I primati sono un ordine di mammiferi placentati nei quali, oltre all’uomo, rientrano i diversi gruppi di scimmie, da quelle antropomorfe (orango, scimpanzé, gorilla, bonobo, gibbone) a tutte le altre sino a oggi conosciute (un totale di circa 376).
Da un punto di vista evolutivo, i primati condividono caratteri morfologici esclusivi quali la presenza di dita prensili in tutti e quattro gli arti, la visione binoculare e quindi gli occhi posti in avanti sul viso e una straordinaria percezione della profondità. Il gruppo ancestrale dei primati si suddivise in due linee filetiche: una diede origine a lemuri e lori, l’altra a tarsi, scimmie e scimmie antropomorfe. Lemuri e lori vengono chiamati generalmente proscimmie e sono per lo più organismi arboricoli (che vivono cioè sugli alberi); i primi sono endemici del Madagascar, onnivori, dotati di grandi occhi, di cui si conoscono circa 90 specie; i secondi vivono sia in Asia che in Africa, generalmente di piccole dimensioni, sono organismi in prevalenza notturni e se ne conoscono circa 30 specie.
Tra le scimmie, da una parte si possono distinguere la superfamiglia dei Ceboidea e dei Cercopithecoidea, dall’altra la superfamiglia Hominoidea. I ceboidea o scimmie del Nuovo Mondo vivono in America centrale e meridionale e tra di esse si conoscono i cebidae (cebi) e i callithricidae (tamarini, uistitì, scimmie scoiattolo e saimiri). Anch’essi animali per lo più arboricoli, sono in genere di piccola taglia, onnivori e sociali.
I cercopithecoidea o scimmie del Vecchio Mondo comprendono i cercopithecidae e i colobidi, vivono in Asia e in Africa e vantano specie anche di grosse dimensioni (il babbuino nero può superare il metro di lunghezza). I tarsioidea sono un gruppo a sé stante che comprende la famiglia dei tarsidi con circa 11 specie conosciute. Piccoli primati notturni diffusi nel sud-est asiatico, non superano i 20 cm in lunghezza, sono arboricoli, insettivori, dall’aspetto quasi alieno, dotati di enormi occhi, dita lunghissime e polpastrelli rigonfi.
La superfamiglia Hominoidea, più comunemente chiamati Ominidi, comprende, oltre all’essere umano, le scimmie cosiddette antropomorfe (dal greco anthropos: uomo, morphe: forma), dalla forma cioè simile a quella dell’uomo, delle quali fanno parte scimpanzè, oranghi, gorilla, bonobo e gibboni. Questi ultimi, chiamati anche ilobati, si differenziano dagli altri ominidi per le dimensioni più piccole, le braccia più lunghe, uno stile di vita esclusivamente arboricolo e sono diffusi solo nel sud-est asiatico. Se ne conoscono una ventina di specie, alcune delle quali presentano numerose sottospecie.
Le tre specie più simili all’uomo e più studiate restano, senza dubbio, gorilla, scimpanzè e oranghi e tre sono le studiose, chiamate anche “Trimates” le scienziate di Louis Leakey, antropologo che studiò l’evoluzione umana, che grazie a lui posero le basi ai loro studi su specie dapprima poco o per nulla conosciute.
Dian Fossey fu la studiosa dei gorilla che negli anni ’60 raggiunse i Monti Virunga nella Repubblica Democratica del Congo, e lì vi rimase sino alla morte, avvenuta in circostanze misteriose nel 1985, dove visse in una capanna nel bel mezzo della foresta equatoriale a più di 3000 metri di quota, studiando in modo dettagliato l’etologia della specie, condividendo gioie e dolori con gli stessi gorilla, e scrivendo il libro Gorilla nella nebbia che ancora oggi è il trattato etologico più importante sui gorilla di montagna.
Grazie agli sforzi di Dian nel lottare contro i bracconieri, il gorilla di montagna non si è estinto, sebbene ne esistano poche centinaia di esemplari, tra Uganda, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo, e un articolo del WWF dell’inizio del 2018 ha riportato che la specie è addirittura in crescita. Tuttavia, non bisogna abbassare la guardia poiché pericoli come disboscamento, caccia illegale, epidemie e cambiamenti climatici possono portare a una nuova diminuzione del numero di individui in breve tempo. I gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei) sono animali di grosse dimensioni, con i maschi che possono raggiungere i 180 kg di peso e le femmine i 110, erbivori, pacifici, che formano gruppi stabili e sociali. Si distinguono dai gorilla di pianura per le dimensioni leggermente più grosse, il pelo più lungo e le braccia più corte. Questi ultimi vivono da alcune zone della Nigeria sino alla Repubblica Democratica del Congo. Dian Fossey ha istituito il Karisoke Research Centre che garantisce protezione e studio dei gorilla di montagna, ospita numerosi scienziati provenienti da tutto il mondo e organizza annualmente iniziative e progetti di ricerca, garantendo inoltre occupazione per molti abitanti del luogo, in particolare ruandesi.
