Sono un libero professionista e titolare di un’azienda creativa con la quale lavoro in diversi ambiti che spaziano dal cinema al teatro, dalla musica alla formazione, dall’organizzazione di eventi all’intrattenimento. Di base però sono un artista e quindi ritengo di essere molto sensibile alle dinamiche umane ed emotive, ecco perché posso affermare con certezza che sarebbe impossibile svolgere il mio lavoro senza avere con me una buona squadra.
Creare un team di lavoro che lavora in totale armonia, in qualsiasi settore professionale, è impresa assai delicata e complessa ma allo stesso tempo è un “gioco” stimolante e formativo, che, se riesce bene, può portare grandissime soddisfazioni. Probabilmente non esiste una formuletta magica che valga per tutti allo stesso modo, ma ci sono dei parametri che ho imparato sulla mia pelle che vorrei condividere con voi per un confronto aperto.
Il primo step fondamentale è quello di capire esattamente quali figure specializzate necessita l’azienda e dunque fare una selezione accurata del personale da mettere al tuo fianco. Non bisogna mai dimenticare però che l’azienda è come una sorta di famiglia con tutte le sue dinamiche interne… Spesso si pensa che sia sufficiente che la persona scelta sappia svolgere il suo compito ma non si considera l’importanza degli aspetti umani e relazionali con gli altri membri della famiglia con i quali dovrà condividere le sue giornate.
Altro elemento da non sottovalutare sono le possibili dinamiche affettive o permettetemi il termine le “relazioni incestuose” che possono scaturire all’interno della famiglia. Inevitabilmente tutto quello che rientra nella sfera dell’intimità e ci tocca emotivamente, se non viene gestito nel modo corretto, può influenzare la nostra efficienza professionale e quella degli altri.
Ecco perché con il tempo e grazie alle precedenti esperienze, ho affinato il fiuto per le dinamiche emotive tra le persone che condividono con me fatiche, gioie e dolori di queste esperienze progettuali. Una delle spie luminose, che come in auto ti segnala un guasto, è quando si percepisce un’atmosfera pesante e non trasparente tra colleghi, dove si fa fatica ad avere un dialogo frontale e di contro si sente un incremento del pettegolezzo indirizzato alla dirigenza o ai colleghi. Allarme rosso è invece quando capita che qualcuno remi totalmente contro il leader e lavori quotidianamente per denigrarlo e mettere tutti gli altri colleghi contro di lui.
Compito del leader aziendale a questo punto, è fare subito chiarezza tra le parti, lasciare emergere le problematiche, comprenderle e affrontarle insieme. Anche questo è un passaggio difficile, ma spesso può essere risolutivo. Nel caso in cui, dopo questi interventi di intelligenza emotiva, la spia luminosa dovesse continuare a segnalare sempre lo stesso guasto, allora forse potrebbe essere opportuno sostituire la persona che più di ogni altro risulta nociva. Il rischio infatti potrebbe essere quello di danneggiare l’intero ingranaggio e di rovinare tutta la famiglia. Consiglio quindi di non sottovalutare mai questi segnali di pericolo. Altro aspetto che mi preme molto raccontarvi è quello della metodologia di lavoro.
Un lavoro di squadra presuppone la presenza di numerosi professionisti specializzati in diversi ambiti, che si sincronizzano per raggiungere l’obiettivo nel migliore dei modi, facendo sì che ognuno dia il meglio di sé. Questo può avvenire solo quando i singoli professionisti sono coscienti delle loro qualità e hanno una buona autostima ma anche e soprattutto quando il datore di lavoro decide di lavorare in modo fluido e in orizzontale piuttosto che in verticale. Certo è fondamentale che ci sia una direzione dei lavori carismatica, chiara e con un buon coordinamento, ma è anche importantissimo che ognuno possa esprimere il meglio di sé.
Non ho mai pensato di mettere al mio fianco operai della creatività ai quali dettare legge, ma ho sempre cercato dei creativi pensanti, che abbiano un background diverso dal mio e magari anche un modo diverso di vedere il mondo. L’importante per me è sempre stato sintonizzarsi sulla stessa frequenza d’onda, mantenere un confronto costante e avere chiaro qual è il goal. In genere, dopo aver dato le indicazioni iniziali necessarie, amo lasciare carta bianca ai miei collaboratori, in modo che possano esprimersi totalmente e dare il massimo. La chiave è avere fiducia. Atteggiamento oramai anacronistico e difficilissimo da trovare nella nostra società che non a caso spiazza e smarrisce chi la riceve. Non siamo più abituati a fidarci dell’altro e nessuno si fida più di noi. Come possiamo capire di chi possiamo fidarci? Livello di difficoltà 1000.
Io mi baso sempre sui messaggi che mi arrivano dalla comunicazione non verbale piuttosto che da quella verbale e scritta. Come una sorta di spugna energetica cerco di assorbire, analizzare e comprendere la tipologia di onde che vengono emanate dal mio gruppo. Infatti, se ci pensiamo un attimo, io ho scelto quella persona perché credo che possa svolgere questo lavoro alla grande e quindi devo fidarmi di lei/lui e lasciare spazio, respiro e libertà di azione altrimenti che senso ha?
La fortuna di poter lavorare in totale fiducia con mia sorella Liana, che è il perno della mia attività, mi ha permesso di perfezionare il nostro “filtro di fiducia” verso gli altri. Attenzione, non dimentichiamo che in generale lavorare con una sorella o un fratello non è sinonimo di semplicità e facilità; basti pensare le guerre che ci sono all’interno delle famiglie per meri fini economici o per incomprensioni caratteriali. Noi possiamo ritenerci fortunati perché abbiamo lo stesso modo di pensare, ci compensiamo caratterialmente, lavoriamo moltissimo su noi stessi, ci confrontiamo costantemente su tutto e forse per questo siamo perfettamente sintonizzati.
Solitamente a tutti i componenti della squadra chiedo i pareri più disparati su quello che stiamo facendo anche se non rientra nel loro ambito specifico. Credo che anche questa tattica sia utilissima per fare in modo che i collaboratori dicano cosa pensano del lavoro degli altri e possano dare la possibilità a tutti di dare suggerimenti o spunti per migliorarsi ancora. Questo crea affiatamento e ti fa sentire centrale nel team e non soltanto un freddo esecutore solitario. Capita che questo atteggiamento venga scambiato per insicurezza o mancanza di idee chiare di chi invece debba dimostrare autorità, ma per la mia filosofia di vita e di lavoro sono convinto che la condivisione e la costruzione insieme renda il prodotto finale migliore e più completo. È proprio in quel momento che sono io a chiedere a loro di fidarsi di me. La fiducia deve essere reciproca e penso che sia un ingrediente necessario in famiglia, nelle relazioni e sul lavoro.
La posizione del leader non è facile. Bisogna avere gran fegato, enorme pazienza e ottime doti di gestione delle proprie e altrui emozioni. Sei il catalizzatore di tutto nel bene e nel male, una sorta di psicologo di gruppo, che rimane sempre al centro dell’attenzione e anche esposto e con i fianchi scoperti. Sono cosciente che non posso piacere a tutti e a volte sono stato criticato dai miei collaboratori per il mio comportamento e la mia metodologia un po’ bizzarra, ma i risultati dei nostri progetti quasi sempre mi hanno dato ragione. In quanto essere umano ho mille difetti e tanti pregi ma sono sempre stato disponibile a mettermi in gioco e in discussione superando l’orgoglio e il narcisismo. E credetemi da egocentrico cresciuto tra Sicilia e Calabria non è cosa da poco.