Nella prima metà del XVIII secolo l’opera era il genere musicale più diffuso in tutta Italia e in molte parti d’Europa. Questo, nonostante gli ostacoli posti dalla Chiesa per un certo periodo; verso la fine del 1600, i papi avevano limitato le rappresentazioni di opere, vietando ai religiosi di assistervi, chiudendo i teatri pubblici nello Stato della Chiesa e cercando di scoraggiare in ogni modo gli spettacoli anche nei teatri privati.
Tra il 1701 e il 1707, a Roma furono rappresentate solo dieci nuove opere, tutte in teatri privati, a fronte delle cinquantadue che avevano visto la luce nel periodo 1692-1700. Invece, nel primo decennio del XVIII secolo furono composti e rappresentati almeno centocinquanta oratori, a riprova del diverso peso che avevano allora le forme musicali religiose. Ma dopo questo periodo di “oscurantismo”, il genere operistico conobbe un nuovo splendore.
Un compositore di quel tempo che volesse vivere della sua arte doveva essere versatile, conformando la propria produzione musicale alle “politiche culturali” della Chiesa a Roma e delle diverse corti italiane, venendo incontro ai desideri dei cardinali amanti della musica e degli aristocratici colti, e soprattutto dei grandi mecenati come la regina Cristina di Svezia, che viveva un esilio dorato a Roma, o come i viceré spagnoli a Napoli e il principe Ferdinando de’ Medici a Firenze.
Il musicista, al pari degli altri artisti, doveva quindi sviluppare quelle doti di diplomazia e di abilità relazionali descritte da Baldassarre Castiglione nel suo Cortegiano duecento anni prima, ma che ancora rappresentavano un utile vademecum per farsi strada nel variegato e mutevole universo delle corti italiane, mantenendo rapporti con i potenti per ottenere le commissioni di opere per le tante occasioni in cui dovevano essere eseguite (feste civili e religiose, celebrazioni private, teatri ecc.).
In realtà, nel ‘700 (e anche dopo), la storia della musica in Italia è innanzitutto la storia dell'opera lirica; le altre forme furono coltivate in misura relativamente minore, e per certi versi ebbero un ruolo più circoscritto rispetto alla direttrice principale in cui si sviluppava l’opera e al pubblico che riusciva a raggiungere.
Questo predominio del teatro in musica spiega i grandi progressi che il genere ebbe in un periodo relativamente breve, per merito dell’azione incessante di centinaia di compositori e di migliaia di messinscene, in cui si manifestavano le più diverse competenze artistiche e tecniche. La musica era in contatto diretto con la poesia drammatica e con le arti sceniche (canto, danza, recitazione), sotto la guida di architetti, scenografi, impresari; l'opera barocca fu sotto questo aspetto, e in anticipo su Wagner, la forma d’arte totale per eccellenza.
Eppure, oggi gli allestimenti di opere di questo periodo sono ancora relativamente rari, sia perché il gusto del pubblico è meno avvezzo ad esse, sia per le difficoltà esecutive legate alla diversa vocalità richiesta ai cantanti rispetto al melodramma romantico. È certo più facile oggi eseguire composizioni orchestrali o da camera del periodo barocco (pensiamo a Bach, Vivaldi, o Haendel) piuttosto che un’opera, seria o buffa che sia. E dire che l’opera barocca produsse capolavori straordinari, molti dei quali aspettano ancora di essere riportati in vita sulle scene.
Anche se ha subito continui rivolgimenti ricevendo impulsi sempre nuovi per mano di innumerevoli autori, nell’opera barocca si possono individuare alcuni capisaldi strutturali: un’architettura salda dalle forme fisse e discernibili; linee melodiche nitide e disegni armonici rigorosi; ornamentazioni e abbellimenti sovrabbondanti e rigogliosi. Il teatro musicale barocco occupa un posto di eccezionale rilievo nella storia della musica, per qualità e numero di musicisti e di opere prodotte, che hanno segnato fortemente la cultura di quel secolo, aprendo la strada al classicismo della seconda metà del diciottesimo secolo e al melodramma ottocentesco.