Basta piantarle, le bulbose, e bagnarle un po', perché, da cipollotti anonimi, diano vita a fioriture straordinarie, d'ogni forma e colore, alte anche fino a due metri come pochi centimetri. Come non provare gratitudine per piante tanto facili e generose? Adatte ai giardinieri esperti come ai bambini e a chiunque sia alle prime armi, sono versatili, adattabili, resistenti a gelo, caldo, siccità. Sono talmente tante, fra specie, ibridi e varietà, che, con un minimo di programmazione, vi si può far fiorire un intero giardino tutto l'anno, che le si utilizzi in aiuole formali come nelle bordure miste, in macchie e distese, ai piedi di alberi e arbusti, negli impianti naturalistici, nei prati e nelle roccaglie. Alcune si naturalizzano con facilità, ovvero continuano a fiorire e rifiorire, anno dopo anno (anche se non sempre con la medesima intensità), senza alcun intervento da parte nostra, tranne forse una buona concimazione, una volta sfiorite, per favorire la regolarità della fioritura. Altre, più delicate, sono riservate ai climi caldi, a posizioni particolarmente riparate o ad ambienti protetti, come serre e verande.
Accanto alle specie più note e coltivate, declinate negli anni dagli ibridatori in ormai innumerevoli ibridi e varietà, ve ne sono molte altre, ancora poco conosciute e poco diffuse in commercio, nonostante siano altrettanto incantevoli e facili da coltivare.
Un po’ di storia
La storia delle bulbose è antica quanto il genere umano: sappiamo per esempio che gli Egiziani coltivavano le cipolle e i popoli sudamericani le patate a scopo alimentare già migliaia di anni fa, ma anche che i cretesi dipingevano gigli sui muri dei palazzi come simboli di purezza, indiani ed egiziani raffiguravano gli iris nei dipinti religiosi assai prima dell'avvento del Cristianesimo, mentre ciclamini, crochi, giacinti, gigli, gladioli, muscari, narcisi, scille e tulipani erano già apprezzati per il valore ornamentale in Cina, India, Egitto, Grecia e Turchia dei tempi antichi.
Molte bulbose hanno origini europee, ma tante altre oggi comuni nei nostri giardini provengono invece da terre lontane: Africa, Asia, Himalaya, Americhe, Australia... Sono state le esplorazioni botaniche e, ancor prima, i traffici commerciali che le hanno fatte conoscere all’Europa, grazie a mercanti curiosi che hanno riportato in patria, oltre a spezie e altre merci, innumerevoli preziosità da fiore, fra cui le bulbose. Alcune di loro, una volta in Europa, sono state subito apprezzate per la bellezza dei fiori o delle foglie; altre invece sono state utilizzate come alimento o nell'industria profumiera; altre ancora per entrambi gli scopi.
Il cammino della patata nei paesi europei, per esempio, è passato anche attraverso un periodo di coltivazione come pianta ornamentale, mentre ad Alocasia esculenta, il “taro“ dei paesi tropicali, è accaduto l'opposto: coltivata nelle terre di origine per il tubero commestibile, in Europa è sempre stata considerata soltanto una pianta ornamentale, in virtù delle foglie gigantesche, anche se oggi, a seguito delle massicce immigrazioni, se ne trova facilmente il tubero nei mercati di verdure etniche.
La principale sorgente di nuove bulbose per l'Europa è stato comunque l'Impero Ottomano: da lì arrivarono infatti, nel corso del Cinquecento, giacinti, tulipani, ranuncoli e fritillarie imperiali, diffuse in natura ma anche coltivati da tempo. A Costantinopoli, l'odierna Istanbul, esistevano infatti numerosi negozi specializzati in bulbi, e soprattutto tulipani, di cui esistevano già allora numerose varietà. Considerati il simbolo della bellezza femminile come pure i fiori di Dio, per l'assoluta perfezione delle loro corolle, già dal 1200 erano coltivati nei giardini e in particolare in quelli del sultano, che ogni anno ne festeggiava la fioritura con ricevimenti sfarzosi.
