Sutri, comune in provincia di Viterbo, vanta origini antichissime e straordinarie testimonianze del suo passato. Posizionato su un imponente rilievo di tufo che domina la via Cassia, oltre ad un complesso urbanistico di incomparabile ed intatto fascino, custodisce innumerevoli siti archeologici (tra questi l’anfiteatro romano, le mura e la necropoli etrusca), architetture religiose e civili (tra queste le chiese Santa Maria Assunta e Madonna del Parto inserita in un mitreo, il Duomo di origine romanica, la Villa seicentesca Savorelli).
Il maestoso palazzo Doebbing (dal nome del vescovo Joseph Bernardo Doebbing, nato nel 1855 a Munster, dal 1900 vescovo di Nepi e Sutri), sede della curia vescovile, è stato recentemente restaurato dalla Regine Lazio su progetto dell’architetto Romano Adolini che ha saputo intervenire con grande sensibilità e gusto. Il percorso di rinascita di questa prestigiosa fabbrica si è compiuto con l’affidamento al Comune di Sutri per farne sede di un museo permanente e di mostre temporanee, in un accordo fra il vescovo territoriale, Romano Rossi e il sindaco della città, Vittorio Sgarbi.
Dal settembre scorso gli spazi espositivi di palazzo Doebbing ospitano l’eccezionale mostra Idillio verde, dal titolo del poetico dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) proveniente dal Museo Civico di Ascoli Piceno (1901, olio su tela, diam. 100 cm). In realtà, la citata opera è tradizionalmente identificata Passeggiata amorosa, e con questo titolo viene riportata in cataloghi e libri. Tuttavia, in una recentissima pulitura e rintelaiatura, sul retro del dipinto è apparso l’originale titolo conferitogli dall’artista: Idillio verde.
L’artista di Volpedo, in provincia di Alessandria, è conosciuto universalmente per aver realizzato nel 1901 il dipinto Il Quarto Stato, la prima icona delle lotte proletarie del Novecento e suo manifesto politico.
La mostra in oggetto presenta due sezioni. La prima è dedicata all’arte contemporanea, la seconda all’arte antica, con l’esposizione di tesori d’arte sacra provenienti essenzialmente dalle chiese della Tuscia. Tra questi i capolavori di Sano di Pietro, Antoniazzo Romano, Antonio da Viterbo e altri maestri dalle chiese di Monterosi, Nepi, Capranica, Bassano Romano, Trevignano, Bracciano, Campagnano, Capena, Orte, Gallese, Castel Sant’Elia, Ponzano, Sant’Oreste, Mazzano. La seconda sezione, attraverso il lavoro di artisti dotti e illuminati, documenta l’importanza dell’iconografia cristiana e del patrimonio di arte sacra.
Nella prima parte della mostra vengono esposte opere di Italo Mus (1892-1967), capaci di descrivere i paesaggi della Valle d’Aosta, le sue valli con le fienagioni, i balli che raccontano momenti della vita montanara. Ma i dipinti dell’artista nato a Chatillon emanano anche gli antichi valori e il mondo dei contadini della sua terra e l’amore e la conoscenza della montagna. Dalle sue tele sembra quasi emanare l’odore del legno di noce, quell’odore assorbito nella bottega del padre artigiano del legno che ne ha stimolato la formazione. In mostra, tra l’altro, Donna alla fontana, Il minatore al focolare, La mungitrice, La stalla, La filatrice.
Una collezione di venti fotografie realizzate tra il 1890 e il 1930 da Wilhelm von Gloeden (detto il “barone Guglielmo”, 1856-1931) riprendono prevalentemente adolescenti e giovani siciliani in posizioni statuarie, “imitando” sculture antiche. La tecnica adottata è l’albume oltre che il sale e il bromuro di potassio. Il fotografo tedesco è noto soprattutto per i suoi studi di nudo maschile in ambienti siciliani, che fotografava assieme ad anfore o costumi ispirati all’antica Grecia, per suggerire una idilliaca collocazione nell’antichità. Roberto Ferri (Taranto, 1978) propone alcuni oli su tela che richiamano la grande tradizione della pittura barocca, da Caravaggio a Tiepolo, in continuo riferimento a modelli ordinati e armonici anche quando i soggetti manifestano audaci torsioni. Tra le opere esposte, Lo specchio nero, San Giovanni, Creatura antica, Narcissus, Crepuscolo infernale.
Nelle sue opere, il siciliano Giovanni Iudice (Gela, 1970) rappresenta la disperata condizione dei migranti. Si tratta di una testimonianza di profondo impegno individuale volto a trasmettere non solo la bellezza della luce e del mare della sua isola, ma il dramma di uomini in cerca della terra promessa. Tra le opere, Clandestini e Umanità.
