L’esperienza di Riace è la storia di un’utopia diventata realtà. Un paese calabrese svuotato dall’emigrazione è rinato grazie all’immigrazione, grazie a un progetto di accoglienza che ha ha riempito di nuovo le case abbandonate, dando una nuova vita a chi a Riace era rimasto e a chi ci era arrivato sbarcando sulle coste del suo comune. A tante persone le cui esistenze erano stata spazzate via da guerre, fame, persecuzioni e violenza, che avevano rischiato la morte in mare pur di avere la possibilità di continuare a vivere.
Quegli esseri umani che troppo spesso l’Italia e l’Europa non riescono ad accogliere e proteggere, a Riace hanno trovato accoglienza e protezione, la possibilità di integrarsi, poter fare parte del tessuto sociale e iniziare una nuova vita.
Riace era uno dei tanti piccoli borghi del Sud Italia destinati a spopolarsi e a morire senza fare rumore, a scomparire senza che il mondo se ne accorgesse: dopo un breve momento di celebrità dovuto al ritrovamento di due famose statue di bronzo venute dal mare, il paese era nuovamente sparito dalle cronache e dalla memoria collettiva e stava inesorabilmente svuotandosi. La mancanza di prospettive spingeva la gente a partire, la stessa ragione che spinge tutti i poveri di questo nostro mondo ad abbandonare la propria terra.
Alla fine degli anni '90 il flusso migratorio aveva dimezzato la popolazione, che era scesa da 2998 a 1650 abitanti, un terzo dei quali erano anziani. Nel 1998 fu nuovamente il mare a cambiare le sorti di Riace, portando duecento profughi curdi sulla costa jonica. Un uomo ne ospitò undici a casa sua: era il figlio del maestro del paese, e si chiamava Mimmo Lucano.
Il momento in cui aprì le porte della sua casa per accogliere chi una casa non l’aveva più, fu di fatto l’inizio di quella miracolosa, meravigliosa utopia che ora si chiama il Modello Riace.
Iniziando ad accogliere i migranti sbarcati sulla costa e costruendo un progetto di accoglienza e integrazione, Mimmo Lucano è riuscito a ripopolare il paese, a fare risorgere le case dalle proprie rovine, a far sì che i suoi abitanti non fossero più costretti ad andarsene. I vecchi artigiani hanno riaperto le botteghe e hanno iniziato a insegnare ai giovani migranti l’antica arte della lavorazione del legno, della ceramica, del ricamo. Dal 2004 il paese ha dato ospitalità a seimila richiedenti asilo, dimostrando che la pratica della accoglienza diffusa è attuabile, e sostenibile.
Riace è diventata il simbolo di una convivenza possibile grazie all’uso virtuoso delle risorse finanziarie e umane, un modello fondato sul rifiuto di ogni forma di corruzione sia economica che etica. È diventata la prova tangibile di una rinascita e di un cambiamento realizzabili, di cui tutto il paese con i suoi vecchi e nuovi abitanti ha beneficiato. Anche chi voleva vedere con i propri occhi cosa succede a Riace, paese dell’accoglienza, veniva accolto e alloggiato gratuitamente in una delle vecchie case abbandonate.
Ci vuole una enorme dose di coraggio passione e immaginazione per cambiare la realtà, e la passione il coraggio e l’immaginazione di un solo uomo può cambiare il destino di tutta una comunità. Mimmo Lucano è stato votato da World Mayor come terzo dei migliori sindaci di tutto il mondo, Wim Wenders gli ha dedicato un cortometraggio, è entrato nella classifica di Fortune dei 50 leader più influenti del pianeta. Osannato dalla stampa internazionale, non ha usato la improvvisa popolarità per dare una svolta alla sua vita iniziando la scalata a una carriera politica, ma ha continuato a fare il suo lavoro: quello di sindaco.
Mimmo Lucano e Riace, Paese dell’Accoglienza, sono diventati una voce forte che ha parlato di diritti, di umanità e del fatto che di fronte al fenomeno inarrestabile dell’immigrazione non serve correre ai ripari, costruire centri di detenzione e muri sormontati da filo spinato, ma creare occasioni di crescita, modelli di convivenza da cui tragga beneficio tutta la comunità. Il modello Riace è diventato simbolo di speranza e di giustizia.
Poi è successo qualcosa, qualcosa che ha lentamente trasformato il sogno in un incubo. Faccio un’enorme fatica a scrivere la seconda parte di questa storia, provo troppo dolore, troppo sgomento, faccio fatica a trovare le parole. Ma in questo momento il silenzio è una scelta inaccettabile.
Una serie di ispezioni hanno passato al setaccio i progetti legati all’accoglienza, per due anni il trasferimento dei fondi necessari a portare avanti i progetti in corso è stato bloccato, nonostante il gip avesse dichiarato che “La gestione dei fondi è stata magari disordinata, ma non ci sono illeciti e nessuno ha mai intascato un centesimo”.
Lo scorso agosto Mimmo Lucano assieme ad alcune operatrici hanno iniziato uno sciopero della fame e la Rete dei Comuni Solidali ha dato inizio a un Crowdfunding che in tre settimane, grazie al supporto di privati cittadini, ha raccolto 250mila euro. Per un momento è sembrato che il Viminale stesse per sbloccare almeno parte dei i fondi, ma non è andata così.
Il 2 ottobre, alle due del mattino, Mimmo Lucano è stato arrestato. I capi di accusa più gravi, che andavano da associazione a delinquere, truffa, concussione e malversazione erano già caduti, ma sono rimaste in piedi le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Quindi di che cosa è accusato Mimmo Lucano, esattamente?
Per fare la raccolta porta a porta della spazzatura (lavoro parzialmente svolto a dorso di mulo) il sindaco avrebbe dato lavoro a due cooperative senza indire una gara di appalto, e in una intercettazione telefonica ha parlato della possibilità teorica che una donna nigeriana potesse regolarizzarsi sposando un Riacese. Ma non c’è stato alcun matrimonio.
In Calabria nella baraccopoli di San Ferdinando ci sono diecimila lavoratori perlopiù migranti sfruttati illegalmente e i fenomeni legati alla presenza della criminalità organizzata sono una minaccia costante per la popolazione. Quindi non capisco cosa possa giustificare una indagine che comporta investigazioni lunghissime e l’uso di considerevoli risorse per controllare il sistema dell’accoglienza di un paese di neanche 2500 anime. Perché tanto accanimento? Mi sembra perlomeno sproporzionato, come mi sembra sproporzionata l’applicazione di misure cautelari gravi come l’arresto per i reati di cui Mimmo Lucano è stato accusato.
Il 13 ottobre è stata resa pubblica la notizia che, con una circolare, il Viminale ha ordinate la chiusura di tutti i progetti e il trasferimento di tutti i migranti, che verranno deportati chissà dove. Perché tanto accanimento? Perché la speranza è scomoda, soprattutto quando il potere si nutre della paura che alimenta, Perché il modello Riace si è opposto alla logica dei respingimenti creando un’utopia possibile, perché è un progetto di pace che ostacola un clima di violenza crescente.
La circolare ha decretato la fine di Riace, uno dei tanti piccoli borghi del Sud Italia destinati a spopolarsi e a morire senza fare rumore, a scomparire senza che il mondo se ne accorga: io mantengo viva la speranza che le voci forti di migliaia di persone riusciranno a impedirlo.