Ieri notte Denise era ubriaca. Ormai è più di un anno che ci frequentiamo. Ha raggiunto la cuspide della piramide delle serate volubili. La sua lingua è passata mille volte dai miei molari ad articolare insulti via via più estrosi e coloriti.
L’ineffabile treccia s’è interrotta con un lieto fine, mi si è addormentata addosso un istante dopo aver goduto, tre minuti dopo la penetrazione.
Aperitivo e poi sushi, Chicco aveva ragione, Love Sushi ha già ridimensionato la consistenza del salmone ed è trascorso appena un anno e mezzo dall’inaugurazione. Qualcosa però non ha cambiato sapore o consistenza, sono i momenti che lei e io trascorriamo uniti.
Sebbene sia il solo fra i due a sentirsi coinvolto in una relazione stabile, entrambi consideriamo inviolabili le rispettive autonomie.
Denise ha un bambino che frequenta la seconda elementare. Rappresenta la sua priorità assoluta ed è solo la più importante fra le parti della sua vita che gestisce con estrema maturità e devozione. Lo stile genitoriale che le è proprio non manca di stupirmi e di ingenerare in me una sincera ammirazione. Soprattutto quando lei fa i capricci e devo trattenere un istinto irrefrenabile alla punizione corporale.
La nostra relazione rappresenta la metafora perfetta d’un ipotetico universo in cui la Luna è ferma mentre la Terra è lo sproporzionato satellite d’un tenero, piccolo Sole, che le gravita intorno fedele e inamovibile.
Quando ho aperto gli occhi ho visto i suoi. Non so da quanto mi stesse guardando le palpebre.
Erano finiti i tempi in cui le mattine successive alle burrascose serate polemiche si configuravano silenziose e colme d’imbarazzo. Ormai sapevamo che alcuni frutti del nostro albero andavano lasciati cadere a marcire nel sottosuolo perché concimassero le foglioline.
Come d’abitudine, se dormivamo insieme durante la settimana, ci svegliavamo un paio d’ore prima dell’alba per il piacere di stare insieme. Non sempre parlavamo, non facevamo sempre l’amore. Due ore smarriti l’uno fra le braccia dell’altro, le mani protese sugli anfratti più sensibili della pelle, sono le prime due ore migliori.
Stamattina prepara la Moka e accendiamo in silenzio una sigaretta. Spengo e osservo dalla finestra le ombre degli alberi che costeggiano i binari, il promontorio di Cap d’Ail, qualche stella pigra e feroce a un tempo che ancora resiste alle algide luci artificiali. Finisce la sigaretta e un attimo dopo sale il caffè. Il profumo è corroborante e mentre mi riempie un bicchiere di vetro inizia a parlare.
Ti sei accorto che da quando ti conosco hai scritto solo cose buone?
Parla la legge morale dentro di te o la lettrice raffinata?
Non mi fraintendere: sei uno stronzo. Il mio pesce rosso però si è staccato l’occhio destro di proposito: voleva barattarlo con un grammo del tuo stile.
Deduco che sto affrontando un’altra volta il dialogo frustrante in merito all’opportunità di buttare nel cesso tutto ciò che non è arte, seguire la vocazione, guardare in faccia la fame e la gloria.
Temo proprio di sì.
Siete una fonte inesauribile d’ispirazione voi muse. Ripetitive, a tratti monotone, ma pur sempre fonte di eterna giovinezza ed elisir di lunga vita… da usare i testi alchemici rinascimentali come carta igienica.
Non la starai facendo fuori dal vasetto?
Si hai ragione, sullo scaffale esoterico trovi il Fugax Vitae, portamelo per favore.
Lullo è un autore medievale.
Perdonami, potrebbe essere la prostata.