Jane Goodall studia gli scimpanzé dall’età di 26 anni, (oggi ne ha 84), quando partì alla volta dell’Africa portando con sé il solo grande amore per gli animali e una dedizione fuori dal comune, senza una laurea ma un estremo desiderio di imparare. Grazie a Louis Leakey realizzò il suo sogno di studiare gli scimpanzè nel loro habitat, facendosi accettare lentamente e non senza difficoltà dagli animali, studiandoli come prima nessuno aveva ancora fatto e portando alla scienza grandissimi contributi e informazioni. Anni di studio e ricerca la portarono a creare il Jane Goodall Institute che, al pari del Karisoke Research Centre per i gorilla, si occupa dello studio e della protezione degli scimpanzè, animali che condividono con noi il 98% del loro DNA, in grado di utilizzare utensili, imparare il linguaggio dei segni, riuscire a usare strumenti come computer e telefoni e possedere tante altre capacità uniche nel regno animale.
Allo stato naturale gli scimpanzé vivono nell’Africa equatoriale con diverse sottospecie che si distribuiscono dalla Guinea e Sierra Leone sino a Camerun, Gabon e Repubblica Democratica del Congo. Più piccoli dei gorilla, i maschi raggiungono i 60 o più kg e le femmine i 40, sono di colore scuro, prevalentemente vegetariani anche se non disdegnano la carne, nutrendosi talvolta di altre specie di scimmie che cacciano brutalmente, come colobi, babbuini, cercopiteci, ma anche facoceri e bovini. Anch’essi in pericolo di estinzione, sono minacciati dagli stessi problemi che preoccupano i gorilla e come tali vanno protetti e rispettati.
Biruté Galdikas, primatologa, antropologa, conservazionista, etologa è la scienziata degli oranghi da quando giunse in Borneo nel 1971, divenendo la prima studiosa di questa specie di primate asiatico, esclusivo di Borneo e Malesia, oggi allo stato critico e a rischio di estinzione. Come Goodall e Fossey, anche Galdikas ha dedicato e dedica tutt’ora all’età di 72 anni la sua vita allo studio di questo primate, in particolar modo alla riabilitazione di oranghi rimasti orfani fondando la Orangutan Foundation International che include anche la preservazione della foresta pluviale di quelle zone. Gli sforzi di Birutè sono oggi dedicati in particolar modo a combattere il disboscamento, la corruzione e l’indifferenza degli indonesiani verso la salvaguardia del loro ambiente, uno dei più importanti in termini di biodiversità.
Gli oranghi, a differenza degli altri primati antropomorfi, sono piuttosto solitari, vivono quasi esclusivamente sugli alberi e, a detta della studiosa, sono contemplativi e utilizzano lo sguardo e il contatto visivo per penetrare in profondità nei nostri occhi e in quelli dei loro simili. Come gli scimpanzé sono in grado di imparare il linguaggio dei segni e di compiere azioni simili a quelle dell’uomo semplicemente osservandolo; difatti, sono capaci di instaurare rapporti duraturi e legami molto forti con le persone che si prendono cura di loro, come la stessa Galdikas.
Purtroppo gli oranghi sono in serio pericolo di estinzione a causa del disboscamento senza limiti del loro habitat naturale che avviene ormai da troppi anni. L’Onu ha addirittura istituito la giornata nazionale dell’orango, il 19 agosto, sottolineando che, mentre un secolo fa si contavano circa 230mila individui, oggi ne restano 70mila-100mila in Borneo e 7000 a Sumatra. Sembra proprio che i politici e chi tiene in mano le leggi dei Paesi non reputi così importante salvare il Pianeta in cui è nato e in cui vivono i propri figli, lo stesso Pianeta che, prima o poi, se non si deciderà seriamente di prendere in mano il problema, soccomberà a causa dell’avidità e dell’ignoranza di quella che dovrebbe essere la specie più intelligente.