In tutti gli esseri naturali che noi vediamo, osserviamo in primo luogo un rapporto con se stessi. (...) Come ogni corpo ha un rapporto con se stesso, deve averne uno anche con gli altri. E questo rapporto varierà secondo la natura dei corpi (...) Ora si incontreranno come amici e vecchi conoscenti che stringono presto relazione e si uniscono senza alterarsi l’un l’altro, come il vino si mescola con l’acqua. Ora invece si manterranno estranei l’un l’altro e nemmeno la mescolanza e l’attrito meccanico varranno a fonderli insieme: così come l’olio e l’acqua, sbattuti insieme, dopo un attimo si tornano a separare. (...) Non ci vuole molto per ravvisare in queste semplici forme le persone che abbiamo conosciute e specialmente le società nelle quali abbiamo vissuto; ma la maggior analogia con queste nature inanimate la presentano le masse (categorie) che si trovano di fronte al mondo: le classi, le professioni, le nobiltà ed il terzo stato, il soldato e il borghese.
(Goethe)
Sono le 9.30 del mattino. Sono in casa a cucinare delle verdure. Improvvisamente sento le sirene, molto vicine. Vado alla finestra con immediatezza attirato dal pensiero della sofferenza. Ogni volta è come se desiderassi correre per portare aiuto; sono pronto se necessario. Vedo molte persone vicino all’ambulanza e alla macchina dei medici, almeno sei. Sono tutte vicino all’entrata di un palazzo: probabilmente, sono in attesa di qualcuno che venga portato giù in barella. Le luci lampeggiano e la posizione dei mezzi è centrale rispetto alla via, vicino a una grande area di servizio con piazzale dove c’è il lavaggio automatico; il bar è aperto. Il luogo è trafficato di auto e motorini ed è anche frequentato da molte persone che lo attraversano a piedi. Mi soffermo ad osservare e a comprendere ciò che sento, ciò che intuitivamente capisco di quel contesto: il mio senso per questa incredibile rete di connessioni.
Io sono al livello più elevato: sono l’osservatore che dal punto più alto dello spazio guarda lo scenario. Cosa che gli altri non hanno la possibilità di fare. Il mio punto di vista si forma attraverso diverse e successive focalizzazioni per livelli di contesto differenti; a partire da quella più ampia che viene definita dalla mia massima possibilità percettiva oculare e auditiva a finire allo zoom di quella più piccola definita dall’immagine quasi sfuocata degli eventi che si susseguono vicino ai mezzi del soccorso posti a distanza.
Con le varie messe a fuoco si succedono intuizioni e considerazioni, una su tutte: mezzi e persone si muovono comportandosi normalmente, secondo quella che io ritengo sia la normalità. Qualcuno in questo momento sta soffrendo e ognuno dei presenti nello spazio-tempo da me osservato si comporta secondo schemi a lui abituali, ricorrenti e dunque ben conosciuti delimitando a tal fine il perimetro delle proprie percezioni.
Le persone vivono confrontandosi ognuna con il proprio “momento di complessità”, con il proprio “contesto percepito”. Il loro corpo agisce nella certezza del cosa fare, senza la necessità di porre in essere alcun comando ma piuttosto come ognuno è portato a fare usualmente in quelle circostanze. C’è chi si accorge che nel proprio campo percettivo si sta svolgendo una attività di soccorso a una persona, c’è chi non se ne accorge. I soccorritori svolgono automaticamente il proprio lavoro attenendosi alle regole di comportamento previste per situazioni simili mentre i passanti più prossimi si chiedono: chi si sarà sentito male? Forse qualcuno che conosciamo? E magari attendendo – persino impazientemente – sull’uscio del portone l’arrivo della barella con la speranza di poter dare certezza alle proprie ipotesi!
E poi gli altri: da chi continua a far benzina, a chi continua a fare le sue chiacchiere, a chi entra al bar per prendere il suo caffè di mezza mattina, a chi lava con cura o distrattamente la propria macchina, a chi “impreca” per la difficoltà nel porre in atto una manovra a causa dei mezzi di soccorso, a chi – come me – osserva dalla finestra cosa accade, e magari alcuni anche semplicemente per trascorrere il loro “lungo” tempo di quella giornata che sembra non finire mai.
Sono tutte azioni rese trasparenti a me che osservo senza che loro lo sappiano; mi si mostrano “nudi” nella loro azione immediata e non filtrata dalla necessità consapevole di apparire, “a me che li sto osservando”, diversi da come sono. Forse sarà così nel loro micro mondo ma non nel mio spazio, nel mio livello di osservazione: più elevato. Io penso che i nostri corpi possano essere “sale e pepe” ma anche “acqua e vino”. Qualsiasi mondo ha una infinità di spazi, una molteplicità di piani, annidati uno dentro l’altro e co-generati l’un l’altro mediante l’interazione e l’integrazione delle azioni. L’osservatore, dal suo livello di osservazione, crea il significato e conferisce il senso ai comportamenti in opera. L’azione manifesta chi siamo, osservatori ed agenti ad un tempo. L’azione dichiara al mondo che è in attesa di assumere una nuova forma, manifestando la nostra intelligenza percettiva, il nostro modello di apprendimento, la nostra competenza etica, i nostri valori, le nostre affinità.
La percezione “intelligente” genera apprendimento e nuove possibilità di interpretazione del mondo. Occorre cambiare il livello di osservazione: da quello personale, soggettivo, a quello della rete di relazioni in cui la persona è inserita e che determina le caratteristiche della situazione. Affinché si possa parlare di generazione di nuova conoscenza, della novità, occorrono entrambi gli aspetti: quello del soggetto, con l’apporto della sua personalità e delle sue competenze all’azione, e quello della rete di relazioni, che permette l’interazione tra più identità. Le due sub-modalità di osservazione non possono esistere l’una senza l’altra, poiché sono in un rapporto di reciproca interrelazione.
Variare la scala di osservazione e il nostro livello logico di percezione ci permette di comprendere le relazioni intercorrenti tra le parti e gli effetti che tali relazioni generano nel contesto, sia a livello locale che a livello globale. È questa comprensione dei differenti ordini di relazioni che consente la generazione di nuova conoscenza; attraverso una variazione della scala di osservazione dei fenomeni è possibile capire che ciò che rappresenta regolarità ed ordine per un livello di osservazione può rappresentare imperfezione, indeterminazione o nuove possibilità d’azione in un altro livello di osservazioni.
L’azione è apprendimento e l’apprendimento è vita: per vivere con pienezza è necessario acquisire abilità nel comprendere e incarnare gli ordini delle relazioni tra le persone, tra gli eventi, tra i sistemi di situazioni.