Per molti anni la loro introduzione in Europa è stata erroneamente attribuita al belga Ogier Ghislain de Busbecq, ambasciatore dell'imperatore austriaco Carlo V a Costantinopoli, ma in ogni caso a lui va il merito di averli fatti conoscere a studiosi e appassionati europei e di averne inventato il nome: tulipam, un'alterazione della parola tulbent, turbante, che in Turchia veniva spesso utilizzato per indicare questo fiore dalla forma panciuta, simile a quella del caratteristico copricapo. Molto contribuì alla diffusione dei tulipani in Europa anche Carolus Clusius, medico e botanico francese che per anni li collezionò, distribuendoli agli amici e provando perfino a candirli nello zucchero.
L'attenzione del pubblico per tulipani, e i bulbi in generale, cominciò così a crescere, fino a diventare una vera e propria follia collettiva, che in pochi anni coinvolse ogni classe sociale, travolgendo intere fortune. La “tulipomania“ esplose in particolare in Francia e Olanda, tra il 1610 e 1637: nei giardini europei crescevano già 140 varietà diverse di tulipani e alcune erano considerate così preziose, da valere cifre esorbitanti ed essere scambiate con cavalli e carrozze, diamanti, palazzi e fattorie: nel 1637 un solo bulbo, rarissimo, venne pagato 30.000 fiorini, l'equivalente del prezzo di una bella proprietà lungo i canali di Amsterdam. E siccome non c'erano abbastanza bulbi per tutti, cominciarono le speculazioni sui raccolti futuri, che vennero venduti sulla carta, acquisendo a ogni passaggio di mano maggior valore. Quando, alla fine del 1637, il governatore d'Olanda ne impose la riscossione in bulbi, provocò la rovina di migliaia di speculatori, perché corrispondenza alcuna con la disponibilità effettiva.
I prezzi dei bulbi, seppur più contenuti, continuarono a rimanere elevati fino all'Ottocento, poi, tra l'avvento della rivoluzione industriale, le novità botaniche che continuavano ad arrivare in Europa e le sempre più numerose varietà create nel frattempo dagli ibridatori, i tulipani e le altre bulbose diventarono fiori alla portata di tutte le tasche. Oggi il maggior produttore e ibridatore del mondo è l'Olanda, seguita – ma da lontano - da Inghilterra, Stati Uniti e Giappone. Ogni anno, sul mercato vengono proposte nuove cultivar, ma anche specie ancora poco note e diffuse. E la lunga e appassionante storia delle bulbose continua.
Un po’ di botanica
In botanica, le bulbose sono definite "geofite", ovvero piante dotate di organi sotterranei, ricchi di sostanze di riserva: ingrossati e variamente modificati, sono veri e propri serbatoi di energia che ne sostengono la crescita nei primi periodi. In genere essi permettono loro di sfuggire ai periodi più caldi e asciutti o più gelidi, in riposo vegetativo. Qualunque sia l’epoca di fioritura, infatti, tutte le bulbose attraversano uno e talvolta anche due periodi di riposo, che nelle specie decidue è evidente: inizia con il disseccamento delle foglie ormai ingiallite, dopo che hanno accumulato, attraverso la fotosintesi, le sostanze di riserva, accumulate nell’organo sotterraneo, necessarie alla ripresa vegetativa quando le condizioni climatiche torneranno favorevoli. Durante il riposo, che in natura corrisponde ai periodi senza pioggia, le bulbose non vanno dunque annaffiate, poiché marcirebbero.
Il termine “bulbose“, però, per quanto comunemente utilizzato per tutte le specie dotate di organi sotterraneo di riserva, dal punto di vista botanico è corretto soltanto per quelle specie fornite di “bulbo” vero e proprio, cioè per meno della metà di quelle chiamate bulbose. Le altre specie, infatti, hanno differenziato organi di riserva sotterranei simili per funzionalità, ma diversi per conformazione e fisiologia, vale a dire cormi, tuberi, rizomi e radici tuberose.
