riduce la permeabilità dei capillari e ne aumenta la resistenza), indicata per alleviare i sintomi di vene varicose, emorroidi e geloni.
Nelle tradizioni alimentari di molti Paesi, soprattutto Grecia e Turchia, le foglie di vite rappresentano uno degli ingredienti fondamentali di un famoso piatto chiamato dolmades (o dolmadakia, dal turco doldurmak, che significa “riempire”). Per la sua preparazione è necessario procurarsi delle foglie fresche e dopo averle sbollentate in acqua, si preparano delle specie di involtini ripieni di carne macinata, riso o grano (a volte con l'aggiunta di pinoli e uvetta), conditi con varie spezie e serviti con una salsa a base di yogurt; si possono realizzare anche delle versioni vegane, sostituendo la carne con diversi tipi di verdure.
I giovani getti, invece, vengono lessati e consumati da soli, conditi con olio, sale e limone, oppure impiegati nella preparazione di risotti, frittate, uova, strapazzate, minestre e zuppe. Sono ottimi anche saltati in padella, insieme a peperoncino fresco e aglio, e utilizzati come contorno, per condire la pasta (soprattutto gli spaghetti, con l'aggiunta di alcune foglie di basilico), oppure per guarnire bruschette e crostini. Possono essere conservati sott'olio o sott'aceto e consumati come contorno durante l'inverno.
L’uva è ricca di acqua, zuccheri (fruttosio e glucosio), polifenoli (in particolare resveratrolo), flavonoidi (antociani e antocianine), tannini, acidi organici, vitamine (A, C, B1, B2, B5, B6 e PP), sali minerali (soprattutto ferro, magnesio, potassio, sodio, calcio, manganese e fosforo). Generalmente viene consumata direttamente come frutta fresca di stagione, oppure impiegata nella preparazione di macedonie, succhi, marmellate, muesli, gelati, liquori, biscotti, crostate, strudel e dolci tradizionali (soprattutto natalizi e pasquali), ecc.
È ottima anche per insaporire risotti, verdure e insalate e per accompagnare arrosti di carne, pesce e formaggi.
In ambito erboristico, rappresenta un alimento energetico, facilmente digeribile e assimilabile, ad azione tonica, depurativa, diuretica, antiossidante, digestiva, antisettica, rivitaminizzante e rimineralizzante.
Il resveratrolo, presente nella buccia degli acini (e anche nelle radici), si rivela un potente antiossidante, antinfiammatorio, fluidificante del sangue e ipocolesterolemizzante (contrasta le malattie cardiovascolari).
L'uva è utile in caso di deperimento organico (magrezza, astenia, convalescenza) e per cure disintossicanti, soprattutto in condizioni di sovraccarico proteico e di elevata ossidazione cellulare (eccesso di radicali liberi). Nella medicina popolare veniva fatta bollire fino a ricavarne un prodotto concentrato e fortemente zuccherino, indicato per gli anemici, gli anziani debilitati e i bambini di costituzione debole.
In fatto di cosmetica casalinga, uno dei rimedi più comuni per ottenere una pelle liscia e rassodata consisteva nel tagliare a metà dei grossi acini e strofinarli sulla pelle del viso e del collo.
L’olio estratto dai vinaccioli (i piccoli semi contenuti negli acini di uva) è un prodotto ad alto valore nutrizionale, essendo ricco di acido linoleico (acido grasso essenziale, capostipite della serie omega-6) e di sostanze di natura fenolica, che hanno il merito di ridurre il tasso di colesterolo ematico e di ridurre lo stress ossidativo (azione antiossidante).
In passato i viticci, sotto forma di decotto erano considerati un ottimo rimedio per depurare il sangue e per curare l'artrosi, la gotta, le infiammazioni degli occhi e del cavo orale.
Con i residui della lavorazione dell'uva, le cosiddette vinacce, formati da bucce, avanzi di mosto fermentato e graspi, si ricavano, non solo delle ottime acquaviti e grappe (sottoponendoli a distillazione), ma anche preziose sostanze, tra cui polifenoli ad azione antiossidante, antinfiammatoria e antinvecchiamento, utili nella preparazione di integratori alimentari e cosmetici naturali (oli, maschere e creme di bellezza). Le vinacce possono essere utilizzate anche come fonte per la produzione di etanolo, impiegato, principalmente, come biocarburante.
In passato, la linfa fresca, chiamata anche “lacrima” o “pianto” della vite, che si ricava incidendo la parte interna del fusto, era impiegata per uso locale, in caso di porri e verruche.
Nell'ambito della gemmoterapia, il rimedio ottenuto dalle gemme di vitis vinifera è indicato nel trattamento della fibromialgia e delle sindromi infiammatorie, soprattutto a carico delle articolazioni, dei tendini e dei legamenti.
Come rimedio floreale di Bach (Vine) la vite è consigliata alle persone che per natura, essendo forti ed eccessivamente sicure di sé, tendono a essere troppo autoritarie, con il rischio di prevaricare sugli altri.
Tratto da Cultura e salute dalle piante selvatiche. Le gemme e i germogli