Animali e piante immortali realizzate in ferro battuto da Luciano e Ivan Zanoni sono state collocate sulle terrazze dello spazio della grande loggia di palazzo Doebbing. Si tratta di ulivi, peri, viti, canneti, ma anche di elefanti, delfini, coccodrilli, straordinarie creazioni del padre e del figlio Zanoni artisti di Caldes, Val di Sole, Trento.
In mostra troviamo anche opere fotografiche di due artisti contemporanei: il romano Matteo Basilè e la moscovita Eva. Il primo ha scoperto ben presto le potenzialità espressive della computer art “i suoi maestri sono Edward Weston e Robert Mapplethorpe, esteti fino allo sfinimento. Basilè usa il digitale come un pittore i colori” (Vittorio Sgarbi); le opere di Eva sono estetici volani capaci di intraprendere viaggi creativi di sperimentazione pura.
Opera straordinariamente creativa è l’Altalena Etrusca. Monumento a Sutri dell’architetto-artista Luigi Serafini (Roma 1949), noto per le sue opere stranianti e misteriose, come il Codex Seraphinianus (1981). Così descrive la sua opera esposta a Sutri: “L’Altalena Etrusca (Etruscum Oscillum) è la ricostruzione di un ritrovamento archeologico finora mai effettuato che si basa sulla considerazione che gli Etruschi furono un popolo religioso e ludico al tempo stesso, tant’è che insegnarono il Gioco ai confinanti Romani, se è vero com’è vero che la parola ludus è appunto di origine etrusca”.
La seconda sezione della mostra Idillio verde, dal suggestivo titolo La bellezza di Dio, espone importanti opere antiche. Si tratta di tesori d’arte sacra provenienti dalla Tuscia, una selezione di sculture, dipinti, oggetti, databili tra il XII e il XVII secolo, giunti dagli edifici della Diocesi di Sutri, Civita Castellana, Nepi. Trenta preziose opere che testimoniano l’importanza del patrimonio della Chiesa e dell’arte sacra. Tra queste il Salvatore benedicente, tavola proveniente dalla Concattedrale di Santa Maria Assunta di Sutri, datata dagli studiosi tra il 1170 e il 1207, copia fedele dell’immagine acheropita conservata nel Sancta Sanctorum Laterano alla Scala Santa.
Dalla chiesa di San Giovanni Battista a Campagnano proviene la Madonna del Sorbo, tavola del XIII secolo che raffigura la Vergine seduta sul trono con in braccio il Bambino. Iconograficamente rientra nella tipologia della Madonna Odigitria, colei cioè che indica la Via, incarnata da Gesù.
Girolamo Siciolante da Sermoneta (1521-1575 circa) è l’autore del Trittico del Salvatore conservato nella Chiesa di San Nicola di Bari a Mazzano Romano. L’opera, datata 1556, è composta da una tavola centrale con raffigurato il Redentore benedicente, mentre ai lati troviamo due sportelli al cui interno sono raffigurati San Benedetto e San Nicola di Bari.
Dal Museo di Arte Sacra di Orte troviamo una singolare e misteriosa opera chiamata Trittico di Chia, realizzata tra il 1470 e il 1475 a tempera su tavola da un maestro che prende il nome da questo dipinto. Come scritto dallo Storico dell’arte Antonio Paolucci, si tratta di una testimonianza rara degli esiti del linguaggio di Piero della Francesca nel viterbese.
Sono esposti anche rarissimi reliquiari in argento sbalzato, come la Statuetta di Santa Caterina d’Alessandria del XVIII secolo, proveniente dal museo della Cattedrale di Santo Stefano Protomartire di Bracciano; il Busto di San Lanno, realizzato da Vincenzo Belli nel 1754 e proveniente dalla chiesa di Santa Maria Assunta di Vasanello; il Busto di San Gratiliano, realizzato da argentiere viterbese o toscano nella metà del XVI secolo proveniente dalla chiesa di Santa Maria Assunta in cielo di Bassano Romano; la Croce realizzata da Vannuccio di Viva (firmata) nel XIV secolo e abitualmente conservata nel Museo di Arte Sacra di Orte. Particolarmente meritevole è il progetto del Comune di Sutri di lasciare definitivamente nel nuovo Museo di Palazzo Doebbing alcune delle opere esposte in mostra.
La mostra Idillio verde a Sutri è stata ideata con formidabile pathos e attenta “tessitura” da Vittorio Sgarbi, i curatori sono Gabriele Accornero, Luisa Caporossi, Isabella Del Frate, Giuseppe Iannaccone, Gianluca Marziani, con testi critici in catalogo di Giorgio Felini e Benedetta Montevecchi. L’eccezionale evento ha molti meriti, dal progetto architettonico all’allestimento, dai prestatori ai restauratori, ma forse il maggiore pregio è quello di aver saputo raccordare tanti mondi, tante anime e “icone” artistiche che si sono ritrovate a Sutri, tornata finalmente capitale della cultura, della conoscenza e della crescita umana.