Apparentemente le caratteristiche che contraddistinguono vari organi di riserva potrebbero riguardare i botanici, più che i giardinieri, ma in realtà non è così, perché esse determinano il ciclo vegetativo e riproduttivo di ciascuna specie: conoscendo questi ultimi, è più facile capire come trattarle (ma per maggiori informazioni consultate un testo specifico).
I bulbi veri e propri, di cui la cipolla, è forse l'esempio più noto, sono di fatto piante in miniatura, sebbene modificate e compresse in piccole strutture che stanno sottoterra. Ovali o a forma di pera, di varie dimensioni, i bulbi contengono un fusto raccorciato (disco o girello), foglie carnose (catafilli), strettamente avvolti su una gemma centrale, dalla quale si svilupperanno fusto, foglie e radici. I bulbi non sono tutti uguali: quelli “tunicati“, come nei tulipani, i bucaneve, i muscari, narcisi, allium ornamentali, amarillidi, giacinti, fritillarie, sono protetti da una pellicina secca e bruna, la “tunica“, formata dalle foglie esterne modificate; quelli “squamosi“, come nei gigli, sono invece costituiti da foglie che hanno assunto l'aspetto di squame o scaglie triangolari ispessite, disposte a mo' di tegole le une sulle altre. Essendo privi di rivestimento esterno, i bulbi squamosi sono delicatissimi: si disidratano con facilità e basta toccarli qualche volta di troppo per danneggiarli irrimediabilmente.
Le dimensioni dei bulbi determinano, in genere, la profondità ai quali vanno piantati: la regola generale (con le dovute eccezioni) vuole che siano interrati a una profondità pari a due-tre volte la loro altezza (considerando la base, non la punta); in genere le profondità maggiori sono preferibili nei climi molto freddi o molto caldi.
Per quanto esteriormente più o meno simili ai bulbi, i cormi sono profondamente diversi: di forma arrotondata o appiattita, sono infatti costituiti da fusti sotterranei ingrossati (e non da piante intere come i bulbi). Protetti da un rivestimento (tunica) papiraceo o fibroso, presentano nella parte superiore, al centro, una o due gemme, da cui si forma la parte aerea, e in quella inferiore un fusto accorciato (disco basale), ricco di sostanze nutritive, da cui spuntano le radici. Le sostanze nutritive sono dunque contenute nel fusto sotterraneo e non nei catafilli come nel bulbo, mentre la tunica è costituita dalla parte inferiore delle foglie prodotte nella stagione precedente, ormai secche, e non dalle foglie stesse modificate, come nei bulbi tunicati. Hanno cormi i crochi, i colchici, le fresie e i gladioli.
I tuberi sono fusti sotterranei ingrossati, ma privi di disco basale e rivestimenti protettivi (presenti invece nei bulbi e nei cormi). Perlopiù tondeggianti, ma a volte a forma di carota, presentano, su tutta la superficie molte gemme, dette “occhi“, dalle quali, a seconda della loro posizione, si sviluppano fusti e radici, come si osserva bene nel tubero più famoso di tutti: quello della patata (Solanum tuberosum). Altre tuberose sono i ciclamini, la gloriosa, il topinambur, alcune begonie, le belle di notte (Mirabilis jalapa).
Le radici tuberose sono invece semplici radici ingrossate, che immagazzinano acqua e sostanze nutritive. Si formano in grappolo dalla base, o “corona“, del vecchio fusto che si è nel frattempo disseccato, e producono radici fibrose, che hanno funzioni assorbenti. La nuova pianta si sviluppo dalle gemme situate in alto, lungo la corona, dunque, tecnicamente, dalla vegetazione vecchia e non dalle radici tuberose, come invece avviene nel caso degli altri organi di riserva. Le si ritrova, tipicamente, in dalie e peonie erbacee e vanno piantate in modo che gli “occhi”, cioè le gemme, siano a livello del terreno o poco sotto.
I rizomi sono fusti ispessiti e allungati, che si sviluppano orizzontalmente, sotto terra o subito sotto la superficie del terreno. Piccoli e sottili, o grandi e carnosi, nel tempo “camminano“, cioè si diffondono nel terreno, grazie al loro particolare tipo di sviluppo vegetativo. Ogni rizoma possiede, lungo tutta la superficie, diverse gemme, che danno origine a foglie, fiori e radici; quella principale, posta a un'estremità, ne provoca anche l'allungamento. Di conseguenze le piante rizomatose tendono ad avere una crescita più o meno indefinita, in realtà varia con la specie.
Si ritrovano i rizomi nei mughetti, negli ellebori, in alcune iris, nelle emerocallidi, nella curcuma. Alcuni vanno piantati un paio di centimetri sottoterra, altri a maggiori profondità.
Le bulbose in giardino
La primavera è quella certamente più ricca di “bulbose” in fiore, e forse le più note: sbocciano crochi, alcuni colchici, scille, chionodoxe, muscari, narcisi, giacinti, tulipani, mughetti e tante altre ancora, tutte rustiche o quasi, perché originarie dei climi dell’emisfero settentrionale. Ma anche l’estate offre molte fioriture, seppure meno note, fra cui quelle di Allium, amarillidi, gladioli, dalie, begonie, iris, anemoni orientali, tigridie, crocosmie, gigli, alcuni dei quali restano in fiore fino all’autunno inoltrato; in questo caso, bisogna però fare attenzione alla rusticità di ciascuno: le bulbose semirustiche, come le dalie, se sono coltivate nei climi freddi, possono anche essere lasciate nel terreno, purché le si protegga dal freddo e dalla pioggia con uno strato alto 20 centimetri di pacciamatura di foglie o paglia, ma altre volte vanno invece estratte dal terreno, pulite, conservate all’asciutto e al buio, fino alla primavera successiva. Del resto, si usa fare lo stesso anche con le bulbose rustiche primaverili piantate in aiuole, bordure e vasi, come gli ibridi e le cultivar di tulipani e giacinti, ma solo perché le fioriture successive non sarebbero altrettanto ricche e decorative; le specie botaniche infatti, non ne hanno bisogno.
Anche in autunno sbocciano diverse bulbose: molti crochi, i colchici, alcuni narcisi (Narcissus serotinus, N. elegans…), le gialle sternbergie, i candidi fiori di zeffiro (Zephyranthes spp.), le nerine, l’esuberante topinambur, i profumati e giganti Hedychium, i ciclamini europei. L’inverno, infine viene illuminato da piccole bulbose che non temono il gelo, dai fiori spesso profumati per avvertire della loro presenza i pronubi: crochi, bucaneve, Iris reticulata e Iris unguicularis, all’aperto, mentre in casa sbocciano specie semirustiche o delicate, originarie di altre zone del mondo, come ippeastri, Eucharis e Smithiantha, o, forzati, crochi, piccoli iris e narcisi primaverili.
In quanto all’utilizzo in giardino, c’è solo da sbizzarrirsi: in base alle loro dimensioni, esigenze di luce, terreno e umidità, epoca di fioritura, potete piantarle in aiuole, bordure e vasi monocromatici o multicolori, di più varietà o anche più specie, secondo la tradizione; oppure in piccoli gruppi irregolari nel prato e ai piedi di alberi e arbusti (per esempio i narcisi al sole e gli ellebori in mezz’ombra). Le più piccole potete piantarle in distese nel prato (colchici, crochi, fritillarie, muscari) o nel sottobosco di alberi a foglia caduca (bucaneve, mughetti) o nelle tasche di terra delle roccaglie. Potete invece inserire le più alte, piantate in gruppi, nelle distese e nelle bordure composte da erbacee perenni da fiore e graminacee ornamentali (le peonie, le crocosmie, i tulipani più alti…). Dalie, gladioli e peonie, infine, staranno d’incanto anche in file ordinate nell’orto, regalando fiori da tagliare e portare in casa.